Le diaspore Africane e quel nuovo stato (che non c’è) sulla mappa del mondo
Ha una popolazione di 370 milioni di persone, inferiore solo a quella di India e Cina. Andate a cercarlo in Giamaica. E chiedete a Georges-Louis Tin.
Sulla mappa del mondo spunterà uno Stato nuovo, con una popolazione di 370 milioni di persone, inferiore solo a quella di India e Cina. Parola di Louis-Georges Tin, “neo-primo ministro” della Diaspora africana, Paese senza frontiere con cuore che batte a Parigi e capitale dall’altra parte dell’Atlantico, ad Accompong, in Giamaica. “Ne stabiliremo presto una seconda nel cuore dell’Africa” promette a Oltremare questo professore di Lettere di 45 anni, originario di Martinica e residente in Francia, dove milita contro razzismo e omofobia guidando il Conseil représentatif des associations noires (Cran). “Abbiamo presentato la sezione europea del Parlamento della diaspora a fine ottobre a Parigi” spiega. “A febbraio toccherà al Sudamerica, a marzo all’America Centrale e tra un anno ad America Settentrionale e Asia”.
L’avventura è cominciata a Nouakchott, in Mauritania, il 1° luglio 2018. “Ho ricevuto mandato dal presidente dell’Unione Africana per ‘dare corpo’ alla diaspora” dice il professore. “Ho riunito un gruppo internazionale che si è messo subito al lavoro per redigere una Costituzione e lanciare il nuovo Stato”. Il ruolo della diaspora, presentata come sesta regione dell’Africa, è riconosciuto nei documenti dell’Unione. Anzitutto c’è l’atto fondativo, che all’articolo 3 invita le comunità sparse nel mondo a “offrire un contributo importante alla costruzione” di un continente unito. La diaspora è poi indicata come parte costitutiva dell’Unione, nonché “sesta regione” d’Africa. Attraverso una direzione ad hoc, l’organismo continentale con sede ad Addis Abeba ha predisposto un meccanismo di “conferenze regionali consultive” che nei contatti con le comunità sparse nel mondo e nel riconoscimento delle loro “reti dai Caraibi al Canada e dall’Australia all’Europa” diano a questo ruolo “significato concreto”.
E il nuovo Stato? Secondo Tin ha già una capitale, frutto di una scelta nient’affatto casuale. Accompong fu la roccaforte degli schiavi ribelli, i Maroons, che nel 1738 proclamarono in Giamaica una repubblica autonoma dalla Corona britannica. Alla conferenza di ottobre a Parigi c’era anche Timothy McPherson, rappresentante dello “Stato dei Maroons”. Non si tratterebbe però solo di simboli o di impegno per il riconoscimento delle ingiustizie del passato, assicura Tin: “Abbiamo già lanciato la nostra carta d’identità e possiamo contare su una compagnia di bandiera, la PanafricAirlines, con personale, uffici e una flotta di 12 aerei”.
L’assenza di un territorio specifico e di frontiere non costituirebbe un problema. “Nell’era digitale siamo tutti viaggiatori, nomadi, migranti e turisti” riprende il professore. “Internet non ha confini e ora nemmeno le diaspore”. Per i prossimi mesi sono in preparazione conferenze stampa in Belgio, Repubblica Democratica del Congo, Togo, Colombia e Marocco.
Lo spirito sarebbe lo stesso di cui parla re Tchiffi Zie Jean Gervais, segretario generale del Forum dei sovrani e dei capi tradizionali d’Africa. In visita a Roma alcuni mesi fa, in un’intervista con l’agenzia Dire, il sovrano aveva elencato i compiti chiave del nuovo Stato: “Dovrà organizzare le diaspore, stabilire come si devono comportare, partecipare allo sviluppo dei Paesi dove vivono e contribuire ad arrestare l’immigrazione irregolare”. Cittadino ivoriano, originario della comunità dei Krou, il sovrano era in missione in Europa, da Parigi a Lussemburgo, per le commemorazioni dei “tirailleurs africains” morti per i colonizzatori francesi durante la Prima guerra mondiale. La sua tesi è che, magari anche convogliando le rimesse in progetti di cooperazione, come prefigurato anche in Italia dalla riforma della legge 125/2014, “l’Africa non avrà più bisogno di nulla se saprà valorizzare i suoi figli che vivono all’estero”.