Acqua, servono le eccellenze per una gestione intelligente: intervista a Benedito Braga, Presidente del Consiglio Mondiale dell’Acqua
Il 22 marzo settore privato, pubbliche amministrazioni, ricercatori e ONG si sono dati appuntamento a Brasilia, per il Forum Mondiale dell’Acqua. Da dove arriva l’allarme: sempre più persone rischiano di non aver accesso a servizi igienici e acqua non contaminata.
Oltremare ha intervistato Benedito Braga, Presidente del Consiglio Mondiale dell’Acqua, per capire il punto di vista di chi crede che il settore privato debba giocare un ruolo fondamentale. Davvero le partneship pubblico-private porteranno a una migliore gestione dell’acqua? Le cifre sono chiare, dice Braga: “per ogni dollaro investito in acqua e servizi igienico-sanitari, il guadagno economico in termini di spese sanitarie evitate e produttività è di 4 dollari”. Oggi crisi idriche di vario genere e mancanza d’acqua continuano a essere all’origine di vari problemi urbani e globali. Quasi il 40% della popolazione mondiale si trova a fronteggiare fenomeni di scarsità idrica. Una situazione destinata a peggiorare, raggiungendo il 66% entro il 2025 se non si adottano misure adeguate. Il rapporto di High Level Panel on Water, un gruppo di ricercatori specializzato sul tema, mette l’accento sull’impellente necessità di aumentare gli investimenti in infrastrutture idriche allo scopo di raggiungere l’Obiettivo 6 dell’agenda ONU sull’acqua e gestire i finanziamenti in materia in modo adeguato. Le città che non riusciranno a migliorare la loro gestione delle risorse idriche potrebbero far diminuire la crescita nazionale del 6% del PIL entro il 2050. Dati preoccupanti, resi ancora più angoscianti dallo scenario del cambiamento climatico sullo sfondo planetario e dal numero crescente di tensioni legate al water-grabbing.
Presidente Braga, quanto siamo lontani dal raggiungimento del SDG 6? Quali sforzi vanno fatti?
Attualmente 1,8 miliardi di persone al mondo bevono acqua contaminata da feci, rischiando di contrarre colera, dissenteria, tifo e polio. L’acqua impura e la mancanza di igiene causano 842,000 morti ogni anno. Numerosi progressi sono stati fatti negli ultimi tempi, eppure urge investire almeno €90 miliardi di dollari ogni anno per raggiungere gli Obiettivi ONU. The World Water Council ha chiesto di rinnovare questo impegno durante il Forum Mondiale sull’Acqua del 22 marzo lanciando il report “Incrementare le risorse per l’igiene”, per stimolare i governi attraverso l’analisi del contesto globale e fornendo raccomandazioni utili.
Chi deve attivarsi?
Dobbiamo fare pressione su governi, banche, fondi di investimento per dare priorità alle infrastrutture per l’igiene. Senza investimenti in infrastrutture la situazione potrebbe complicarsi nei paesi più poveri come Africa, Asia e America Latina. In un continente come l’Africa dove solo il 6% del potenziale idroelettrico è sfruttato, è importante che il settore privato si interessi a questi progetti che possono generare elettricità, sistemi di irrigazione, fornitura d’acqua e trattamento delle acque fognarie.
Certo le dighe, quando sono pianificate erroneamente, possono essere altrettanto dannose, come nel caso del Mekong o della valle dell’Omo. Bisogna garantire un diritto all’acqua, che però è un diritto internazionale che ancora trova scarsa applicazione, vista anche la resistenza di governi, in alcuni casi sostenuti anche da imprese private che temono un’interpretazione troppo aperta. Quali passi giuridici sono necessari a livello ONU?
Nel 2010 una risoluzione ONU è stata adottata , riconoscendo l’accesso all’acqua potabile e all’igiene come un diritto fondamentale. Eppure a Ginevra, alla Commissione ONU sui Diritti Umani, si discute ancora, se il diritto all’acqua deve essere un diritto fondamentale, come la libertà, o un diritto sociale ed economico. C’è infatti un tema di costi non trascurabile. L’idea del World Water Forum è quella di mettere i professionisti accanto alla politica. Il nostro obiettivo è quello di affiancare sindaci, parlamentari, ministri e portare nuove idee e proposte per i decisori, trovando proposte innovative di finanziamento.
Il water-grabbing, la corsa all’accaparramento dell’acqua, è un fenomeno sempre più evidente, dato da risorse più scarse e domanda sempre crescente.
Il water grabbing prende forma a livello locale e nazionale. Localmente questo è spesso causato dalla cattiva gestione a livello regionale o statale. Per esempio in Indonesia, a Giacarta, numerosi cittadini hanno iniziato a scavare pozzi senza permesso per prelevare acqua potabile, prosciugando così l’acquifero sul quale siede Giacarta. Questo prelievo non regolamentato è risultato nello sprofondamento della capitale indonesiana al ritmo di sei centimetri l’anno. Questo mostra come una pessima gestione dell’acqua può mettere a rischio la vita di milioni di persone.
Il water-grabbing a livello nazionale è spesso dovuto a mancanza di comunicazione e scarsa cooperazione, piuttosto che da intenzioni maligne. Nei casi di gestione idrica transfrontaliera credo però che si tenda maggiormente alla collaborazione, in particolare durante i momenti di crisi, quando la condivisione di informazioni e aiuti è fondamentale. La cooperazione politica tra vari attori è cruciale per la gestione dell’acqua attraverso le frontiere, in particolare con la crescente domanda nelle aree urbane e gli effetti imprevedibili provocati dal cambiamento climatico. E va governata con attenzione.
Le utilities interamente private sono viste come attori non positivi da cittadini e associazioni. Si sta lentamente dimostrando che la gestione pubblica dell’acqua è migliore di quella privata?
Io non ho preferenze tra il sistema pubblico e quello privato, ma scelgo sempre chi è competente e efficiente. Per esempio in Brasile, Sabesp è una compagnia pubblica nota per la sua efficienza. Penso che questa distinzione sia scorretta. Noi vogliamo che tutti abbiano accesso all’igiene, non importa che il servizio sia erogato da un pubblico o da un privato. Ma dal più competente.
Un argomento impopolare in Italia, visto il referendum sull’acqua, non le pare?
In Brasile solo il 6% delle forniture idriche è privato. Il governo, a causa delle difficoltà finanziarie del sistema pubblico, vuole trovare modalità per coinvolgere il settore privato per risanare la situazione. Non c’è una soluzione standard: si deve valutare caso per caso, dando la priorità ai risultati.