L’Alta rappresentante Onu per i Paesi poveri, Utoikamanu: “Ecco il mio appello al G20”
Il rischio di una catastrofe sanitaria e morale. I doveri dei ricchi e le responsabilità della presidenza italiana. Perché la pandemia non risparmia nessuno. Neanche Tonga. Intervista
Dalla pandemia qualcuno si è salvato. Ma solo in teoria, numeri di contagi alla mano. Perché l’emergenza non è solo sanitaria. Abbraccia l’economia e i diritti sociali, raggiungendo gli antipodi del mondo. Lo sa bene Fekitamoeloa Utoikamanu, economista, accademica e diplomatica, originaria di Tonga, regno polinesiano di 173 isolette nel mezzo dell’Oceano Pacifico. “Siamo uno dei pochi Paesi al mondo dove finora non è stato registrato neanche un caso di Covid-19” ci dice, spiegando una carta geografica, il dito a indicare puntini immersi nel blu: “Abbiamo chiuso subito le frontiere, anche perché abbiamo pochi medici e pochissime strutture sanitarie; anche noi stiamo però pagando un prezzo molto alto, con il crollo del turismo e migliaia di connazionali bloccati ormai da un anno in Nuova Zelanda, a oltre 2.500 chilometri di distanza”.
Utoikamanu non è uno qualunque dei 103.000 abitanti di Tonga. Parla in videocollegamento da New York, dal suo ufficio al Palazzo di vetro. Dal 2017, dopo aver ricoperto ruoli a livello nazionale e regionale, con missioni diplomatiche e negoziati multilaterali anche in Europa, parla a nome di 91 nazioni: è infatti vicesegretario generale dell’Onu e allo stesso tempo Alta rappresentante per i Paesi meno sviluppati, i Paesi in via di sviluppo senza sbocco al mare e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo. Nel colloquio con Oltremare ricorda un viaggio in Italia e una conversazione dell’ottobre scorso con la viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Emanuela Claudia Del Re. L’occasione per fare il punto su Covax, l’alleanza internazionale per un accesso equo ai vaccini anti-Covid-19. Senza dimenticare cosa l’Italia può e potrà fare in questo 2021 in qualità di presidente del G20.
Alta rappresentante, cominciamo dai vaccini. Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, accusa i Paesi ricchi di “un fallimento morale catastrofico”: penserebbero solo a loro stessi… Le cose stanno andando davvero così?
“L’impegno dell’Oms, attraverso Covax, è garantire grazie ai donatori un miliardo e 300 milioni di dosi per oltre 90 Paesi a reddito medio e basso. Quest’anno, per onorare l’impegno servono sei miliardi e 800 milioni di dollari. L’obiettivo è partire con le consegne entro la fine del primo trimestre. Nella sua dichiarazione il direttore generale dell’Oms si riferiva ai governi più ricchi, che fanno accordi al di fuori dalla cornice multilaterale di Covax. L’anno scorso 44 Stati hanno sottoscritto intese bilaterali di questo tipo; altri 12 lo hanno fatto a inizio 2021. Il risultato è che il prezzo dei vaccini schizza in alto e che si svia l’attenzione dagli impegni assunti”.
Il Parlamento europeo denuncia i rischi del “nazionalismo sanitario”. Finita l’era di “America First”, con Joe Biden alla Casa Bianca si può aprire una fase diversa?
“Dalla pandemia si esce tutti insieme, altrimenti non ne esce nessuno. È un problema globale e va affrontato come tale. Se non saremo tutti vaccinati, il Covid-19 tornerà a colpirci. Non basta assicurare la salute dei propri connazionali. Bisogna occuparsi anche dei Paesi più vulnerabili che non hanno le risorse per acquistare i vaccini a prezzi di mercato”.
Che ruolo può avere l’Italia come presidente di turno del G20?
“Una delle aree prioritarie per il gruppo dei 91 Paesi dell’Africa, dell’Oceania, dell’Asia e dell’America Latina che rappresento è il ‘debt relief’, l’aiuto sul debito. La pandemia ha innescato una crisi economica grave, colpendo molti degli Stati più deboli, spesso dipendenti dall’export di materie prime o dal turismo. La comunità internazionale dovrebbe aiutare i governi più poveri perché possano lavorare nella direzione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Con il Covid si è tornati indietro, anche se ci sono segnali incoraggianti: il G20 ha sospeso il pagamento del servizio del debito per gli Stati più poveri e l’Italia ha identificato nell’aiuto sul debito all’Africa una delle priorità della sua presidenza. Per 40 Paesi africani su 54 è un’iniziativa importante, come d’altra parte il sostegno a Covax e ai sistemi sanitari nazionali. L’orizzonte deve essere quello indicato dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: contro il nuovo coronavirus bisogna assicurare l’accesso universale alle cure, alla diagnostica e al vaccino. Con la viceministra Del Re abbiamo parlato di questo”.
E Tonga, il suo Paese di origine? L’emergenza è arrivata anche lì?
“L’arcipelago è uno dei pochi Paesi al mondo dove non è stato registrato neanche un caso del nuovo coronavirus. L’anno scorso, quando è cominciata la pandemia, sono stati subito chiusi i confini e non sono stati permessi viaggi in alcun modo. L’esser riusciti a tenere il Covid-19 fuori dal territorio nazionale ha però avuto un costo elevato. Il turismo, fondamentale per l’economia, è crollato. Il problema ha colpito anche altri Stati del Pacifico, come Kiribati, Nauru o le Fiji, un altro arcipelago dove il Pil è sceso del 20 per cento. Come se non bastasse, da ormai quasi un anno migliaia di tongani restano dispersi nel mondo senza poter rientrare in patria. Sono cominciate piccole operazioni dalla Nuova Zelanda ma i numeri sono davvero limitati: parliamo di poche centinaia. I prossimi rientri sono previsti a marzo. I voli prevedono scali alle Fiji o in Nuova Zelanda e questo aggiunge complicazioni ulteriori, senza contare poi gli obblighi di quarantena. Tonga ha pochi medici e pochissime strutture sanitarie: da quasi un anno è come un’isola tenuta in una bolla”.