Con l’intelligenza artificiale decollano i droni sminatori
La Croce Rossa è già al lavoro: i velivoli, equipaggiati con fotocamere e sensori termici, potranno aiutare a bonificare le aree contaminate grazie a nuovi software di analisi dati
Ci sono i rischi, classificati nella proposta di legge approvata dal Parlamento europeo e ora al centro del negoziato con Consiglio e Commissione Ue, e poi ci sono le opportunità. Parliamo di intelligenza artificiale e dalle sue applicazioni più promettenti, non in sostituzione degli esseri umani ma al servizio degli esseri umani. Anima di droni equipaggiati con fotocamere a colori e sensori termici, pronti a volare dove per le persone è troppo pericoloso e a catturare immagini analizzate poi a grande velocità per delimitare le zone a rischio da bonificare. L’intelligenza artificiale può essere una nuova frontiera per lo sminamento umanitario nelle aree del mondo colpite da conflitti che provocano soprattutto vittime civili. In Ucraina, dove il collasso della diga di Nova Kakhovka ha reso ancora più difficile tener traccia degli ordigni antipersona, e anche in altre regioni e continenti, dall’Africa all’Asia all’America Latina.
“Non abbiamo inventato nulla da zero ma solo lavorato per un impiego differente di qualcosa che è già disponibile” spiega l’esperto danese Martin Jebens, consulente del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), l’organizzazione con sede a Ginevra che sta testando la tecnologia. “Come base applicativa abbiamo scelto il modello di velivolo Splash Drone 4, che in Australia e in Nuova Zelanda è molto usato dai pescatori: il lavoro sulle mine antipersona o su altri esplosivi residuati bellici avviene sia attraverso il ‘remote sensing’, la capacità di rilevare il calore e l’energia provenienti da oggetti che si trovano sul terreno o anche nel sottosuolo, sia attraverso l’intelligenza artificiale, che consente di analizzare in un’ora un numero di immagini per il quale un occhio umano impiegherebbe almeno due giorni”.
Secondo Jebens, un altro vantaggio è il prezzo. Il costo base del modello è infatti di circa 2mila franchi svizzeri, poco più di 2mila euro. Con l’aggiunta di una normale fotocamera a colori, di un sensore termico e delle configurazioni digitali necessarie si sale fino a 4mila franchi. “Si tratta”, sottolinea l’esperto, “di una soluzione più economica rispetto alle altre disponibili sul mercato”. C’è poi l’efficienza. “Il drone con sensori e intelligenza artificiale può garantire ogni giorno un primo screening su un’area di 100mila metri quadrati, mentre nello stesso arco di tempo uno sminatore tradizionale riesce in media a bonificare appena 50 metri quadrati” calcola Jebens. “L’analisi di una gran quantità di immagini consente di delimitare al meglio l’area contaminata sulla quale effettuare gli interventi, che restano comunque necessari e devono essere condotti dagli operatori con la massima attenzione e precisione”.
Tra i vantaggi dello Splash Drone 4 ci sono le caratteristiche di impermeabilità: un aspetto evidenziato durante i test in relazione alla guerra in Ucraina e in particolare al crollo della diga di Nova Kakhovka, nella regione sud-orientale di Kherson. “In passato per mettere in guardia le persone dai rischi abbiamo donato centinaia di cartelli triangolari con l’indicazione ‘pericolo mine’, ma adesso l’acqua ha spostato tutto e sappiamo solo che gli ordigni sono lì a valle da qualche parte” sottolinea Erik Tollefsen, responsabile dell’unità sminamento del Comitato internazionale della Croce Rossa. “Questo è un motivo di preoccupazione ulteriore: a rischiare sono sia gli abitanti sia coloro che vogliono aiutare o prestare soccorso”.
Dell’allarme mine si è discusso durante una conferenza dedicata all’Ucraina che si tenuta a Londra il 21 e il 22 giugno. A partecipare saranno anche esponenti di Halo Trust, un’organizzazione non governativa britannica specializzata nella bonifica di aree contaminate, operante oggi in 28 Paesi. Secondo Mike Newton, responsabile dell’ong a Kiev, non si conoscerà il numero di ordigni spostati dal crollo della diga di Nova Kakhovka finché il livello dell’acqua non si sarà abbassato. Solo allora, e quando le condizioni di sicurezza lo permetteranno, si procederà a una mappatura e a una bonifica delle aree. Contando magari, oltre che su genieri e rilevatori tradizionali, come quelli in arrivo dalla Svezia per un valore stimato di un milione e 300mila euro, sui droni con l’intelligenza artificiale. In Ucraina o anche in Etiopia e Myanmar, solo altri due dei Paesi ostaggio negli ultimi anni di conflitti che uccidono civili.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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