Africa, serve una rivoluzione elettrica
Il tema nei lavori di EXCO. Portare energia ed elettricità a basse emissioni in Africa è una delle grandi sfide per lo sviluppo del continente.
A fine 2018 erano ancora 600 milioni gli africani senza accesso all’elettricità. Per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo Sostenibile e allo stesso tempo raggiungere i goal dell’accordo di Parigi è importante investire in una rivoluzione elettrica incentrata su fonti alternative, innovazioni tecnologiche, infrastrutture leggere e distribuite. A partire dal prossimo anno, grazie all’Accordo sul clima, numerosi finanziamenti dagli APS, banche multilaterali e settore privato si renderanno disponibili in maniera crescente per sostenere questa transizione. Un argomento che avrà grande spazio al prossimo EXCO, l’expo della cooperazione internazionale che avrà luogo a Roma dal 15 al 17 maggio. Abbiamo parlato con Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club, storica organizzazione ambientalista, che organizzerà uno dei panel sul tema energia all’interno della kermesse romana.
Quale sarà il modello che dovrà scegliere tanti paesi africani per garantire un accesso all’energia elettrica equo, rapido e poco costoso?
Credo che, data l’estensione geografica del continente, un ruolo fondamentale sarà giocato dalle micro-grids, ovvero reti locali, dove l’energia viene generata e distribuita localmente. Se decine di milioni di persone in Africa negli ultimi anni hanno avuto accesso alla luce grazie a semplici kit fotovoltaici, il prossimo decennio vedrà la diffusione di mini reti solari in grado di alimentare frigoriferi, ventilatori, sistemi di pompaggio, macine per interi centri urbani di piccole medie dimensioni. In Nigeria, uno dei paesi nei quali nei prossimi anni partirà la rivoluzione del solare decentrato, al momento ci sono 30 mini-reti a servizio di sei mila persone. Ma è solo l’inizio: basti pensare che una piccola società locale con 40 addetti, GVE, sta lavorando per realizzarne altre 200. E secondo l’Agenzia per l’elettrificazione rurale, nel medio periodo potrebbero essere installati diecimila impianti da 100 kW.
Perché investire sull’energia solare?
Essa rappresenta un deciso vantaggio non solo per le spese evitate per acquistare lanterne, candele, pile e generatori, ma perché facilita l’avvio di piccole attività economiche. Serve naturalmente la diffusione del know-how per una gestione ottimale e per un’adeguata manutenzione. Non serve donare pannelli. Serve insegnare a come gestirli al meglio e come gestire le micro-grid. Le rinnovabili consentono inoltre di alimentare anche i sistemi elettrici nazionali con energia pulita. Diversi paesi stanno muovendosi in questa direzione, installando parchi eolici e centrali fotovoltaiche. Un esempio viene dal Marocco, paese dove alla fine del 2017 le rinnovabili hanno garantito il 34% della produzione elettrica e che punta a raggiungere il 52% entro il 2030. Un risultato che ha reso la nazione nordafricana una dei pochi leader globali ad aver superato i risultati proposti negli INDC (gli obiettivi di mitigazione e adattamento determinati dai singoli stati, nda) dell’Accordo di Parigi.
Uno dei grandi nodi rimane la mobilità. In molti paesi il parco mezzi è obsoleto. Questo però è una grande opportunità per l’introduzione dei veicoli elettrici.
Io credo che si debba guardare ad un modello di mobilità condivisa ed elettrica soprattutto. Il mezzo di proprietà è inquinante ed ha impatti importanti sulle infrastrutture e sulla qualità dell’aria: basta vedere quello che è successo nei paesi asiatici come Indonesia, Vietnam e Cina. La crescente urbanizzazione e l’aumento dell’inquinamento nelle città africane impongono nuovi approcci in grado di fornire servizi di trasporto puliti e poco costosi. Un modello interessante che si sta diffondendo propria in asia è quello dei tuk-tuk elettrici , dove ce ne sono ben 10 milioni. Questo trasporto condiviso, che porta 4-6 persone è poco inquinante, occupa poco suolo ed è silenzioso. In Africa questi mezzi iniziano a diffondersi. La novità che potrebbe accelerare la transizione è la diffusione dei servizi a chiamata. Considerando l’ampia disponibilità di cellulari, 226 milioni in tutto il continente e costantemente in crescita, la combinazione dei tricicli elettrici con i servizi di un’App, rappresenta una soluzione interessante nelle rumorose ed inquinate città africane. Società come Uber e Taxify hanno decine di migliaia di autisti nell’Africa sub-sahariana che guidano auto, tricicli e moto e potrebbero facilmente essere convertiti esclusivamente all’elettrico. La riduzione dei prezzi delle batterie e la realizzazione di infrastrutture di ricarica alimentate da pensiline fotovoltaiche, potranno accelerare notevolmente il passaggio all’elettrico. E questa novità potrà allargarsi non solo ai tuk-tuk, ma anche agli autobus, alle motociclette e alle biciclette.
Come movimentare risorse per energia green diffusa?
Oggi si stanno già muovendo tantissime realtà. Il programma della Banca Mondiale “Lighting Africa” punta a portare l’elettricità a 250 milioni di persone entro il 2030. Ma la vera svolta verrà nel 2020 l’entrata in pieno regime della finanza climatica voluta dall’Accordo di Parigi. Con un Accordo solido saremo in grado attivare risorse pubblico-private per sostenere l’obiettivo di fornire elettricità pulita agli africani e contribuire alla crescita industriale ed agricola del continente in ottica low-carbon di economia circolare. Ad accelerare la transazione ed aumentare gli investimenti sarà soprattutto la riduzione dei prezzi delle tecnologie. Smart grid gestite da cellulari, pannelli low cost con inclusi piani di rigenerazione, sistemi micro-idro facilmente installabili, eolico di piccola dimensione saranno sempre più accessibili. Questo creerà anche tantissimi green jobs, contribuendo al benessere di milioni di famiglie.