Le diaspore sono pronte, la cooperazione le aspetta
Voci, analisi e proposte alla quinta edizione del Summit italiano che riunisce le associazioni delle comunità con radici migranti
Le diaspore sono pronte a partecipare. E la cooperazione italiana le aspetta, perché ne ha bisogno. Il punto è che le comunità italiane con origini migranti, con radici in Africa, Asia, America Latina o Est Europa, sono un ponte indispensabile. Non si tratta di belle idee, ma di progetti concreti. Da mettere a punto a partire dalla conoscenza dei territori, della loro cultura, delle difficoltà e delle opportunità.
Di questo si parla al Summit nazionale delle diaspore, giunto alla sua quinta edizione. Un percorso che dal 2017 è cresciuto di anno in anno, dalla Sicilia al Trentino, dalla Calabria al Friuli. Sono protagoniste associazioni e reti territoriali, organizzate dal dicembre scorso anche in una nuova alleanza, il Coordinamento italiano delle diaspore per la cooperazione allo sviluppo (Cidci), già radicato in nove regioni del Paese.
Durante il Summit, all’Auditorium Antonianum, la sua storia la racconta Cleophas Adrien Dioma, presidente dell’associazione Le Reseau nonché responsabile del gruppo Migrazione e sviluppo presso il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (Cncs). “Le comunità si sono messe a disposizione” il ricordo dell’inizio di questo impegno. “Dovevo andare verso le comunità e allora oggi ringrazio le diaspore: da Crotone a Bolzano, da Palermo a Udine, c’erano persone che facevano cose piccole e sognavano di fare cose grandi”.
La premessa è la legge 125 del 2014, quella che ha riformato il sistema della cooperazione italiana. Poi, nel dicembre scorso, la costituzione del Coordinamento delle diaspore. “Questo vuol dire che non sono più solo” sorride Dioma. “Il Cidci è nato dalla spinta delle reti territoriali, anche se non è facile mettere insieme sensibilità diverse, con radici magari in Marocco, Perù, Pakistan o Cina”.
Le istituzioni assicurano di essere pronte. “Presentate proposte concrete, vogliamo vederle una per una” l’appello ai partecipanti al Summit di Stefano Gatti, che in Farnesina guida la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs). “Abbiamo una Dgcs che dal primo gennaio è stata rafforzata con due uffici in più, uno dei quali dedicato al rapporto con le organizzazioni della società civile”. Il punto, secondo Gatti, è anche questo: “Le diaspore sono parte della società civile e del sistema Italia”.
Poi un invito rispetto al Piano Mattei, l’iniziativa del governo di Giorgia Meloni che guarda all’Africa. “Non c’è nessuna esclusione”, sottolinea Gatti: “siamo vostri compagni di strada”. Oltre al Piano Mattei è citato un bando appena approvato, di un valore di 180 milioni di euro. “La prima sfida è per le organizzazioni della società civile che possono presentarsi” dice Gatti: “Vengano con proposte importanti”.
Allarga lo sguardo Marco Riccardo Rusconi, il direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics). La sua riflessione, affidata a un messaggio video, comincia da due parole del titolo della quinta edizione: “inclusione” e “impatto”. Rusconi spiega: “Inclusione vuol dire partecipazione attiva e rappresentativa di tutti gli attori in tutte le fasi di un’iniziativa, dalla ideazione alla progettazione fino al disegno e all’esecuzione; impatto significa che non guardiamo solo alle realizzazioni concrete e materiali ma ai risultati che queste attività portano nel tempo, nel medio e nel lungo periodo, che devono essere concreti e misurabili”.
La premessa è che le diaspore sono “attori fondamentali”, sottolinea il direttore, “nella costruzione della società globale, sostenibile e inclusiva”. Rusconi si rivolge direttamente ai partecipanti al Summit: “Voi siete un ponte tra le diverse comunità e società e grazie a voi si può rafforzare quello scambio di idee, di progetti e di conoscenze che porta a una qualità migliore della cooperazione allo sviluppo”. Lo testimoniano allo stesso modo la normativa italiana e le promesse di impegno internazionali. “Il vostro ruolo è riconosciuto sia dall’Agenda 2030, che dà un’importanza fondamentale al ruolo delle comunità migranti, sia dalla stessa legge che ha fondato Aics e ha riformato la cooperazione allo sviluppo italiana”. Rusconi guarda anche all’efficacia dei contributi dell’Agenzia: “Le diaspore hanno una conoscenza approfondita delle comunità dove sono stanziate e delle comunità di origine; ci possono aiutare a identificare meglio i bisogni veri e profondi, per poter progettare iniziative che siano di qualità e che cambino davvero la vita a molte donne e a molti uomini”.
Ad ascoltare è anche Ana Estrela, vicepresidente del Cidci, pugliese e afrobrasiliana. “Sono parte”, scandisce, “di questa grande diaspora mondiale, conseguenza di una tratta transatlantica che ha colpito 12 milioni di persone, il 60 per cento delle quali giunte in Brasile”. Oltre il passato c’è il futuro, tutto da disegnare. “Sin dalla prima volta che ho varcato la plenaria del Summit nel 2017 ho capito che davanti a noi c’era l’opportunità di vedere riconosciuto un nostro diritto, che però era allo stesso tempo un dovere” dice Estrela. “È un dovere esserci, perché non si può desiderare il cambiamento senza poi partecipare attivamente al processo di sviluppo”.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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