Campagna anti-mine. Una legge avanzata da attuare al più presto. Vademecum per il nuovo governo
Lo scorso 4 aprile si è celebrata la Giornata Internazionale per la Messa al Bando delle Mine Antiuomo. Le richieste della società civile e l’appello del Capo dello Stato. La premio Nobel per la pace Jody Williams ad Oltremare: “Un mondo senza armi è possibile”.
“Mettere definitivamente al bando le mine antiuomo, così come investire in strutture e in programmi di riabilitazione per le centinaia di migliaia di persone rimaste ferite nei tanti conflitti nei quali si è fatto uso di questi armamenti, non è solo un fatto di giustizia o di risarcimento del male fatto. Significa anche liberare risorse da destinare a piani per migliorare le condizioni di vita di quelle popolazioni che fuggono da guerre, spesso combattute facendo uso di mine antiuomo”. La Nobel statunitense allarga l’orizzonte e guardando alle tragedie del presente, dalla Siria alla guerra “dimenticata” in Yemen, rilancia la sfida del disarmo: “E’ un problema di leggi nazionali – rimarca – ma anche di volontà di applicarle su scala internazionale. Volontà politica.
Un mondo senza armi di distruzione di massa non è utopia ma un sano principio di realismo. Per questo è importante la costruzione di un movimento transnazionale che parta dalle opinioni pubbliche e arrivi ad influenzare i centri politici decisionali. Negli Stati Uniti i giovani liceali sono i protagonisti di uno straordinario movimento che chiede al Governo misure più rigide nella vendita di armi. Tantissimi giovani che sfidano il potere della lobby delle armi mostrando una straordinaria determinazione unita ad una chiarezza d’intenti che non si presta a manipolazioni di qualsiasi natura”. Così ad Oltremare Jody Williams, statunitense, premio Nobel per la Pace 1997 per la Campagna internazionale anti-mine.
Una campagna che ha celebrato, lo scorso 4 aprile la XIII edizione della Giornata Internazionale dedicata al problema delle mine e degli ordigni inesplosi in generale, e sostegno alla Mine Action indetta dalle Nazioni Unite.
La Nobel statunitense pone una questione cruciale per l’oggi e per un futuro che si fa presente: quello delle spese militari. Dopo 13 anni consecutivi di aumento dal 1999 al 2013 e spese rimaste relativamente invariate nella fase successiva – si legge nell’ultimo rapporto del Stolkholm international peace research institue (Sipri) – il totale delle spese militari ha raggiunto i 1.739 miliardi di dollari nel 2017. Un aumento marginale dell’1,1% in termini reali rispetto al 2016″. In testa alla graduatoria dei Paesi che spendono di più per gli armamenti si trovano gli Stati Uniti, con 610 miliardi di dollari, ovvero oltre un terzo del totale mondiale. Washington ha posto così fine a un periodo, iniziato nel 2010, di diminuzione delle spese militari. Al secondo posto si trova la Cina, con una spesa in aumento da 29 anni e che per l’anno scorso era stimata 228 miliardi, il 5,6% in più rispetto al 2016. Segue l’Arabia Saudita, che nel 2017 ha incrementato il budget per la guerra del 9,2% rispetto all’anno precedente, portandolo a 69 miliardi e innescando un aumento degli armamenti in tutto il Medio Oriente, in particolare in Iran (19%) e Iraq (22%). Nel 2017, le spese militari hanno rappresentato il 2,2% del Pil mondiale, ovvero 230 dollari per persona. Dati inquietanti, che aprono scenari da incubo. Non si tratta di favoleggiare un mondo senza più eserciti o demonizzare, sempre e comunque, lo strumento militare. Il punto è un altro: se si ritiene che la risoluzione dei conflitti non possa essere affidato al solo uso della forza, e che intervenire sulle cause che quei conflitti alimentano, e tra esse c’è la crescita delle disuguaglianze tra i Nord e i Sud del mondo, c’è la povertà assoluta e il moltiplicarsi di vecchie e nuove schiavitù, allora è ineludibile porsi il problema di un abbattimento delle spese militari su scala globale. Il che significa, anche, far vivere, arricchendola di nuovi contenuti, la Campagna anti-mine.
Una campagna che ha celebrato, lo scorso 4 aprile la XIII edizione della Giornata Internazionale dedicata al problema delle mine e degli ordigni inesplosi in generale, e sostegno alla Mine Action indetta dalle Nazioni Unite.
“Un volume senza precedenti di mine antiuomo e armi inesplose contamina le zone rurali e zone di guerra urbana, mutilano e uccidono civili innocenti molto tempo dopo la fine del conflitto. Le strade bonificate dagli ordigni esplosivi consentono alle forze di pace di pattugliare e proteggere i civili. e quando i campi vengono ripuliti e le scuole e gli ospedali sono protetti, la vita normale può ricominciare. La Mine Action è vitale. Esorto tutti i governi a fornire sostegno politico e finanziario per consentire l’azione contro le mine lavorare per continuare, ovunque sia necessario Nel nostro mondo turbolento, la Mine Action è un passo concreto verso la pace”. Con questo videomessaggio il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, ha esortato i Governi di tutti i Paesi a non abbandonare l’impegno a favore della Mine Action. “Il problema delle mine e degli ordigni inesplosi è un problema di caratura umanitaria, di emergenza e sviluppo – annota Giuseppe Schiavello direttore nazionale della Campagna Italiana Contro le Mine – il nostro Paese è credibilmente impegnato in questo ambito di cooperazione da molti anni e la società civile sensibilissima a questo tema. L’Italia è passata dal triste primato di paese produttore a Paese in prima linea per lenire le sofferenze causate da questi ordigni – continua Schiavello- per questo chiediamo ai nostri Parlamentari di consolidare strumenti come il fondo 58/01 dedicato alla Mine Action e di approvare urgentemente la legge che proibisce investimenti finanziari in aziende internazionali ancora coinvolte nella fabbricazione di ordigni ormai banditi dal nostro Paese.
“In questa ricorrenza così importante, la Campagna Italiana Contro le Mine e l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra hanno chiesto ai Presidenti della Camera e del Senato e ai Parlamentari della XVIIIª Legislatura di adoperarsi per una rapida ed urgente approvazione procedendo, da subito, ai sensi dell’Art.136 del regolamento del Senato. Il Ddl oggi con numerazione S n. 1 “Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo”, nella precedente legislatura al Senato DDL S.57 (bis) dopo la sua approvazione definitiva ( 3 ottobre 2017) era stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato ( 27 ottobre 2017) per una nuova deliberazione ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione. Questo provvedimento, infatti, era già stato approvato in via definitiva da entrambi i rami del Parlamento durante la precedente legislatura, ma non è potuto entrare in vigore per un mancato coordinamento con l’art 7 della Legge 14 giugno 2011, n. 95 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008). Il vulnus costituzionale era stato prontamente corretto dalla Commissione Finanze e Tesoro che ne aveva concluso la revisione del testo senza poter procedere, però, alla calendarizzazione e discussione d’Aula per l’imminente scioglimento delle Camere.
Le mine antiuomo sono al bando dal 1999, ma continuano ad esplodere e ad uccidere. Ogni anno 6.400 persone, perdono la vita colpa delle mine antiuomo e per il 92% si tratta di civili: alcuni le chiamano «vittime collaterali». E secondo il rapporto “Worldwide investements in cluster munitions a shared responsability” 2017, redatto dall’associazione olandese PAX, negli ultimi quattro anni 31 miliardi di dollari sono stati investiti in aziende che producono munizioni a grappolo, concentrati principalmente su sei aziende, di cui due si trovano in Cina (Cina Aerospace Science and Industry e Norinco), due in Corea del Sud (Hanwha e Poongsan) e due negli Stati Uniti (Orbital ATK e Textron). 88 sono gli istituti finanziari che, in modo differente, vietano gli investimenti nel settore, 166 le istituzioni finanziarie di 14 Paesi coinvolte a vario titolo nel finanziamento della filiera delle armi.
L’Italia ha detto basta, approvando la proposta di legge recante “Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di munizioni e submunizioni a grappolo”. La legge arriva dopo un iter lungo sette anni: la prima proposta di legge sul tema era stata presentata in Senato nel 2010, sempre con la prima firma della senatrice Silvana Amati, mentre Federica Mogherini, oggi Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, aveva presentato una proposta analoga alla Camera. Una scelta che la società civile aveva appoggiato con l’appello on line NOMONEY4BOMBS, che raccolse le adesioni di 10mila cittadini. Ora, però, si tratta di stringere i tempi per renderla operativa. Nel frattempo, sono state realizzate o messe in cantiere numerose attività sul territorio nazionale che raccontano agli studenti il pericolo degli ordigni inesplosi e l’ambito di cooperazione internazionale in cui l’Italia è impegnata da anni per lenire la piaga degli ordigni inesplosi ed i loro disumani effetti sulle popolazioni civili, sia sul fronte diplomatico che di cooperazione ed emergenza, come illustrato nel sussidio per le scuole superiori realizzato dalla Campagna Italiana Contro le Mine Onlus e distribuito gratuitamente a scuole, università, parrocchie, associazioni e gruppi interessati. Un impegno educativo di fondamentale importante perché riguarda le giovani generazioni e perché punta alla costruzione di una “cultura della pace” incardinata sulla conoscenza dei conflitti in corso e delle responsabilità che i singoli Paesi hanno nell’alimentarli. Una sensibilità che ha raggiunto il colle più alto, istituzionalmente parlando, di Roma: il Quirinale.
“Nel mondo migliaia di persone – civili, e tra essi tanti bambini che già hanno sofferto le tribolazioni della guerra e della povertà estrema – continuano a morire, o subire gravissime menomazioni, a causa di mine anti-uomo, di bombe a grappolo, di ordigni bellici inesplosi”, ha ricordato il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel messaggio dedicato alla Giornata Internazionale del 4 aprile. “La Giornata mondiale indetta dalle Nazioni Unite e dedicata all’azione contro le mine – sottolinea il Presidente della Repubblica – costituisce un appello rivolto all’opinione pubblica internazionale, alle istituzioni e alle espressioni delle società civili, per rilanciare l’obiettivo dell’effettivo azzeramento di queste armi subdole e spietate, che raggiungono un culmine di disumanità e che le convenzioni di Ottawa e di Oslo hanno giustamente messo al bando. Proibire le mine anti-uomo, e tutti gli ordigni concepiti per rendere inagibili interi territori, rappresenta un’importante base di partenza per assicurare il rispetto dei diritti umani: non soltanto per tutelare le vittime delle guerre, ma anche per evitare che le conseguenze del conflitto paralizzino la vita delle comunità nella fase di transizione e nella ricostruzione post-bellica. Queste armi vili e bestiali puntano a togliere anche la speranza a chi cerca un futuro per sé e i propri cari oltre la guerra”. “L’umanità – conclude Mattarella – non può tollerarlo. Il nostro Paese continuerà a dare tutto il sostegno possibile agli organismi internazionali impegnati nei piani umanitari di sminamento e di riconsegna alle popolazioni dei territori violati dai minacciosi ordigni. Un ringraziamento particolare va a quanti, volontari e associazioni, con grande passione civile, si prodigano nei luoghi più tormentati dalla guerra per riaprire le porte a un futuro finalmente dignitoso. In questa Giornata, rinnovo infine l’auspicio che il Parlamento italiano possa giungere presto a una nuova deliberazione legislativa, coerente con i principi costituzionali, per contrastare con efficacia anche il sostegno alle imprese produttrici di mine anti-persona e di munizioni a grappolo”. L’Italia si è dotata di una legislazione di avanguardia, ma in questa fase di stallo parlamentare, nel mondo si continua a morire per mine proveniente dal made in Italy. Accelerare i tempi di attuazione della legge significa salvare vite umane. Ricordarlo è un dovere. Agire ancor più.