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Crediti: Istituto Oikos

Agricoltura clima-adattiva, Istituto Oikos la sperimenta in Mozambico

L’Africa meridionale è sempre più esposta alla crisi climatica. Istituto Oikos, con il progetto ADAPT, lavora per rendere l’agricoltura non-industrializzata resiliente.

Ciclone Idai, Ciclone Kenneth, siccità prolungata, rovesci temporaleschi fuori scala. Il cambiamento climatico nell’Africa meridionale picchia sempre più forte. Con un’intensità che ha pochi eguali nel resto del pianeta. Il 2019 ha visto un numero di eventi estremi completamente fuori scala. Per queste ragioni Paesi come il Mozambico si trovano a doversi confrontare con una situazione apertamente manifesta, più evidente che in Europa (dove peraltro non mancano i problemi), e che quindi richiede urgentemente di adattarsi alle mutazioni del clima in corso, mentre il pianeta intero rimane ignavo nella riduzione delle emissioni di CO2. Gli effetti, nefasti, climatici stanno compromettendo il lento progresso dei Least Developed Countries e indebolendo i paesi quasi industrializzati come il Sudafrica. Nel solo Mozambico le conseguenze sulla sicurezza alimentare e sulla produzione agricola e zootecnica sono evidenti: nel 2015, nella Provincia di Maputo sono andati persi 62.000 ettari di terreni e 4.000 capi bestiame. Centinaia di persone hanno perso la vita a causa degli impatti di tifoni e piogge torrenziali.

 

Crediti: Istituto Oikos

 

Ma il vero problema sono i pattern climatici. Da qualche anno gli agricoltori mozambicani hanno notato la variazione della stagione delle piogge, sempre meno definita e incerta. «Storicamente la stagione delle piogge iniziava verso novembre e durava fino ad aprile», spiega Davide Biotto, project manager e country coordinator di Istituto Oikos, ONG milanese, impegnata in Europa e nei paesi del Sud del mondo nella tutela della biodiversità e per la diffusione di modelli di vita più sostenibili, presente dal 2012 nel Paese. «Oggi la wet-season inizia tra fine dicembre ed inzio gennaio e dura fino a marzo, con piogge isolate, fortissime, che finiscono nell’arco di una mezz’ora. In questo modo, gli agricoltori, la maggioranza della popolazione mozambicana, non sa quando seminare il mais e il riso, rendendo più difficile la pianificazione e aumentando il rischio di perdere il raccolto». Piove troppo oppure non piove. E aumenta lo stress idrico. I dati climatici mostrano infatti un aumento dei periodi di siccità parallelamente ad una riduzione dei livelli di falda, dovuta alla mancata ricarica idrica. È dimostrato che piogge intensissime di breve durata sono pressoché inutili per ripristinare i livelli idrici delle falde. L’ultima “bomba d’acqua” si è schiantata sul paese lo scorso 27 dicembre, facendo più danni dello stesso ciclone Kenneth. Le nuvole erano talmente gonfie di pioggia che sono bastate poche ore di rovesci per far crollare un ponte sull’ultima strada rimasta percorribile (dopo il ciclone Kenneth) verso il nord della provincia di Capo Delgado, isolando così otto distretti, circa 680,000 persone.

Crediti: Istituto Oikos

Le coste del Mozambico inoltre sono esposte a forte erosione dovuta sia dalla flagellazione dei mega-cicloni, in costante aumento in intensità, sia per l’innalzamento del livello del mare e dalla distruzione delle mangrovie costiere. «L’ingressione marina, con l’acqua salmastra che risale i letti dei fiumi durante la stagione secca, sta aumentando gravemente la salinità dei terreni, rendendoli incoltivabili», continua Biotto. «Non solo, durante la stagione secca i contadini impiegavano l’acqua delle pozze d’acqua dolce rimaste nel letto del fiume. Ora quest’acqua viene contaminata dall’acqua salina che si spinge entroterra».

 

Crediti: Istituto Oikos

 

Una situazione grave che rischia di vanificare i tanti sforzi delle imprese agricole e delle ONG che dalla fine della seconda ondata di guerra civile in Mozambico tra FRELIMO e RENAMO (sebbene la pace rimanga fragile) hanno lavorato in tutto il paese e in particolare nella regione di Cabo Delgado, nel nord per rafforzare il settore. Lavorare su piani di adattamento in aree agricole come il Mozambico sta diventando sempre di più una priorità per le ONG e la cooperazione per lo sviluppo attivi in Mozambico. Uno dei primi è stato realizzato da Istituto Oikos con fondi AICS. Si tratta di ADAPT, uno dei primi progetti centrati sull’adattamento ai cambiamenti climatici per l’agricoltura in aree fortemente esposte ai climate risks.

 

Crediti: Istituto Oikos

 

Il primo passo è stata la raccolta di dati a livello locale sul contesto idrogeologico, per individuare il luogo dove realizzare infrastrutture di piccole medie dimensioni, come mini-dighe e barrage per proteggere il suolo ed l’impiego di tecnologie idriche per evitare gli sprechi (es. irrigazione goccia a goccia). Foto satellitari, droni e altre tecnologie a basso costo hanno permesso di mappare le aree e individuare le maggiori vulnerabilità alla sicurezza idrica. Capito il contesto, Istituto Oikos ha lanciato alcuni progetti pilota infrastrutturali, incluse la riabilitazione di una diga e la realizzazione sperimentale di una barriera anti-salinizzazione. Infine si è proceduto con la disseminazione di know-how sui processi di agricoltura sostenibile e “a prova di clima”.

 

Crediti: Mauricio Bisol

Oggi abbondano, sempre di più, progetti contenenti la parola adattamento. Ma per Istituto Oikos bisogna essere sempre site-specific e capire davvero cosa può funzionare e cosa no, considerando le capacità (economiche e non) degli abitanti. Ad esempio i sistemi di irrigazione a goccia non sono una soluzione sempre ottimale: i pozzi vengono facilmente insabbiati – con conseguenze significative sulle capacità idriche –, la manutenzione non è sempre semplice e tanti contadini non hanno sufficienti risorse economiche né per raggiungere i negozi (spesso lontani giorni di viaggio) né per l’acquisto dei materiali. Bisogna trovare sistemi più semplici come tubature irrigue microforate oppure puntare tutto sulla formazione degli agricoltori e sull’utilizzo di materiali locali, come sta facendo ad esempio con il progetto ADAPT Istituto Oikos. «È fondamentale insegnare ai contadini l’ottimizzazione dell’uso dell’acqua e le tecniche di agricoltura di conservazione. Soluzioni semplici, a costo quasi zero, rispettose dell’ambiente e che rimangono ai beneficiari anche dopo la fine del progetto, perchè non dipendono dalla fornitura di materiali acquistati dal progetto. Il trasferimento di conoscenze è centrale», continua Biotto. Compostaggio, pacciamatura, scelta di colture adatte, selezione, conservazione e moltiplicazione dei semi migliori sono alcuni degli elementi inclusi nel progetto ADAPT. Per sopravvivere al clima, rigenerare suolo, ambiente e comunità.

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