La “finanza climatica” può rilanciare l’economia africana
Rinnovabili, piani di adattamento, rimboschimento. Per l’Africa il Green Deal passa soprattutto dai fondi Onu, dalle banche multilaterali e gli investimenti privati. Vigotti, RES4MED: «Il potenziale per le rinnovabili è enorme». Serve più fiducia dagli investitori
Per molti la domanda è chiara: la crisi economica legata alla pandemia Covid-19 comprometterà gli sforzi per contrastare una crisi più grande, quella dei cambiamenti climatici, specie in molti paesi africani, dove già le risorse scarseggiavano? “Paradossalmente la pandemia Covid-19 ci ha dato un’opportunità unica di ripensare e rinnovare i nostri sistemi economici e sociali in modi che non solo ci aiutano ad affrontare meglio i cambiamenti climatici, ma ci spingono anche verso un futuro più sostenibile e resiliente”, sostiene Patricia Espinosa, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), intervenuta all’evento Leadership Dialogue organizzato dal Green Climate Fund (Gcf) a latere della settantacinquesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Una visione condivisa da molti leader interventi all’evento da tutto il mondo.
In questa fase, come ben dimostra l’Europa, con l’intenzione di allocare il 37% del Eu Next Generation e del budget pluriennale 2021-27 a progetti per la decarbonizzazione, attuare politiche di ripresa che siano fortemente connotate da piani per un’economia a basse emissioni e circolare può essere una leva win-win che sta mobilitando l’interesse di banche multilaterali, fondi privati e sovrani, agenzie di cooperazione, imprese. Numerosi capi di stato africani, in particolare il ruandese Paul Kagame, hanno ribadito l’urgenza di strumenti di blending, dove la leva del pubblico e del multilaterale possa fomentare investimenti privati in energie rinnovabili, progetti di tutela della biodiversità piani di adattamento, efficientamento energetico e progetti industriali circolari.
“Nel periodo post-Covid-19, il nostro obiettivo non dovrebbe essere solo quello di recuperare e costruire meglio, ma di farlo in modo da mitigare gli effetti del cambiamento climatico”, ha affermato il presidente etiope Sahle-Work Zewde ad inizio Settembre durante la cerimonia di lancio del Global Center on Adaptation africano. «Non c’è miglior promemoria della necessità di intraprendere un’azione urgente contro l’impatto devastante del cambiamento climatico a cui stiamo assistendo», ha osservato Zewde.
Uno degli strumenti più importanti per mobilitare risorse, secondo vari intervistati, è il Green Climate Fund. Solo quest’anno sono stati finanziati per l’Africa una serie di nuovi progetti, come Resilient Landscapes and Livelihoods Project, per l’adattamento al cambiamento climatico in Etiopia, il piano Aser, per l’elettrificazione solare nelle aree rurali in Senegal, un piano per la resilienza idrica nei sistemi agro-pastorali in Sudan. L’obiettivo di mobilizzare 100 miliardi l’anno per la finanza climatica entro la fine del 2020 rimane un obiettivo che dovrà essere riverificato. Ma in numerosi piani di recovery europei si parla anche di investimenti pubblici all’estero per progetti di solare e idrogeno in Nord Africa e per l’eolico in alcuni paesi chiave come il Kenya. Questo potrebbe produrre un’importante leva finanziaria e allo stesso tempo attivare imprese africane, sostenute da banche nazionali che vedono l’opportunità di finanziare questo tipo di progetti.
Grande Muraglia Verde
Il 7 settembre i ministri dell’economia di 11 paesi africani della regione del Sahel si sono incontrati per ribadire come l’attuazione della Grande Muraglia Verde, una visione ambiziosa per creare una striscia di vegetazione larga 15 chilometri e lunga 8.000 chilometri nella regione subsahariana, possa essere una delle leve per far ripartire l’economia post-Covid-19 e creare fino a dieci milioni di posti di lavoro.”Ora è il momento di rinvigorire il Grande Muraglia Verde per stimolare l’economia che è stata devastata dalla pandemia”, ha detto ai giornalisti in una conferenza stampa il ministro dell’ambiente nigeriano Mohammad Mahmood Abubakar, ribadendo come la Nigeria abbia impegnato importanti finanziamenti per l’ambiente come parte del suo pacchetto di recupero.
Secondo la società francese di consulenza Climatekos dal 2007 sono stati ripristinati quasi 18 milioni di ettari di terreno nella più ampia regione del Sahel, di cui circa due terzi in Etiopia, ma solo quattro sono stati realizzati all’interno della fascia della Muraglia Verde, solo il 4% dell’obiettivo totale per il 2030. A oggi l’iniziativa ha creato 90 milioni di dollari di entrate e creato 335.000 posti di lavoro diretti e indiretti nell’agricoltura e nelle attività pastorali, nella conservazione dell’acqua e del suolo, circa il 3% dell’obiettivo 2030. «Questa iniziativa non ha ancora gli investimenti necessari», ha dichiarato Amina Mohammed, vice segretario generale delle Nazioni Unite. “L’Onu deve dare un aiuto per sfruttare i finanziamenti di altri partner internazionali”. Per i ministri dell’ambiente anche il settore privato deve agire per rendere questo progetto realtà.
Investimenti Privati
Secondo i funzionari dell’African Development Bank (AfDB), il continente può diventare un leader mondiale nelle energie rinnovabili, attirando importanti capitali da tutto il mondo. Con una capitalizzazione di 208 miliardi di dollari, la AfDb ha già portato a 25 miliardi gli investimenti finanziari per il clima. “Quasi il 50 per cento dei nostri finanziamenti andrà all’adattamento al clima invece che alla mitigazione del clima. Quindi siamo la prima banca di sviluppo multilaterale a raggiungere effettivamente quell’equilibrio in termini di adattamento e mitigazione”, ha affermato il presidente dell’AfDB Akinwumi Adesina. Con il 17,2% della popolazione globale e solo il 4% per cento delle emissioni, il continente africano deve investire sia in azioni di adattamento, come il progetto Muraglia Verde, sia nello sviluppo di energie rinnovabili, colmando il gap dell’energy divide.
“Credo che il carbone sia il passato. Credo che l’energia rinnovabile sia il futuro e noi come banca stiamo investendo non nel passato, ma nel futuro per assicurarci di investire nell’energia solare, nell’energia idroelettrica, nell’eolico, in tutti i tipi di energia rinnovabile che l’Africa ha bisogno”, ha detto Adesina in un’intervista a ReliefWeb. Per questo servono una molteplicità di meccanismi, come il Climate Investment Funds (Cif), il più grande strumento di finanziamento climatico multilaterale del mondo, istituito nel 2008, con cui la AfDB, tramite 866 milioni di dollari di investimenti hanno sfruttato 12,6 miliardi in cofinanziamenti privati. Il potenziale energetico è enorme, sostiene il secondo il Segretario Generale della fondazione RES4MED, Roberto Vigotti, intervistato da Oltremare. “Per soddisfare la domanda sempre crescente di energia, l’Africa dovrà aumentare la capacità energetica installata dagli attuali 230 GW a 550 GW entro il 2030 e a 924 GW entro il 2040. Traducendo queste cifre in investimenti, raggiungere l’accesso universale all’energia entro il 2030 e mantenerlo fino al 2040 richiederà investimenti pari a circa 120 miliardi di dollari all’anno in nuove infrastrutture elettriche, 100 dei quali destinati alla regione sub-sahariana”. Si parla di valori quattro volte superiori a quelli attuali, capitali che i classici canali di finanziamento pubblico non sono in grado di mobilitare: per questo, l’Africa ha bisogno di un significativo incremento di investimenti privati. “Cuore di questi investimenti devono essere le tecnologie rinnovabili, che grazie alla continua diminuzione dei costi, all’affidabilità delle tecnologie e all’abbondanza di risorse naturali di cui gode il continente, rappresentano la soluzione più competitiva, sicura e sostenibile per garantire l’accesso all’elettricità alle aziende e famiglie africane”, conclude Vigotti.
Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. E’ Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019),Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018) “Che cosa è l’economia circolare” (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.