Florentin Bushambale e i ragazzi di Uvira, artigiani della pace
In Sud Kivu, nell’est del Congo, gli scontri armati vanno avanti da settimane. Ma c’è anche chi crede in un altro futuro possibile. E lo sta già costruendo. Con un gruppo di ex bambini soldato.
“Le opportunità di lavoro possono essere antidoto al veleno della militanza” dice Florentin Bushambale, 28 anni, di ritorno sulle rive del lago Tanganica dopo giorni sull’altopiano. Da inizio maggio, nei villaggi a oltre 3mila metri di altezza, tra la città congolese di Uvira e il confine con il Burundi, sono ripresi gli scontri. Migliaia di persone sono state costrette a lasciare le loro case. Bushambale, per anni alla guida dell’Association des Enfants et Jeunes Travailleurs de Uvira (Aejt), ora rappresentante dell’ong padovana Incontro tra i popoli, è stato irraggiungibile per giorni. “Tanto lavoro, non ci siamo fermati mai” scrive infine in un messaggio. Con gli operatori dell’ong, insieme con l’Ufficio dell’Onu per l’assistenza umanitaria (Ocha), ha raccolto testimonianze, voci e anche dati per identificare le necessità degli sfollati e poter fornire così una prima risposta. “Gli abitanti dei villaggi di Minembwe stanno fuggendo” riferisce Buhambale a Oltremare. “Alcuni hanno già raggiunto Bwegera e altri i centri di Lemera”. Già a metà maggio fonti concordanti avevano calcolato in almeno 5mila le persone costrette a lasciare le proprie case in conseguenza dei combattimenti. A fronteggiarsi milizie maï maï della comunità Biloze Bishambuke e ribelli Banyamulenge, un gruppo con origini tutsi presente da anni nelle aree al confine con Burundi e Ruanda.
Bushambale colloca l’emergenza in uno spazio più grande e in un tempo più lungo. Proprio questa sua capacità, saper leggere il contesto ampliando l’orizzonte gli è valso il premio “volontario del sud”, attribuito lo scorso anno dalla Focsiv, federazione italiana di 87 ong di area cattolica. Il punto chiave sarebbero le prospettive. Quello che potrà essere dopo, se si comincia a costruire subito. Lo dimostrano i corsi di formazione al Centre Stefano Amadu, gestito da Aejt e supportato da Incontro tra i popoli: sartoria e informatica, falegnameria e artigianato. “E’ la mancanza di lavoro a spingere i nostri ragazzi nelle braccia dei gruppi armati, con l’idea che il saccheggio almeno permetta di sopravvivere” dice Bushambale, in riva al lago, nella provincia del Sud Kivu, estremità orientale della Repubblica democratica del Congo. “Insieme con noi ci sono circa cento ragazzi” calcola il rappresentante di Incontro tra i popoli. “Erano i più deboli e marginalizzati in questa città, in qualche caso bambini-soldato: ora confezionano capi di abbigliamento di qualità, sandali e suole resistenti, oggetti d’arte e arredamento per interni che vengono anche esportati”.
Uvira è uno snodo chiave nella regione dei Grandi Laghi. Oltre il Tanganica c’è il Burundi, a ovest la regione del Katanga con i giacimenti di coltan e cobalto e il corridoio minerario che porta nello Zambia. Forse anche per questo nella zona si concentrano appetiti e ingerenze, focolai di conflitto e abusi che non si sono spenti nemmeno dopo i milioni di morti di quella che fu definita la “Guerra mondiale africana”, combattuta tra il 1998 e il 2003. “I gruppi armati infestano l’altipiano di Minembwe, qui vicino” denuncia Bushambale: “Ci sono i congolesi maï maï che si battono contro gli stranieri arrivati da Burundi e Ruanda: formazioni che si chiamano Red Tabara, Tugwenehe, Forze nazionali di liberazione, Biloze Bishambuke o Forebu”.
Anche la strada principale, la numero cinque, che collega Uvira al capoluogo Bukavu, è ad alto rischio. “Agguati e sequestri da parte dei gruppi armati avvengono con regolarità” dice Bushambale. Il suo, allora, è un impegno di autodifesa. Una storia cominciata anni fa, con le difficoltà per la sua famiglia derivate da un incidente che aveva compromesso la mobilità del padre. Bushambale aveva dovuto lasciare la scuola per custodire le capre di alcuni commercianti. Andava a pescare la sera, per se stesso e per la sua famiglia. Le cose erano cambiate quando aveva conosciuto alcune suore missionarie, finché a 18 anni aveva fondato l’Aejt di Uvira. L’Association è cresciuta nel corso degli anni, anche con il supporto di Incontro tra i popoli, che ora sostiene il Centre Stefano Amadu, chiamato così in omaggio a un amico che non c’è più.
Ma cosa vorrebbe Bushambale per questo 2021? “Un Congo stabile e pacificato” risponde. “Un Paese dove i giovani trovino un lavoro e diventino davvero protagonisti del loro futuro, senza essere manipolati”. A febbraio, nel Nord Kivu, un’altra provincia dell’est, in un agguato sono stati uccisi l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, l’autista Mustapha Milambo e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Per contrastare milizie e gruppi armati attivi nell’area, oltre 120 secondo gli esperti di Kivu Security Tracker, è stato imposto lo stato di emergenza e ai militari sono stati trasferiti poteri straordinari. Bushambale parla però ancora dei corsi del Centro: “Realizzare capi di abbigliamento o saper usare il coding possono essere un’ancora di salvezza; i ragazzi devono essere autonomi, altrimenti saranno strumentalizzati ancora, dai gruppi armati o dalla politica”.