Diaspore: quel ponte ricco di opportunità tra Italia e Paesi di origine
La conferenza Coopera 2022 ha ribadito la centralità delle diaspore nel panorama della cooperazione allo sviluppo. E alla fine, il premio Paolo Dieci all’Associazione Ingegneri africani d’Italia
Mobilità umana sostenibile, gestione delle migrazioni e integrazione. Questi i temi all’ordine del giorno durante la sessione della conferenza Coopera 2022 dedicata alla P di Persone dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Il dibattito ha permesso in particolare una migliore interpretazione del concetto tanto chiacchierato, ma in fondo poco conosciuto, di diaspora. Ci ha pensato Susanna Owusu Twumwah, vice presidente dell’associazione Questa è Roma, a “ribaltare il concetto delle diaspore nella cooperazione allo sviluppo”, perché, come ha detto, “instaurare un pensiero critico significa andare verso il cambiamento”. Si tratta di un “sogno di figlie e figli della migrazione”, ha affermato la responsabile comunicazione del Summit nazionale delle diaspore. Per considerarsi “diaspore”, dunque, bisogna anche “avere il mito di ritorno”, ovvero il desiderio incessante di tornare nel Paese di origine per dare una mano nelle iniziative di sviluppo locale.
In tal senso, la diaspora si associa alla cooperazione allo sviluppo per portare progresso nei Paesi di provenienza. Questo il ruolo intuito dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), che con la legge 125 del 2014 ha fatto delle associazioni delle diaspore presenti sul territorio italiano dei ponti naturali per portare il proprio bagaglio storico, culturale e linguistico, arricchito grazie alla solidarietà del popolo italiano, verso i loro stessi connazionali. Così, Aics ha riconosciuto alle diaspore lo status di attori di cooperazione allo sviluppo quando il dibattito politico stava riducendo la questione migranti unicamente agli sporadici sbarchi di profughi sulle coste italiane. Invece, la cooperazione allo sviluppo ha deciso di scommettere sulle diaspore.
Urge far però emergere anche le diaspore dall’emarginazione, a partire dai linguaggi. Ecco perché nel suo intervento molto sentito Marwa Mahmoud, consigliera comunale Comune di Reggio Emilia e presidente della commissione consiliare Diritti umani e Relazioni internazionali, ha chiesto di proteggere il corretto inserimento economico e politico a cominciare della cancellazione di alcuni termini come “terzo mondo o mano d’opera” quando invece “si tratta semplicemente di essere umani”.
Anche perché, dal punto di vista economico, secondo la professoressa Mariapia Mendola, dell’Università di Milano Bicocca, le diaspore sono una “good news”. Per lei, “la migrazione che converge verso la formazione di comunità delle diaspore, è un sintomo di sviluppo economico. Lo dicono le statistiche quando ci insegnano che il Pil italiano proviene all’11% dalle diaspore straniere in Italia. Per questo, come auspicato da Marwa, si deve iniziare a parlare di cooperazione territoriale.
La professoressa Mendola ha spiegato anche come chi emigra abbia un reddito garantito superiore del 30% rispetto a chi rimane a casa. Per le diaspore, è questo favorevole ambiente economico un fondamentale contributo allo sviluppo dei Paesi di origine. Ed è una delle missioni assegnate da Aics al Summit nazionale delle diaspore: formazione e informazione delle associazioni di migranti che intraprendono iniziative di cooperazione.
Premio Paolo Dieci all’Associazione Ingegneri africani
Un esempio di come le diaspore possano arrivare in Italia, integrarsi e favorire la crescita sia del paese di origine che di destinazione, è l’Associazione degli ingegneri africani, vincitrice della prima edizione del Premio Paolo Dieci per il partenariato tra Osc e diaspore, istituito da Link2007 e Le Reseau, assieme al Cisp, in partenariato con Aoi, Cini e Forum del Terzo settore; un riconoscimento dedicato a una delle più figure più impegnate della cooperazione.
Fondata a Roma nel 2007, l’Associazione Ingeneri africani ha candidato il progetto “Acqua potabile per la sanità, l’educazione e contro lo spopolamento delle zone rurali”, in corso di realizzazione in Camerun, nella località di Moumekeng (Manjo), e consegnato a luglio 2022. Finanziato dall’Otto per mille della Tavola Valdese, in collaborazione con Arcs, consentirà di realizzare una rete idrica locale con pompaggio fotovoltaico per più di 5.000 persone, con un serbatoio di accumulo di 60mila litri di capacità. Un progetto di grande rilevanza, soprattutto perché in questi mesi in diverse città del Camerun sono stati accertati più di 3.000 casi di colera, una malattia legata alla scarsa qualità dell’acqua.
Le popolazioni locali hanno dato un grande contributo di idee per arrivare alla scelta progettuale dell’Aia, una Aps creata nel 2007 da ingegneri e laureandi in ingegneria di alcune università italiane come piattaforma di interscambio e di promozione di uno sviluppo sostenibile. “Volutamente abbiamo scartato la realizzazione di pozzi in profondità, per il semplice motivo che sono anti-igienici”, ha spiegato Frank Dongmo, segretario generale dell’Associazione Ingegneri Africani, ricevendo la targa dalle mani di Cleophas Adrien Dioma, presidente de Le Réseau, co-promotore del premio, alla presenza dei membri della giuria presieduta da Maura Viezzoli, responsabile di Cusp/Link2007, e composta da: Stefano Arduini, direttore di Vita; Cleophas Adrien Dioma e Mehret Tewolde, Le Réseau; Gabriele Giuglietti, Banca Etica; Stefania Mancini, Fondazione Charlemagne; Roberto Natale, Rai per il Sociale; Daniele Panzeri, Oim. Per questa prima edizione, altro due progetti di Tamat e Tetezana Onlus sono stati menzionati.
Il premio ha ricevuto il patrocinio dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), Banca Etica, Fondazione Charlemagne, ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci), Organizzazione Internazionale per le migrazioni (Oim), Rai per il Sociale e Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. Per Cleophas Adrien, si tratta di un premio per ricordare un grande italiano, “il primo che con Aics aveva intuito l’importanza del Summit delle diaspore”, poi, “mi disse: lo faremo insieme”.