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Finanza Esg, utile anche per il Sud del mondo?

Sono i nuovi criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance per gli investimenti. Possono essere un’opportunità per le economie in via di sviluppo? Monitoraggio delle performance, trasparenza e politiche autoritarie possono inficiare questi investimenti

Si chiamano Esg e sono i criteri ambientali, sociali e di governance (Environmental, social, governance) usati in ambito economico/finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria ma che tengono da conto fattori come l’equità di genere, le emissioni di Co2, processi decisionali inclusivi, rispetto dei diritti umani, impatti ambientali, ecc.

Negli ultimi tre anni il mondo finanziario ha fatto un’inversione radicale a 180°. Solo qualche tempo fa gli investimenti guardavano soprattutto a multinazionali con eccellenti bilanci e performance finanziarie a discapito magari dei diritti umani o degli impatti ambientali, con condizioni di lavoro non sempre idonee al benessere della persona. L’importante erano le mere performance economiche.

Ora le performance sociali, ambientali e di governance sono sempre più centrali. Partiamo dai numeri. Secondo un’analisi della Banca Centrale Europea (Bce) pubblicata in Novembre, nella zona euro, gli asset dei fondi Esg sono aumentati del 170 per cento nel 2015. Nello stesso periodo il valore delle obbligazioni verdi in circolazione nell’area euro è aumentato di sette volte. Famiglie, assicurazioni e fondi pensione detengono oltre il 60 per cento dei fondi Esg dell’eurozona. Un trend confermato anche nel corso del 2020 quando, a fronte della volatilità dei mercati causata dalla pandemia, il valore complessivo di questi asset, detenuto nella zona euro, è salito raggiungendo 197 miliardi di euro.

Oltre l’Europa

Un tema che dall’Europa sta cominciando a prendere piede anche in molti Paesi in via di sviluppo, in particolar modo in Asia e parte dell’Africa. Secondo gli esperti questi sono mercati ad alto impatto in cui un piccolo cambiamento può avere importanti conseguenze globali. Rallentare la deforestazione in Brasile, ridurre le emissioni in Cina, contenere la povertà in India o trovare una soluzione alla scarsità d’acqua in Africa, avrebbe impatti immensi. “I parametri Esg sono fondamentali quando si investe nei Paesi in via di sviluppo e, se i prossimi cinque anni devono essere gli anni dei mercati emergenti e di frontiera, saranno anche gli anni degli Esg”, spiega John Malloy, direttore Emerging and Frontier Markets della società di gestione finanziaria Rwc Partners. Una serie di fattori ha contribuito a questo accresciuto interesse di investimenti Esg soprattutto in Asia. Gli sviluppi normativi, i codici di stewardship, le linee guida per la gestione del rischio Esg hanno convito molti investitori a cercare imprese che potessero soddisfare questi criteri, specie in settori come il tessile e l’abbigliamento, che da anni cerca di intervenire sulla schiera di terzisti. Meno appeal invece per l’Africa, dove il contesto politico, la corruzione diffusa e l’interesse soprattutto in settori critici e difficilmente monitorabili come il minerario rendono arduo l’uso di questi criteri.

Uno strumento inadeguato per economie emergenti?

«I Paesi emergenti sono soprattutto oggetti di investimento, raramente investitori», spiega Francesco Bicciato, segretario generale del Forum per la Finanza Sostenibile. «Se possono avere rendimenti elevati sono però esposti a rischi geopolitici più elevati». Inoltre monitorare i criteri Esg risulta complesso. «Per Paesi autoritari come la Cina, la variabile S, sociale, è estremamente difficile da monitorare», continua Bicciato. «Non abbiamo strumenti di regolazione, una tassonomia che vale anche per i paesi più vulnerabili. C’è un enorme gap normativo da colmare». Naturalmente gli investitori più seri conducono analisi nelle imprese su cui investono per garantire che i criteri siano rispettati anche in quegli Stati dove la tutela dell’ambiente, la trasparenza o i diritti umani non sono all’ordine del giorno. «Sono però meccanismi volontari. Il rispetto degli SDGs o del Global Compat però possono essere delle buone basi minime». Ma bisogna fidarsi dell’impresa locale, spesso presa nell’incudine di tenere bassi i costi di produzione e allo stesso tempo di fornire performance non-finanziarie necessarie per soddisfare i criteri di sostenibilità. La situazione però potrebbe cambiare.
La pressione degli investitori dell’Unione Europea (Ue) e degli Stati Uniti che investono nei mercati emergenti esercita un’influenza importante. Sostenendo il ruolo del giornalismo investigativo, degli enti terzi di verifica, delle ong che si occupano di monitoraggio (dai diritti umani in fabbrica alle violazioni delle leggi ambientali da parte delle corporation) si può dare uno slancio a questi strumenti che potrebbero accelerare il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, anche nei Paesi a basso reddito.

Alternative agli Esg

C’è poi chi sostiene che i criteri Esg non siano idonei per investire in economie emergenti o in Paesi vulnerabili. Secondo Giovanna Melandri, presidente di Human Foundation e alla guida della Social Impact Agenda per l’Italia, intervenuta sul Corriere della Sera, «Esg è un’autodefinizione e spesso in negativo: non inquino, non sfrutto i lavoratori, non genero impatti negativi. Mentre la sfida dell’impact investing (o investimento a impatto) è avere come obiettivo la generazione di valore», sostiene l’ex ministra. Questo tipo di investimenti sono maggiormente orientati da driver etici che rispecchiano le convinzioni dell’investitore e hanno un notevole impatto sul processo d’investimento assegnando, dunque, un ragguardevole peso non solo all’aspetto economico ma anche a quello sociale. In soldoni investo in un’impresa che ha come obiettivo specifico la riduzione delle emissioni (“fa del bene”) rispetto ad imprese che emettono meno di altre (“fa meno male”). Inoltre in questo caso l’impatto è parte della core mission dell’azienda e quindi si maggiore sono i profitti più elevati sono gli impatti positivi. Si tratta di investire in società estremamente innovative, che cercano soluzioni per il futuro e quindi anche meno sensibili al ciclo economico.

Al momento l’interesse nei paesi più vulnerabili rimane soprattutto per progetti di micro-credito e micro finanza, per la creazione di sistemi cooperativi. «C’è un uso troppo salvifico e retorico della finanza sostenibile che intercetta la finanza dello sviluppo», spiega Francesco Petrelli, Presidente di Oxfam Italia. «Sembra che il privato ora, improvvisamente, possa risolvere quello che è stato disatteso dagli impegni internazionali di Aps. Ma se vediamo i dati Ocse, gli indicatori mostrano un ruolo della finanza privata ridotto, marginale».

Manca anche tanta ricerca sul tema. «Non ci sono analisi sulla finanza sostenibile sull’Africa, e ancora poco sul tema del microcredito», continua Bicciato. «Va rilevato invece un ruolo della cooperazione multilaterale, con la Banca Mondiale e l’African Development Bank che hanno emesso impact bond nel continente Africano». Sul tema dell’impact investment c’è tantissimo da fare, vista la grande creatività di imprese sociali e green africane e latino americane, come dimostra il fermento di città come Lagos o Medellìn. Una cosa è certa, la vecchia finanza e la vecchia industria sono al tramonto. C’è da capire quanto velocemente sorgerà la nuova alba.

 

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. E’ Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019),Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018) “Che cosa è l’economia circolare” (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center  IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.

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