Il mondo nel 2024: vite interconnesse e intrecci di speranza
Anche nel diritto alla salute, la lotta contro il divario di genere è tutt’altro che vinta. Lo conferma l’ultimo rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione. Nei Paesi più vulnerabili del mondo, complicazioni durante la gravidanza o il parto uccidono ogni ora 20 donne. Che potrebbero essere salvate
Si dice che la speranza non muoia mai. E che di fronte alle difficoltà diventi anzi più forte, quasi un antidoto naturale. Forse la speranza è una delle reazioni possibili di fronte ai numeri, che sono poi storie e volti, dello sviluppo globale dell’umanità. Le cifre stanno nel rapporto 2024 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) pubblicato ad aprile. Rivelano, questi numeri, che il percorso verso un mondo meno disuguale e più giusto non è né scontato né lineare.
Cominciamo da 500: tante sono, considerando solo i Paesi più vulnerabili, le morti prevenibili dovute ogni giorno a complicazioni durante la gravidanza o il parto. Tutte queste vittime potrebbero essere salvate. Cinquecento morti al giorno vuol dire più di 20 donne uccise ogni ora da un diritto alla cura che è stato negato. Trent’anni dopo la Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo che si tenne al Cairo e che tante speranze aveva suscitato. Nella capitale egiziana era stato assunto un impegno, rilanciato nell’Agenda 2030 dell’Onu. “Garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche e a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici” si legge al punto cinque del documento. Sono il prisma, queste parole, attraverso il quale si sviluppa la presentazione del rapporto di Unfpa in Italia, al Senato, in sala Caduti di Nassiriya. L’impegno sta già nel titolo: ‘Vite interconnesse, intrecci di speranza: porre fine alle disuguaglianze nella salute e nei diritti sessuali e riproduttivi’.
A introdurre e contestualizzare è Massimo Diana, una vita per l’impegno umanitario dalla ex Jugoslavia al Sudan fino all’Ucraina, dove oggi è a capo del Fondo dell’Onu per la popolazione. “Si stima che oltre la metà di tutte le morti materne prevenibili avvenga nei Paesi colpiti da crisi e conflitti” la sua premessa: “Quasi 21 madri muoiono ogni ora e quasi 500 ogni giorno”. Diana cita alcuni casi, evidenziando il peso dell’interruzione dei servizi sanitari e della mancanza di accesso alle cure ostetriche di emergenza. “In Yemen la situazione è disastrosa”, denuncia il rappresentante di Unfpa: “Il rapporto di mortalità materna è stimato in 164 decessi ogni 100mila nati vivi”.
Nello studio l’impatto delle guerre è fotografato per difetto. I numeri sono infatti aggiornati all’autunno 2023: non sono tenute in conto le ripercussioni della nuova fiammata del conflitto in Medio Oriente, in particolare nella Striscia di Gaza, né sono valutate appieno le conseguenze derivanti dalla guerra civile in Sudan, in corso da un anno. In questo Paese le persone costrette a fuggire dalle proprie case da raid e combattimenti sono già più di otto milioni. “Le donne incinte costrette a migrare affrontano sfide immense, tra le quali la mancanza di accesso ai servizi di salute materna e una maggiore esposizione alla violenza di genere” denuncia Diana. “Il viaggio precario e lo stress dello spostamento possono portare a complicazioni durante la gravidanza e il parto, aumentando il rischio di mortalità materna e neonatale”.
In 30 anni ci sono stati però anche progressi. Tra la Conferenza del Cairo e il 2020, si legge nello studio delle Nazioni Unite, le gravidanze indesiderate si sono ridotte del 19%. Dal 2000 è diminuito poi di un terzo il numero delle ragazze madri di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Sono ormai 162 i Paesi che hanno approvato leggi contro le violenze domestiche, mentre è sempre più diffusa la bocciatura di norme che criminalizzano l’omosessualità. Nuovi dati riferiti a 69 Paesi mostrano comunque criticità perduranti: una donna su quattro non può fare scelte in autonomia nella sfera della salute e sempre una su quattro non può rifiutarsi di avere rapporti sessuali chiesti dal marito o dal partner.
Se ne discute al Senato. “Nonostante ci siano stati importanti progressi in materia di salute sessuale e riproduttiva, si assiste a situazioni di stallo e a un aumento delle disparità e di disuguaglianze non solo tra Paesi ma anche al loro interno” sottolinea Maria Grazia Panunzi, presidente dell’Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos), promotrice della presentazione del rapporto. “Il luogo dove si nasce è determinante per la vita o la morte, se si tratta di un’area rurale o urbana, se si vive in una situazione di conflitto o dove esiste un sistema sanitario”. Secondo Panunzi, “è proprio dove le condizioni sono più difficili che devono intervenire le scelte politiche attraverso azioni e risorse”. Il suo è anche un appello al governo italiano, che quest’anno presiede il G7: “Nessuna donna deve morire per cause legate alla gravidanza e al parto”.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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