Nairobi, Dakar, Roma: quell’impegno per l’uguaglianza di genere che rende libere
Parlare di “sviluppo a metà” è impossibile: lo confermano testimonianze, idee e linee guida discusse durante un incontro promosso da Aics
Performance teatrali per bambini, serate di stand-up comedy, proiezioni di film, esposizioni fotografiche partecipative, forum con testimonianze di vittime sopravvissute: 16 giorni e tanti modi diversi a Nairobi, la capitale del Kenya, per dire basta alla violenza di genere; e per sottolineare che emancipazione femminile e pari opportunità sono un diritto e pure un dovere. Un traguardo al quale avvicinarsi il più possibile e anzi da raggiungere per poter costruire un mondo migliore. “Non ce la faremo mai se metà di noi resta indietro” ha detto Malala Yousafzai, ex studentessa pachistana vincitrice del Nobel per la pace per essersi opposta alla violenza dei militanti talebani. Alcuni dei nodi da sciogliere sono gli stessi sull’altra sponda dell’oceano. Lo confermano appunto i 16 giorni di forum, performance e dibattiti organizzati di recente in Kenya nel quadro della campagna Activate Nairobi. A ricordare l’iniziativa è Marco Riccardo Rusconi, direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics). La sua voce arriva dal Kenya, dove è in missione. Lo ascoltano però a Roma, in video-collegamento, a un incontro nella sede centrale di Aics dedicato a quell’altra “metà” evocata da Malala Yousafzai: parlare di “sviluppo a metà” infatti è impossibile.
“In Kenya abbiamo investito molto, impegnandoci per un protagonismo nuovo delle donne e provando a superare barriere culturali che non era scontato superare” dice Rusconi. “Ad Activate Nairobi abbiamo avuto tante partecipazioni: da Charlene Ruto, la figlia del presidente William Ruto, all’attivista Elizabeth Wathuti, dalla professoressa Mary Lucia Mbithi ai giovani artisti della Fondazione Mwelu”. E non è solo il Kenya. “Le violenze fisiche dei partner nei confronti delle donne hanno un costo sociale equivalente al 5,2% del Prodotto interno lordo globale” calcola Rusconi, citando dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse-Dac). Numeri che, per rendersi davvero conto, è utile mettere a confronto: le violenze di carattere politico compromettono “solo” lo 0,20% del Pil mondiale.
L’incontro di Aics ha come titolo La trasversalità dell’uguaglianza di genere nell’azione per lo sviluppo. Viene fuori che al ritmo attuale, con l’impegno di oggi, il divario potrà essere colmato solo in 130 anni. “Abbiamo l’obbligo morale e professionale di fare di più e meglio” sottolinea Rusconi. “Solo nel 2023, Aics ha finanziato progetti mirati specificamente all’uguaglianza di genere per 56 milioni di euro, circa il 5% di quanto deliberato nel complesso lo scorso anno”.
Dietro i numeri ci sono storie e volti. Come quello di Alessandra Accardo, un agente di polizia di Napoli sopravvissuta a un episodio di violenza e di tentato omicidio. Condivide la sua esperienza durante l’incontro, che vuole essere allo stesso tempo presa di coscienza e approfondimento, condivisione e sensibilizzazione. “Ascoltare le vittime e saper restare in silenzio”, perché dopo la violenza “comincia un calvario”, l’appello di Accardo. “A volte c’è anche chi comincia a speculare sulla tua storia e bisogna avere le spalle larghe; io ho avuto una famiglia forte, che mi ha sostenuto”. L’agente sottolinea ancora: “La cronaca quotidiana ci ricorda di continuo che esistono uomini che vogliono il sopravvento sulle donne”. Accardo è stata vittima di un agguato da parte di uno sconosciuto nel 2022, nella zona del porto di Napoli, al termine di una giornata di lavoro. L’aggressore, giudicato colpevole di violenza sessuale e tentato omicidio, è stato condannato a 14 anni di carcere.
Dagli uomini riparte Marta Collu, referente sul tema di genere per la vicedirezione tecnica di Aics. “La lotta per l’uguaglianza si combatte anche lavorando con loro”, dice, “ad esempio attraverso progetti che li sensibilizzino sul problema dei divari e delle ingiustizie sociali”. Si ragiona delle caratteristiche che devono avere gli interventi di cooperazione internazionale. “Di recente abbiamo realizzato un progetto in Palestina per far capire l’importanza della prevenzione del tumore al seno” ricorda Collu: “A partecipare agli incontri sono stati padri, mariti e fratelli, che possono e devono essere attori fondamentali per ridurre il gap di genere”. Porta l’esperienza del Senegal, Eugenia Pisani, esperta della sede di Aics a Dakar. “Al cento del nostro lavoro c’è un’analisi delle priorità, con un’attenzione per il mercato del lavoro, lo sviluppo agricolo e altri comparti specifici” sottolinea la responsabile. “È fondamentale poi l’interlocuzione con il ministero del Senegal per le donne, l’empowerment e il settore privato”. L’assunto è che i cosiddetti Programma Paese siano realizzati “a partire da un’analisi di genere che prenda in conto la situazione delle donne nel loro contesto specifico”.
Di impegno internazionale parla Beatrice Vecchioni, consigliera presso il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), referente sui temi di genere. La sua premessa è che “la lotta contro la violenza e in favore dell’uguaglianza, con un’attenzione particolare per l’Africa, è un punto chiave nell’agenda della presidenza italiana del G7”. Secondo la consigliera, “con una popolazione tanto giovane è necessario favorire una partecipazione paritaria delle donne del continente alla vita pubblica e democratica”. Vecchioni cita dati aggregati da Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione: “Il 33% delle donne africane ha subito violenza da un partner, mentre il 39 è stato sottoposto a mutilazioni genitali femminili”.
Sulle responsabilità dell’Italia si sofferma anche Cristiana Carletti, docente di Diritto internazionale dell’Università Roma Tre. In primo piano nel suo intervento ci sono le indicazioni emerse in occasione di una riunione del Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne che si è tenuta a febbraio a Ginevra. “Ci è stato detto ‘bene la vostra performance’ ma anche ‘vi dovete impegnare di più’” ricorda Carletti. Che evidenzia comunque tendenze incoraggianti sugli stanziamenti degli Stati in favore di progetti per la parità di genere: “Nell’ultima informativa relativa al decennio 2011-2021 è stata rilevata una crescita per la ‘gender equality’ con fondi più che raddoppiati”.
Non si tratta però solo di un dovere, previsto certo da obblighi assunti in sede internazionale. Lo sottolinea Leonardo Carmenati, vicedirettore tecnico di Aics: “È qualcosa che si vuole semplicemente fare, con sensibilità e capacità, come cittadini del mondo che guardano al mondo”. L’incontro a Roma, insieme con gli spunti condivisi da Nairobi e da Dakar, promette allora di essere tappa di un percorso. “L’obiettivo è sensibilizzare per le attività di cooperazione e allo stesso tempo rispondere a un dovere civico” dice ancora Carmenati: “Parlare di uguaglianza di genere vuol dire emancipare noi stessi come persone”.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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