Francesco in Congo e Sud Sudan, il viaggio come profezia di pace
Da piazza San Pietro a Juba, le speranze dei missionari in vista della partenza del Papa il 31 gennaio
“Quando gli consegnai il libro, del quale aveva scritto la prefazione, guardò il bambino sud-sudanese in copertina e mi disse: ‘Devo andarci a tutti i costi, il popolo mi aspetta’”. Cinque anni dopo, e dopo tre tentativi, Papa Francesco è pronto a partire per Juba: la capitale del Paese più giovane del mondo, nel cuore del continente più giovane del mondo, ferito dalla guerra. Di quell’incontro, in una piazza San Pietro colma di persone in una domenica di sole di ottobre, racconta a Oltremare un missionario comboniano, padre Daniele Moschetti, l’autore del libro. Il titolo è Sud Sudan, il lungo e sofferto cammino per pace, giustizia e dignità. Pagine di testimonianze e impegni, maturati prima e dopo l’indipendenza del Sud Sudan dal Sudan, proclamata il 9 luglio 2011 dopo un conflitto ultraventennale e un referendum per l’autodeterminazione. Dopo la celebrazione si è però aperta una nuova crisi, innescata questa volta da fazioni tutte sud-sudanesi. “Avverto il bisogno di sensibilizzare la comunità internazionale su un dramma silenzioso, che necessita dell’impegno di tutti per giungere a una soluzione che ponga fine al conflitto in corso” scrive Francesco nella prefazione del libro. “Disinteressarsi dei problemi dell’umanità, soprattutto in un contesto come quello che affligge il Sud Sudan, significherebbe infatti dimenticare la lezione che viene dal Vangelo sull’amore del prossimo sofferente e bisognoso”.
Il Papa mantiene la parola, così come la prospettiva ecumenica, condivisa con le Chiese anglicana e presbiteriana. “Il viaggio apostolico di Francesco in Sud Sudan doveva tenersi nel 2015, poi nel 2017, nel 2019 e infine nel 2021, dopo la pandemia, quando è stato rinviato a causa dei suoi problemi di salute” ricorda padre Moschetti. Che richiama però anche un altro momento, più importante forse di tutti gli altri. È il 2019 e i dirigenti politici e militari del Sud Sudan, a cominciare dal presidente Salva Kiir e dal suo vice e poi rivale Riek Machar, partecipano a un inedito ritiro di due giorni a Roma. In Vaticano, nella residenza pontificia di Casa Santa Marta, c’è anche Justin Welby, il primate della Chiesa d’Inghilterra che dal prossimo 3 febbraio sarà a Juba con Francesco. Il Papa chiede agli ospiti di “rimanere nella pace” e di diventare “padri della nazione”. È a questo punto che si inchina, sorretto da un traduttore, e bacia loro i piedi. Si solleva piano, l’ultima volta di fronte a Rebecca Garang, vedova dello storico dirigente John Garang, rimasto ucciso in un incidente aereo dopo l’accordo che nel 2005 aveva messo fine alla guerra con il Sudan. “Sapeva che avevano fatto uccidere migliaia di persone ma volle fare un gesto importante che arrivasse dritto al cuore” ricorda padre Moschetti: “Fu un segno di umiltà e attenzione verso il popolo sud-sudanese, non un’umiliazione nei confronti di quei dirigenti”. Il conflitto tra le forze fedeli a Kiir e i ribelli legati a Machar ha provocato migliaia di morti e costretto milioni di persone a lasciare le loro case, anche attraversando i confini con Uganda, Etiopia o Sudan. Dopo l’incontro a Santa Marta sono stati firmati accordi di pace ma oggi, secondo padre Moschetti, per sei anni superiore provinciale dei comboniani a Juba, restano incertezza e tensioni. “Preoccupano”, sottolinea il missionario, “le difficoltà nella convivenza tra le comunità, tra i dinka di Kiir e i nuer di Machar ma non solo”.
A Juba il Papa incontrerà ancora il presidente e i vicepresidenti, poi i vescovi, il corpo diplomatico e gli esponenti della società civile. Prima di una preghiera ecumenica presso il mausoleo dedicato a John Garang, ci sarà un momento di condivisione con una comunità di sfollati costretti a lasciare i loro villaggi dalla guerra.
La visita in Sud Sudan sarà la seconda tappa del viaggio in Africa di Francesco. La prima comincerà il 31 gennaio con l’arrivo del Papa a Kinshasa, la capitale della Repubblica democratica del Congo, un altro Paese attraversato da un conflitto armato. Negli ultimi anni instabilità e violenze si sono concentrate nella regione orientale del Nord Kivu, al confine con Ruanda e Uganda, la stessa dove il 21 febbraio 2021 è stato assassinato in un agguato l’ambasciatore italiano Luca Attanasio. “Francesco non potrà recarsi in quella zona che tuttora è in guerra” sottolinea padre Moschetti. Le cronache quotidiane sono segnate da offensive dei ribelli del Mouvement du 23 mars (M23), con agguati nei villaggi o interventi dell’esercito congolese, di peacekeeper dell’Onu o di militari della Comunità dell’Africa orientale. Un altro comboniano, già missionario in Africa e direttore del mensile Nigrizia, padre Alex Zanotelli, chiede di “rompere il silenzio” sul Congo. “In questo Paese c’è una guerra che dura da 60 anni e ha già fatto 12 milioni di morti” denuncia il sacerdote: “Tutto questo per un’immensa ricchezza mineraria che è diventata una maledizione”. Secondo padre Zanotelli, pur sentito da Oltremare, “ad alimentare il conflitto sono minerali essenziali per l’high-tech come coltan, cobalto e litio, elementi fondamentali per i nostri telefonini e per le pile elettriche delle nostre auto”. Il missionario accusa: “Tutti questi minerali, frutto spesso del lavoro dei bambini, non passano per Kinshasa ma vengono trasferiti illegalmente in Uganda e in Ruanda, per entrare poi nel circuito globale; a guadagnarci sono soprattutto l’Occidente e le multinazionali, mentre a perderci è il Congo, classificato come il terzo Paese più povero del mondo”.
Parla di guerre africane anche padre Moschetti, citando il conflitto cominciato in Etiopia nel 2020 ed evidenziando dinamiche che ritornano. “Anche il Sud Sudan è un Paese ricco di risorse, in particolare di petrolio” denuncia il missionario. “Lotte di potere e acquisto di armi finiscono però per esaurire ogni ricchezza e di conseguenza tante persone sono costrette a vivere in povertà o a emigrare”. Il viaggio del Papa è allora anzitutto segno di speranza. “I tempi del viaggio sono molto stretti”, dice padre Moschetti, “ma Francesco potrebbe compiere un nuovo gesto profetico”.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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