Fondazione Aurora: sì ai partenariati per creare lavoro in Africa
Partnership è stata una delle parole chiave della sesta edizione della Italia Africa Business Week. Intervistata da Oltremare Marta Sachy, direttrice di Fondazione Aurora, spiega l'importanza delle azioni multiattoriali per portare sviluppo nel continente africano
Non chiamiamoli aiuti, bensì partenariati. È questo, in sintesi, l’approccio proposto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) verso i Paesi dove opera e che è stato condiviso da diversi attori durante l’edizione appena conclusa dell’Italia Africa Business Week (Iabw). L’evento, organizzato dall’Associazione Le Réseau con il patrocinio del ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, dell’Aics e dell’Ice, aveva come titolo “Africa Next Generation. The challenge of green and digital transformation” e ha messo al centro il ruolo dei giovani, le diaspore e le partnership Italia-Africa per lo sviluppo sostenibile del continente.
Durante i loro interventi a Iabw hanno fatto appello al ruolo dei privati nella cooperazione allo sviluppo sia il direttore di Aics, Luca Maestripieri, sia Emilio Ciarlo, responsabile per i Rapporti istituzionali e la comunicazione dell’Agenzia. “Vogliamo fare impresa in Africa con l’Africa” ha detto Ciarlo, rimarcando la futura centralità delle nuove tecnologie. Maestripieri si è collegato all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sottolineando l’importanza della partnership tra settore privato e pubblico per vincere le sfide globali in Africa: “Dobbiamo continuare a investire in questi Paesi, coinvolgendo al meglio i soggetti di cooperazione, sia del mondo no profit sia del settore privato: solo così transizione ecologica e lotta al cambiamento climatico avranno chance di successo” ha affermato. Un monito ripreso da più parti nei due giorni della conferenza romana, comprese la Banca di Sviluppo dell’Africa Occidentale e Cassa Depositi e Prestiti.
Tra chi è pronto a raccogliere questa sfida, dal lato delle imprese, c’è Marta Sachy, antropologa italo-mozambicana, oltre che direttrice di Fondazione Aurora, un ente del terzo settore impegnato in prima linea a sostegno degli imprenditori africani e dei loro business ad alto impatto sociale. “Crediamo che i giovani siano il motore e il volano della crescita di questo continente” spiega Sachy, che con la Fondazione che dirige si occupa “di rendere le imprese africane eleggibili per ricevere i fondi, oltre a collaborare con chi fa business”. Il tema dei partenariati in questo è centrale: “È importante far capire agli imprenditori italiani che è possibile investire in Africa con partner locali” dice. “Puntare sull’imprenditorialità giovanile in loco significa creare lavoro e futuro. E gli imprenditori in tutto il mondo hanno bisogno di partner”. Un’azienda già radicata, inoltre, “ha maggiori possibilità di successo, conosce il territorio, i fornitori e le esigenze delle comunità”, e lo dimostrano, tra le altre, le esperienze di InViis e Puits de Jacob in Burkina Faso e di Hub Link in Mozambico. Tutte imprese che Fondazione Aurora ha presentato a Iabw.
Secondo Sachy, insomma, è arrivato il momento di considerare gli attori africani come controparti credibili nello sviluppo di partnership internazionali di valore, al pari di altri. “Dobbiamo dare loro la responsabilità dei progetti se vogliamo realmente collaborare per la crescita del continente africano e allo stesso tempo far crescere anche l’Italia” continua.
La direttrice di Fondazione Aurora proviene lei stessa dalla cooperazione, avendo lavorato 15 anni sul campo, tra l’Africa e il Sudamerica, ma ora, spiega, tenta di mettere a frutto le le lezioni apprese, per non replicare i fallimenti già visti. “In questo momento, dove le risorse sono meno del passato”, osserva, “è necessario creare impatto con ogni singolo euro che viene investito”. In quest’ottica, anche con i fondi della cooperazione, “tutto quello che si fa deve diventare un lavoro”, ripete più di una volta Sachy. “Non ci si può limitare a una singola iniziativa che non lascia qualcosa una volta conclusa”. Tanto più che secondo le stime dell’Ibrahim Foundation, entro il 2030, circa 30 milioni di giovani faranno ingresso ogni anno nel mercato del lavoro africano. Nella sola Africa sub-sahariana sarebbero necessari 18 milioni di nuovi posti di lavoro formali per assorbire i nuovi ingressi nel mercato del lavoro, ma allo stato attuale ne vengono creati solo 3 milioni.
La “ricetta” di Sachy è quella di “localizzare” e “di ammettere che spesso in Africa ci sono delle competenze per cui non sempre è necessario mandare degli espatriati”. I Paesi industrializzati “non possono però per questo deresponsabilizzarsi”, ma devono invece facilitare l’avvio di partnership. L’obiettivo che Fondazione Aurora vede all’orizzonte è un modello di partenariato che sia egualitario e portatore di uno sviluppo endogeno nel continente, con il sostegno e l’esperienza di tutti gli attori interessati: dalle Ong italiane a quelle locali, con partner pubblici “ma con un ruolo sempre più importante dei privati”, come proposto anche dall’Aics. “Questo”, sostiene Sachy, “significa creare un ecosistema economico locale che funzioni”.
Con i fondi della cooperazione, partner locali e ong italiane, al momento Fondazione Aurora sostiene un progetto iniziato a luglio in Mozambico sull’accessibilità alla salute delle persone con malattie non trasmissibili. “Durerà tre anni” spiega Sachy “e stiamo studiando insieme con i privati come garantire un contributo all’accessibilità”. Al vaglio tra le altre cose la possibilità di corsi di per impiegare persone con disabilità.