Madomba Sanou, per l’infanzia in Africa occidentale
La rappresentante dell’Osc italiana Ciai in Burkina faso e Costa d’Avorio ha implementato svariati progetti a favore del benessere dei bambini, anche per il loro inserimento nelle famiglie anche italiane
“Una società che rinuncia a prendersi cura dei propri giovani e a fornirgli degli strumenti per una promozione ottimale seppellisce il proprio futuro”, diceva il professor Joseph Ki-Zerbo. Inizia con questa citazione il colloquio con Oltremare di Madomba Sanou. Italiana con origini burkinabè, nel 2003 ha collaborato all’installazione permanente in Burkina Faso della rappresentanza dell’organizzazione italiana Ciai – Centro Italiano Aiuti all’Infanzia, una struttura nata a Milano nel 1968 per accompagnare bambini in difficoltà o privi di famiglia. “Mi sono occupata di diversi aspetti inerenti alla gestione della Organizzazioni della società civiile nel Paese, che mi hanno permesso di assumere ruoli che vanno dalla responsabilità del processo di adozione internazionale, alla gestione amministrativa e finanziaria”. Attualmente il suo ruolo è quello di Country Representative di Ciai in Burkina Faso e Costa d’Avorio. Chi tra le famiglie italiane ha intrapreso la via delle adozioni internazionali qui ha potuto usufruire dell’esperienza di Ciai e Sanou.
Questa attività di cooperazione non sarebbe stata possibile senza una figura in loco capace di gestire le problematiche legate al complesso processo delle adozioni internazionali. In questi anni Sanou racconta di avere avuto la possibilità di essere coinvolta in azioni il cui obiettivo era la ricerca del benessere dei bambini nell’Africa occidentale. Iniziative non solo a favore dei minori ma rivolte anche all’ambiente in cui questi muovono: la famiglia, la scuola e l’ambiente sanitario.
Se da un lato l’approdo al mondo della cooperazione allo sviluppo per lei è stato un caso e il frutto di rapporti interpersonali, dall’altro ha rappresentato l’occasione per rafforzare le proprie convinzioni sulla necessità di partecipare dall’interno alla costruzione di una società burkinabé basata sull’impegno “indigeno” (locale) in sinergia con quello internazionale.
Tanti e diversi i progetti gestiti dalla rappresentante di Ciai promossi grazie anche al finanziamento dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). L’ultimo in ordine temporale è stato Red (Restoring children their rights, planning the future), in gran parte sostenuto dalla Cai (Commissione per le Adozioni Internazionali) della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano e realizzato in consorzio con altre strutture italiane.
“Il mio obiettivo in questo progetto” racconta “è stato quello di rafforzare il sistema di protezione e accoglienza dei minori fuori famiglia e minacciati di abbandono in Burkina Faso attraverso la promozione dei diritti dell’infanzia, corsi di capacity building e l’erogazione di servizi adeguati”. A questo proposito, non può che sottolineare l’importanza cruciale di altri due grandi progetti realizzati tra il 2015 e il 2021 per la costruzione di scuole e il miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie dei bambini vulnerabili nelle aree rurali.
Sanou dichiara, sorridente, che la cooperazione allo sviluppo ha una grande importanza nel suo Paese in una logica sempre più di partenariato e meno di aiuto. “La cooperazione allo sviluppo che conosciamo, nata ad esempio nei paesi dell’Africa occidentale, dopo il periodo coloniale, ha subito un’importante evoluzione passando da un semplice aiuto materiale erogato dai paesi sviluppati ad una partecipazione dei beneficiari in termini di identificazione dei problemi, sinergia e progettazione degli interventi e utilizzo delle risorse umane locali in questo processo condiviso.” Anche perché la stessa Sanou ha partecipato alla formulazione e l’implementazione di vari progetti in questo ambito. “Spesso possiamo avere l’impressione che i nostri progetti rappresentino solo una piccola goccia nel mare di bisogni individuati e, forse, non si tratta solo di una semplice impressione. Ma credo che ogni progetto porti in sé un granello di cambiamento e miglioramento delle situazioni iniziali.” indica.
Un esempio? “In passato abbiamo avuto l’opportunità di creare piccoli bacini idrici per l’orticoltura dei villaggi.”, racconta; ebbene, “dopo alcuni anni di monitoraggio, abbiamo assistito non solo a un aumento significativo delle entrate finanziarie degli agricoltori, ma anche a un notevole cambiamento, diversificazione e miglioramento nutrizionale che ha portato altre comunità di villaggio a emulare l’iniziativa.” Ciò significa che l’azione ha risultati e impatti più ampi di quanto si possa immediatamente immaginare. È incoraggiante. A volte cruciale secondo necessità, la cooperazione allo sviluppo è una buona cosa se è ben organizzata, efficiente, coerente e pertinente, andando nella direzione reale dello sviluppo sostenibile. Di bei ricordi ce ne sono stati tanti nella testa di Sanou che le danno sempre la voglia di continuare, “guardare gli abitanti del villaggio organizzare una festa per celebrare un pozzo trivellato; o un bambino che sorride con gli occhi che brillano perché ha appena ricevuto un kit scolastico e si è goduto un pasto a scuola, non ha prezzo”. Anche in Africa, dove i processi di adozione hanno conosciuto alcune resistenze fra tutte culturali, “conoscere un figlio in una situazione di abbandono e vedere finalmente questo bambino beneficiare dell’amore di una madre e di un padre. Sono ricordi che rimangono incisi per sempre”, dice quasi emozionata. In prospettiva “la cooperazione allo sviluppo deve portare speranza e anche dare dignità ai giovani africani attraverso strategie di resilienza”.