Degrado del suolo: perché l’agricoltura rigenerativa è l’arma migliore per la cooperazione
Un terzo è degradato, con impatti di riduzione sulla produttività del 10%. Lavorare per ripristinare il suolo, la parte fertile del nostro pianeta è centrale per la sicurezza alimentare. Dalla rotazione al compost all’agricoltura integrata, sempre più soluzioni sono disponibili per i tecnici.
“Invertire il degrado del suolo è fondamentale se vogliamo nutrire una popolazione mondiale in crescita, proteggere la biodiversità e aiutare ad affrontare la crisi climatica del pianeta», ha detto il 28 gennaio il Direttore Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), QU Dongyu, in un incontro dei ministri dell’Agricoltura a Berlino, il Global Forum for Food and Agriculture.
Un allarme che le nazioni unite lanciano da tempo, quello della rigenerazione del suolo. Dopo il summit sui Food System del 2021, che per la prima volta vedeva un approccio integrato alla questione alimentare, oggi sempre di più si comprende lo stretto legamene tra suolo, agricoltura rigenerativa o sostenibile, tutela della biodiversità, rischi legati al cambiamento climatico, controllo delle zoonosi.
“Ripensare ai sistemi alimentari in un’ottica integrata che lega fenomeni biologici, sociali, economici e culturali, è oggi fondamentale per sanare un sistema particolarmente distorto”, spiega Franco Fassio, docente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “E si può fare partendo dal suolo, il luogo chiave della biodiversità alimentare, della nutrizione, della resilienza”.
Oggi infatti il 95% della produzione alimentare globale dipende dal suolo e della sua capacità di fornire elementi nutrienti come fosforo e azoto. Tuttavia, pratiche agricole non sostenibili, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e una popolazione in crescita stanno esercitando una pressione sempre maggiore. Un terzo è già degradato e gli esperti stimano che l’erosione del suolo potrebbe portare a una perdita del 10% della produzione agricola entro il 2050.
“Il modello industriale di coltivazione del cibo ha creato sistemi privi di diversità che richiedono enormi quantità di pesticidi e fertilizzanti chimici per mantenere alte le rese”, spiega Koen van Seijen, autore del podcast Investing in Regenerative Agriculture ed esperto sul tema. Le pratiche di coltivazione e allevamento, intensive nell’utilizzo di input, hanno portato all’esaurimento e all’erosione del suolo e dei sistemi naturali. a salute del suolo e l’incremento del topsoil (vale a dire lo strato più superficiale del terreno) sono le priorità principali dell’agricoltura rigenerativa”.
Le pratiche rigenerative per il suolo sono molteplici. Innanzitutto si favorisce l’uso di compost di origine biologica (come il letame) e utilizzano prodotti naturali per ridurre l’impatto dei parassiti, evitando completamente i insetticidi che sono estremamente dannosi per gli impollinatori. Per favorire le radici e la capacità di assorbimento dell’acqua si limita il lavoro dei mezzi meccanici, favorendo un numero ridotto di passaggi o l’agricoltura manuale. Rotazione, sostituzione con legumi, maggese, ma anche il biochar, un carbone vegetale usato per ridare nutrienti al suolo, sono meccanismi per riportare in salute il suolo. Monoculture intensive, e eliminazione totale di animali e piante dal suolo coltivato danneggiano la biodiversità che può aiutare a proteggere da parassiti, debitamente controllato.
“Una delle chiavi del successo risiede nella rotazione delle colture in base ai cicli stagionali, molte delle quali fatte crescere contemporaneamente”, dice Fassio. «Gli sfalci, le potature e tutti gli altri residui dei lavori di ‘manutenzione’ del campo agricolo non vengono bruciati, ma sminuzzati e trasformati in un ‘nettare’ in grado di ridonare vita e minerali al suolo sfruttato. Spesso gli animali da pascolo lasciati liberi nei campi sono considerati un fattore cruciale per il recupero dei terreni”.
Investire in agricoltura rigenerativa non ha solo l’effetto di aumentare la produttività alimentare, ridurre l’impatto sulla biodiversità, e diminuire l’impronta idrica, grazie a suoli più sani. Secondo la Fao i suoli, dopo gli oceani sono i più grandi serbatoi di anidride carbonica e svolgono un ruolo cruciale nella mitigazione e nell’adattamento agli impatti della crisi climatica. Il degrado del suolo mondiale ha già rilasciato nell’atmosfera fino a 78 gigatonnellate di carbonio (una gigatonnellata equivale alla massa di 10.000 portaerei statunitensi a pieno carico). Secondo la mappa Global Soil Organic Carbon Sequestration, i suoli potrebbero sequestrare fino a 2,05 petagrammi di Co2 equivalente all’anno, compensando così fino al 34% delle emissioni di gas serra dai terreni agricoli. I suoli sono vita: al loro interno si trova il 25% della biodiversità globale. Ma molte delle dinamiche tra funghi, batteri e radici di piante ancora non si conoscono. Invece che conoscere in profondità i meccanismi si è sempre sostenuta un’agricoltura basata su pesticidi, erbicidi e quant’altro. L’evidenza scientifica di avvisa oggi che i benefici a breve termine della Rivoluzione Verde oggi devono essere sostituiti con nuove pratiche agricole. Partendo dai paesi meno sviluppati e di cui la cooperazione ne sostiene il rilancio. “Trasferimento di conoscenze e priorità alla rigenerazione del suolo sono a pieno titolo politiche auspicabili”.
Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. E’ Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019),Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018) “Che cosa è l’economia circolare” (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.