Impegnarsi con l’Africa vuol dire mettere la scuola al primo posto
Intervista a Laura Frigenti, amministratrice delegata di Global Partnership for Education. Che sul diritto all’istruzione, nei giorni della ministeriale G7 dedicata allo sviluppo, denuncia: “In un solo anno sono mancati investimenti per due miliardi di dollari”
Due miliardi di dollari. È quanto è stato tolto in un solo anno ai bambini del mondo e soprattutto a quelli africani, che sono un po’ il futuro del pianeta. Una tendenza, questa della riduzione dell’aiuto allo sviluppo, da invertire subito. Perché non bisogna “disinvestire” ma, al contrario, “investire”.
Sono denuncia e allo stesso tempo appello le parole di Laura Frigenti, alla guida di Global Partnership for Education, meccanismo multilaterale di supporto al diritto allo studio nato nella cornice del G7. Il suo sguardo è rivolto anzitutto all’Africa, il continente dove oggi si concentra buona parte dei circa 250 milioni di alunni mancati del pianeta. Frigenti ne ha discusso questo mese alla Reggia di Caserta, nel corso di una conferenza presieduta dal viceministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Edmondo Cirielli. Le proposte emerse dall’incontro in Campania sono confluite nei lavori del G7 Sviluppo a presidenza italiana, convocato a Pescara, dal 22 al 24 ottobre. La speranza è che grazie agli incontri dei ministri riuniti nell’ex distilleria dell’Aurum trasformata in “fabbrica delle idee” emergano iniziative politiche e direttive esecutive a supporto di impegni concreti.
Da oltre 30 anni manager della sostenibilità, alla Banca mondiale e poi anche a Roma come prima direttrice dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), Frigenti è convinta che parole e “storytelling” da soli non bastino. Bisogna anche fare i conti. “E con la crisi globale seguita al Covid la tendenza è stata ridurre gli investimenti” denuncia la manager. “I dati dell’ultimo anno indicano che tra canale multilaterale e bilaterale l’investimento internazionale in Aiuto pubblico allo sviluppo è diminuito di due miliardi di dollari: è una cifra enorme, tanto più che i Paesi subsahariani hanno ridotto la spesa nell’istruzione come riflesso della crisi seguita al Covid-19, segnata dalla contrazione dell’economia e al contempo da grandi pressioni debitorie”. Il risultato? “Oggi i bambini in età scolare ancora fuori dal sistema educativo sono 250 milioni” calcola Frigenti. “Tra di loro ci sono tante ex alunne, che si sono allontanate dopo il Covid e che devono essere riacciuffate, altrimenti avranno un futuro preoccupante; e all’appello mancano anche 70 milioni di insegnanti, perlopiù in Africa, da formare come i loro colleghi già al lavoro”.
I numeri nascondono spesso i volti e le storie, ma aiutano a dare il senso dell’urgenza. “Bisogna far capire che la gioventù di questi Paesi è in crescita esponenziale” sottolinea l’amministratrice delegata della Global Partnership for Education. “Tra soli 25 anni, nel 2050, nel continente vivrà un abitante del pianeta su quattro: parliamo di una popolazione molto giovane, che ha bisogno di lavorare”. Secondo Frigenti, è cruciale “unire gli sforzi del Nord del mondo per contribuire a stabilizzare i sistemi educativi in Africa affinché diventino uno strumento di crescita”.
Un segnale arriverà il prossimo anno, scadenza per il ri-finanziamento degli impegni della Gpe, ora in ben 90 Paesi, dall’Asia al Sudamerica. All’orizzonte poi il punto interrogativo rappresentato dall’accelerazione tecnologica e in particolare dall’intelligenza artificiale. Ospite del G7 dei capi di Stato e di governo che si è tenuto nel giugno scorso a Borgo Egnazia, in Puglia, papa Francesco l’ha definita “uno strumento affascinante e tremendo”, che può aiutare ma anche moltiplicare disuguaglianze e ingiustizie. Bisognerà invertire o quantomeno correggere la rotta, avverte Frigenti: “Altrimenti avremo Paesi dove si potrà investire tra i 18mila e i 20mila dollari ad anno scolastico per studente e altri dove si raggiungeranno appena gli 80 dollari e si imparerà molto poco”.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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