“Covid Free”: online l’Africa solidale, creativa e resiliente
Dal “Tippy Tap” con pedali e tanica bucata alle app per tracciare i contagi negli slum. Il continente, colpito dalla pandemia, cerca soluzioni. Che partono dal basso
Dai “Veronica Bucket”, i secchi con rubinetto per lavarsi le mani disseminati agli angoli delle strade, al “Tippy Tap” con corda, pedali e tanica bucata, senza nemmeno bisogno di toccare la cannella: sono alcune delle soluzioni, nate nelle comunità, in rassegna e aggiornamento costante su un portale nato in Italia per raccontare la lotta dell’Africa al nuovo coronavirus.
“Spesso le soluzioni più impattanti sono per certi versi banali, nascono dal basso e hanno un forte impatto perché sono estremamente ripetibili” spiega Federico Monica, “urban planner” dello studio di architettura Taxibrousse. Originario di Parma, esperto di progetti per la cooperazione internazionale, l’Africa, le sue metropoli e i suoi slum li ha girati. E da questa esperienza è nata, ai tempi del Covid-19, l’idea di raccogliere, mostrare e allo stesso tempo favorire le innovazioni e le buone pratiche che si stanno diffondendo nel continente in un’ottica di contenimento della pandemia.
“Siamo partiti con un gruppo Facebook circa due settimane fa” ricorda Monica. “Quando l’epidemia iniziava ad arrivare in Africa si tendeva a guardare al continente con toni catastrofici, parlando di una possibile ecatombe, un atteggiamento giustificato solo da un certo punto di vista; poi infatti ci arrivavano immagini e testimonianze di auto-organizzazione dal basso, con piccoli interventi nelle comunità con i quali si diffondono buone pratiche”.
Iniziative, queste, raccolte all’indirizzo web www.covidfree-toolkit.org “Il sito ha affiancato un gruppo Facebook che ha già oltre 500 membri attivi, in provenienza da 32 Paesi dell’Africa” riprende Monica: “Ci sono tanti contributi, non solo da Roma e Milano come è normale per un’iniziativa partita in Italia, ma anche da capitali subsahariane come Dakar, Addis Abeba e Nairobi”. Al progetto partecipa Le Réseau, associazione presieduta da un altro parmigiano di adozione, l’italo-burkinabé Adrien Cleophas Dioma. “Abbiamo letto molti articoli allarmistici, scritti da chi non tiene in conto né la resilienza né la creatività delle comunità africane” la sua premessa. “Mi vengono in mente una app per tracciare i contagi di Covid-19 utilizzata a Kibera, lo slum più grande di Nairobi, e la risposta degli stessi governi, che si sono impegnati subito sul terreno della prevenzione nella consapevolezza delle carenze dei sistemi sanitari”.
Di iniziative “individuali e collettive” parla un’altra animatrice del progetto, la blogger italo-ivoriana Pamela Aikpa Gnaba. “Ancora prima che venisse annunciata la pioggia di miliardi da parte del governo – spiega in un post pubblicato da Abidjan – sono state numerosissime le proposte civiche e i doni economici e in materie prime e/o igieniche, non solo di grandi personalità, ma di tanti gruppi cittadini, associazioni e persone che già nella normalità si mostrano solidali con familiari, collaboratori, amici o comunità svantaggiate e rurali”. L’idea della colletta dunque, abitudine di tutti, occasione di partecipazione di fronte a situazioni impreviste o problematiche. “È un concetto diverso dalla beneficenza” sottolinea Gnaba: “Non è un sistema monodirezionale e si tratta più che altro di uno dei doveri morali e sociali su cui si basa la vita comunitaria tipicamente africana e a cui, a turno, partecipano tutti”.
Le risposte al Covid-19, allora, stanno arrivando su più fronti. Ci sono le innovazioni, come l’app di Kibera, le linee informative WhatsApp inaugurate dal Senegal allo Zimbabwe, o le soluzioni creative, come le taniche mobili impiegate dai conducenti di moto-taxi per permettere il lavaggio delle mani ai clienti prima che salgano a bordo. E c’è però anche una dimensione filosofica, il modo di porsi di fronte ai problemi e alle emergenze. Un aspetto dal quale prendono spunto, nel corso di un webinar dedicato al progetto Covid-Free, anche esperti di relazioni internazionali. “A fronte di una visione apocalittica in Europa, con ripiegamenti su se stessi e magari timori di distanziamento sociale da prolungare in eterno, dall’Africa possiamo forse imparare la capacità di rispondere in modo creativo, bottom-up” sottolinea Emilio Ciarlo, dirigente dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). “Chissà che questa crisi non aiuti a riavvicinare l’Africa e l’Europa come partner anche spirituali per affrontare insieme il futuro”.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Vaticana, Radio In Blu e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
www.vincenzogiardina.org