Europa, se vuoi la pace combatti le disuguaglianze
Costruire un mondo che non lascia indietro nessuno: è l’impegno rilanciato a Bruxelles negli European Development Days (EDD). L’Italia in prima linea con l’Aics nelle aree di conflitto: Siria, Libia, Palestina. Un investimento in risorse finanziarie e umane che guarda oltre l’emergenza.
Se vuoi la pace, combatti le disuguaglianze. Se punti alla stabilità, vai oltre l’emergenza. L’Italia “fa scuola” in Europa, con la sua visione sistemica di cooperazione internazionale. E con una idea di pace contempla il rispetto dei diritti umani e sociali, uno sviluppo sostenibile, la crescita di una imprenditoria autoctona con una forte impronta giovanile e su una effettiva parità di genere.
E’ con questo background, fatto di visione strategica, impegni per il futuro e bilanci di ciò che è stato realizzato sul piano globale e in particolare in aree di conflitto, che l’Aics è stata parte attiva degli European Development Days (EDD), le Giornate europee dello sviluppo svoltesi a Bruxelles il 18 e 19 giugno scorsi, con la partecipazione di oltre 40mila persone, 100 capi di Stato e di governo, quasi 3mila oratori, 4.500 organizzazioni e 7 premi Nobel da 154 Paesi del mondo.
Quest’anno il tema degli EDD 2019 era particolarmente significativo: “Dedicarsi alle disuguaglianze: costruire un mondo che non lasci indietro nessuno”. “Abbiamo una responsabilità condivisa nei confronti delle generazioni future. Collaborando con i governi, le organizzazioni internazionali, le ONG, il settore privato e i giovani leader, possiamo contribuire alla riduzione delle disuguaglianze nel mondo e fare davvero la differenza per i giovani che hanno riposto fiducia in noi e che meritano questo e altro”, ha sottolineato il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, nel presentare l’evento, rimarcando che l’UE è “il maggior donatore allo sviluppo: non si tratta di beneficenza, ma di investimenti”, per la “crescita, l’occupazione e la costruzione di un futuro migliore per i giovani di tutto il mondo”. «Ovunque ci siano disuguaglianze, esse vanno affrontate per aumentare la coesione sociale.
L’Unione Europea ha degli obblighi nel mondo, non deve essere una fortezza che volta le spalle a chi soffre”. L’Italia c’è. Nei progetti realizzati e nei ruoli direttivi a livello europeo. E’ il caso di Stefano Manservisi che dal 2016 guida, da direttore generale, la direzione Sviluppo e cooperazione internazionale della Commissione Europea: è responsabile di fatto della poderosa “macchina degli aiuti”, targata UE, principale donatore a livello globale. Negli anni, Manservisi è stato tra i più decisi fautori di un approccio “un po’ più adulto con i Paesi in via di sviluppo”, con “responsabilità reciproche”, una migliore governance locale che crei sostenibilità a partire da aiuti e investimenti. “È un processo in evoluzione – dice Manservisi in una interessante intervista a l’Avvenire nei giorni dell’EDD – ma i punti di riferimento e l’azione di cambiamento sono già visibili. In primo luogo il quadro: obiettivi 2030 di sviluppo sostenibile, quindi condivisione dell’agenda e delle sfide. Secondo: traduzione di tutto ciò in politica europea. Terzo: nei confronti dell’Africa l’offerta di una partnership che è stata ritenuta credibile dagli stessi africani. Questi ultimi hanno capito che l’UE guarda all’Africa non come un Continente di poveri che devono essere inondati di fondi, ma come un Continente dei popoli coscienti di se stessi, della loro forza e delle loro debolezze”.
Quanto poi alla centralità della lotta alle disuguaglianze per sconfiggere la povertà, Manservisi annota: “Basti guardare al trend che esiste nel mondo, dove ci sono 25-26 persone che possiedono da sole quanto 3,7 miliardi di persone. In Paesi come il Sudafrica, l’1 per cento della popolazione possiede quasi il 20 per cento del Pil, per non parlare degli USA; anche in Europa questo fenomeno comincia a mordere in altre forme. Da noi vediamo paure dovute all’accumularsi di tensioni portate da fenomeni come terrorismo e immigrazione irregolare e soprattutto una narrativa che ha enfatizzato i numeri, aumentando le paure stesse. Sulla questione della disuguaglianza dobbiamo parlare il più possibile ai nostri cittadini, per far loro capire che solo attraverso più solidarietà, cooperazione e condivisione si può affrontare quello che è un problema comune”.
“In un mondo in cui “siamo tutti connessi” gli uni agli altri, “la riduzione delle disuguaglianze esige importanti cambiamenti a tutti i livelli”, ha rimarcato nel suo intervento all’EDD il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che si è a lungo soffermato sulle crisi dell’Africa. “Se non reagiamo in fretta”, ha concluso il presidente dell’Europarlamento, “torneremo indietro. Battersi per la pace significa sempre più lottare contro le disuguaglianze. Un fronte su cui l’Italia è impegnata in prima linea”.
Oggi l’Aics porta avanti programmi europei in Africa e nell’area interessata dalla crisi siriana e a favore dei rifugiati. In particolare nel Sudan orientale sono attive due azioni: “Strengthening resilience for refugees, IDPs and host communities” (11,9 milioni di euro) per il rafforzamento delle capacità d’integrazione delle popolazioni più vulnerabili, e “Support Migrants and Host Communities in improving Access to Safe Water and Sanitation” (2 milioni di euro). Quest’ultima iniziativa è volta a migliorare l’accesso alle risorse idriche – per l’uomo e il bestiame – e ai servizi igienici per le comunità ospitanti, i migranti, i rifugiati, gli sfollati. Le attività si svolgono nello Stato di Kassala e Gedaref nelle località di Kassala Urban e Ghirba; El Fashega e Basonda. Development in Libya”, nata dalla piattaforma di dialogo Italia-Libia e mirata alla stabilizzazione in 24 municipalità libiche, attraverso la riabilitazione di infrastrutture locali per il miglioramento dell’accesso ai servizi di base e sociali nei settori istruzione, salute, acqua e servizi igienici (WASH). Il Programma, della durata di 3 anni, è finanziato dal Fondo fiduciario UE (EUTF) per un totale di 50 milioni di euro. La sua esecuzione è stata affidata all’Aics per 22 milioni di euro, in partnership con UNDP (18 milioni di euro) e UNICEF (10 milioni di euro). Il Ministero del Governo Locale rappresenta la controparte locale, in stretto coordinamento con il Consiglio di Presidenza del Governo di Accordo Nazionale e alle municipali direttamente interessate dagli interventi.
Nella fase di realizzazione, l’AICS svolge un ruolo chiave nella struttura di governo di tutta l’iniziativa, assicurando le funzioni di interfaccia con le controparti libiche a livello tecnico e di raccordo e coordinamento programmatico tra i partner. Infine nell’ambito degli interventi per migliorare le condizioni di vita e promuovere la resilienza delle popolazioni più vulnerabili, vittime della crisi siriana in Libano, Giordania e Kurdistan iracheno, l’Aics in partenariato con la Cooperazione francese (AFD) porta avanti il programma “Resilience & social cohesion programme (RSCP)” di cui gestisce una componente di oltre 12 milioni di euro del complessivo budget di 22 milioni. Il Programma prevede la realizzazione di lavori pubblici ad alta intensità di manodopera, finalizzati alla riabilitazione delle infrastrutture e dei servizi di base nelle municipalità più colpite dal flusso di rifugiati siriani nei tre Paesi di intervento. L’iniziativa intende inoltre contribuire all’aumento del reddito mensile delle popolazioni rifugiate e delle comunità ospitanti, attraverso la creazione di opportunità di lavoro temporaneo, nonché al rafforzamento delle capacità di risposta alla crisi da parte delle autorità locali a livello centrale e locale.
Sono investimenti sul futuro. Un futuro condiviso, nel quale, del quale, l’Europa deve essere soggetto attivo, protagonista. Con una consapevolezza che vive nella quotidianità, in una “cultura del fare” che sappia unire idealità e concretezza. Il motto delle giornate di EDD 2019 è stato “think twice”, pensaci due volte: l’invito è a riflettere come “disuguaglianze spesso pericolose” esistono anche attorno agli oggetti e alle azioni più banali di ogni giornata, perché “comprendere le profonde disuguaglianze che ancora esistono è il primo passo verso la costruzione di un mondo che non dimentica nessuno”. Una consapevolezza che sta dietro l’agire progettuale, perché, ha rimarcato il presidente della Commissione europea nel suo intervento di apertura, “la solidarietà e l’uguaglianza non sono belle parole nei Trattati e nei discorsi, ma un dovere quotidiano che si impone” per ciascuno, partendo dal presupposto che “il popolo del mondo è uno e se appaiono disuguaglianze al suo interno bisogna porre rimedio”: infatti “tutti coloro che sono sul nostro pianeta hanno la stessa dignità” e per questo sono parte di un unico popolo”. E di questo popolo fa parte lo “Stato dei rifugiati”.
Nel 2018 il numero di persone in fuga da guerre, persecuzioni e conflitti ha superato i 70 milioni. Si tratta, rivela il rapporto annuale dell’UNHCR “Global Trends 2018”, del livello più alto registrato dall’ UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati, in quasi 70 anni di attività. Attualmente sono quindi quasi 70,8 milioni le persone in fuga: l’agenzia ONU segnala che tale cifra corrisponde al doppio di quella di 20 anni fa. Un dato eclatante è che i Paesi ad alto reddito accolgono mediamente 2,7 rifugiati ogni 1.000 abitanti; i Paesi a reddito medio e medio-basso ne accolgono in media 5,8 ogni 1.000 abitanti; i Paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale. In Italia, dove vivono 130.000 rifugiati il rapporto è di 3 rifugiati ogni 1.000 abitanti. “Se da un lato il linguaggio utilizzato per parlare di rifugiati e migranti tende spesso a dividere, dall’altro, allo stesso tempo, stiamo assistendo a manifestazioni di generosità e solidarietà, specialmente da parte di quelle stesse comunità che accolgono un numero elevato di rifugiati. Stiamo inoltre assistendo ad un coinvolgimento senza precedenti di nuovi attori, fra cui quelli impegnati per lo sviluppo, le aziende private e i singoli individui, che non soltanto riflette, ma mette anche in pratica lo spirito del Global Compact sui Rifugiati”, rimarca Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
L’Europa è chiamata, obbligata, a fare i conti con questa realtà. Nella due giorni di Bruxelles molto si è seminato, in idee, progetti e determinazione. Adesso inizia il tempo del raccolto. C’è molto da fare. Per tutti.