La diplomazia e l’inatteso, a Roma al via il Festival
Con la pandemia di Covid-19 la famosa farfalla della teoria della complessità “ha sbattuto le ali piuttosto forte” e gli effetti sono stati percepiti chiaramente dai cittadini, ora “ancora più consapevoli di quanto la vita quotidiana possa essere stravolta da un evento che avviene tanto lontano da noi”. Anche per questo il Festival della diplomazia, con la sua vocazione “di divulgazione e democratizzazione” dei temi della geopolitica, è “particolarmente importante”. La riflessione è della viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, che ha partecipato oggi alla conferenza stampa inaugurale della 12esima edizione della manifestazione, organizzata in Farnesina. Il Festival, in corso fino al 22 ottobre, con oltre 400 relatori, 20 ambasciate e sette università coinvolte, parte dalla domanda “Ready for the unexpected?”, ovvero “pronti all’inatteso?”. Il riferimento è alla pandemia, ma non solo; il terreno della riflessione è quello delle risposta del mondo della diplomazia e del multilateralismo alle criticità che si possono presentare di volta in volta anche in modo sorprendente.
Secondo il presidente del comitato scientifico del Festival, Giampiero Massolo, durante la pandemia si è assistito a “un processo di chiusura della comunità internazionale, anche inseguendo il presunto ‘sentiment’ della popolazione, e a un uso offensivo degli strumenti della collaborazione, che ha generato iniquità ed entropia”.
Non solo aspetti critici, però, a caratterizzare il periodo della crisi sanitaria. Secondo Massolo, “abbiamo visto un ritorno di attenzione verso i governi e il loro operato e al contempo anche un’attenzione verso la dimensione multistakeholder, che coinvolge tutte le componenti della società”. Sarebbe anche emersa una logica “plurilaterale”, intesa come “collaborazione tra gruppi di Paesi in alternativa al multilateralismo classico”.
Lezioni apprese e lezioni ancora da apprendere, come evidenzia in un’intervista con l’agenzia Dire il segretario generale del Festival, Giorgio Bartolomucci. “Diversi Stati e organizzazioni multilaterali hanno dovuto mostrare una forma di solidarietà che forse prima si stava erodendo, ad esempio nel rispondere alla domanda di vaccini in alcune aree del mondo”, sottolinea il segretario. Convinto che però “ci sono degli egoismi, come quelli che abbiamo visto rispetto alla fornitura delle mascherine o ai tentativi di sottrarre turisti da un Paese all’altro, che vanno eliminati”.
Secondo Bartolomucci, porsi nella prospettiva giusta vuol dire anche “prepararsi al prossimo inatteso, che non sappiamo che forma potrà avere, se attacco cybernetico o conseguenze di cambiamenti climatici”. L’inatteso, o l’imprevisto, è anche pane quotidiano per gli operatori che animano nel mondo centinaia di progetti dell’Agenzia italiana della cooperazione allo sviluppo (Aics). A evidenziarlo oggi il suo responsabile per le relazioni istituzionali e la comunicazione, Emilio Ciarlo. Il dirigente ha ricordato la lunga partnership di Aics con il Festival, immaginando per il futuro anche “uno spazio dedicato” per le attività della cooperazione italiana.
Tra i volti della diplomazia, della politica, del giornalismo e della cultura che prenderanno parte al Festival si annoverano Charles Goodhart, professore emerito della London School of Economics, Suzanne Nossel, già vicesegretaria di Stato americana, Katharina Pistor, professoressa della Columbia School of Law, Gordon Laforge, della Princeton University, Sabine Weyand, direttrice generale per il Commercio della Commissione europea, Judith Shapiro e Yifei Li dell’American University e Luca Maestripieri, direttore di Aics.