Sfruttamento minori, un fenomeno in peggioramento
Sfruttamento sessuale, cyberpornografia, baby soldati e schiavi lavoratori. La crisi economica legata alla pandemia ha peggiorato la situazioni. E’ importante intervenire con task force, osservatori e centri per riabilitare le piccole vittime della tratta.
Go-go bar, karaoke, social media come Facebook o Tiktok, app di dating come Tinder. Nel sudest asiatico, come in Europa o in America latina i canali di reclutamento di minorenni per scopi sessuali sono innumerevoli. I ruffiani sono spesso uomini ma nelle cronache non mancano le donne, spesso ex-prostitute, poco più che ventenni, che diventano a loro volta sfruttatrici di ragazzini e ragazze spesso undici-dodicenni. Schiavi del sesso o schiavi veri e propri, soprattutto i maschi, sfruttati sui pescherecci d’alto mare o per mestieri pericolosi, dalla pulizia dei silos alla manutenzione degli ingranaggi delle fabbriche. Fino al mestiere più pericoloso: i baby soldati, ragazzini e bambini trafficati per diventare soldati e milizie, soprattutto in Africa centrale.
Lo sfruttamento sessuale rimane al primo posto tra i circa 10 milioni di bambini e ragazzi under 18 vittime di tratta o sfruttamento, costrette di fatto in condizioni di schiavitù. Sono un quarto di tutti gli esseri umani sfruttati e ceduti illegalmente. Una realtà perlopiù sommersa che, rispetto a un così grande numero di minori coinvolti, trova conferma nei pochi dati disponibili sui casi segnalati nel 2019 da 164 paesi del mondo, più di 108.000, il 23% dei quali relativi a minorenni e, in 1 caso su 20, addirittura a bambini con meno di 8 anni. Si tratta di bambini e adolescenti spesso privati anche del diritto all’educazione visto che il 10% non ha mai frequentato la scuola e circa un quarto non è andato oltre la scuola media.
Sono soprattutto le bambine e le ragazze le vittime – circa il 66% del totale dei casi – spesso inserite in un meccanismo totalitario di abuso e controllo. Secondo la letteratura scientifica tra il 55 e il 90 delle giovani schiave del sesso viene brutalizzata, stuprata e umiliata al fine di rafforzare il controllo di papponi e mamasan. La provenienza è sempre la stessa le aree più povere e depresse del paese. Ad esempio dalle aree rurali del Nepal circa 5-10mila minorenni ogni anno vengono vendute in India, dove le sono molto ricercate. In Indonesia si superano quasi le 80mila bambine vendute ai bordelli. La Tailandia rimane invece uno dei principali hub del traffico organizzato internazionale, ma mancano dati accurati. Secondo il ministero di giustizia tailandese il traffico di minori raggiunge circa il 70% del totale dei casi di sfruttamento scoperti dalla polizia.
Oltre la prostituzione è in forte aumento il consumo di pedopornografia, anche tramite nuovi canali legati a social come instagram e TikTok. Secondo la Commissione Europea la domanda di materiale pedopornografico sarebbe aumentata durante il lockdown fino al 30% in alcuni Stati membri dell’Unione. Numeri che fanno accapponare la pelle. Questi orchi però spesso non sono solo consumatori passivi di questo materiale, scambiato spesso attraverso chat nella darknet. Quasi in terzo sono coinvolti direttamente nelle azioni di coercizione ed estorsione sessuale che coinvolgono i minori. Emergono anche nuovi offender, famiglie già sotto la soglia di povertà che hanno visto peggiorare le condizioni economiche e che hanno trovato nei siti di incontri erotici, video chat porno una possibilità di reddito vendendo figlie e figli.
Combattere la tratta, la sfida etiope
Cercare di controllare questo mercato illegale non è semplice. Per il mondo della cooperazione serve intervenire su eradicamento della povertà, miglioramento dell’istruzione, assitenza all’infanzia. Ma non è semplice smantellare una rete criminale potente quanto quella della droga.
Numerose organizzazioni lavorano molto sul sostegno ai bambini sottratti alla tratta. Getachew Bereda, cooperante di Save the Children ha allestito nella città etiope di Dire Daua un centro per prevenire il traffico di bambini e la migrazione giovanile, allestendo anche una task force operativa. «Lo scopo principale della costruzione di questo centro è garantire che i bambini colpiti dalla tratta vengano al centro incolumi e ricevano sostegno psicosociale e medico», spiega Bereda. «Ci sono indicatori che la copertura del traffico di minori sia in aumento a livello mondiale, anche in Africa e nel nostro Paese, l’Etiopia. In particolare, troviamo che la proliferazione dei social media (Internet) sta contribuendo all’aggravarsi di questo problema, soprattutto tra gli adolescenti sia nelle aree rurali che urbane. Di conseguenza, il problema è diventato molto serio». Dati recenti mostrano che il traffico di bambini a Dire Daua è in aumento. La maggior parte dei bambini emigra da West Harrege, East Harerge e le vicine Woredas (provincie), principalmente dalla zona di Harer. La maggior parte dei bambini ha un’età compresa tra i 9 ei 13 anni. Dire Daua è un corridoio di transito per la migrazione. La tratta usa le stesse rotte. «IL lavoro della task force è salvare i bambini dalla strada. Abbiamo coinvolto la polizia, l’autorità stradale, l’assistenza sociale oltre che i nostri dipendenti». Ma la sfida non è facile. Per una città pattugliata, tante altre rimangono sprovviste di presidi come la task force di Bereda.
L’Italia non è esclusa dal fenomeno
Anche in Italia tratta e sfruttamento coinvolgono minori giovanissimi e l’emergenza Covid-19 ha reso le vittime ancora più isolate e difficilmente raggiungibili. Nel rapporto “Piccoli schiavi invisibili”, di Save the Children si offre una fotografia aggiornata della tratta e dello sfruttamento dei minori in Italia, con una attenzione specifica per le vittime del sistema dello sfruttamento sessuale e della loro vulnerabilità, anche in relazione all’impatto dell’emergenza per la pandemia di Covid-19. In Italia, tra le 2.033 persone prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2019, la forma più diffusa di sfruttamento resta quella sessuale (84,5%) che vede come vittime principalmente donne e ragazze (86%). Nonostante l’emersione sia molto più difficile nel caso dei minori, ben 1 vittima su 12 ha meno di 18 anni, il 5% meno di 14. Sono soprattutto ragazzine di origine nigeriana (87%), ivoriana (2,5%) e tunisina (1,9%), la regione con più casi emersi è la Sicilia (29,8%), seguita da Liguria (14,3%), Campania (9,3%) e Piemonte (13,7%). Ma non manca anche lo sfruttamento lavorativo minorile, con oltre 240 casi, nel settore terziario. Sfuggono però le tante vittime del cybersex. L’emergenza Covid-19 ha visto trasformare alcuni modelli tipici della tratta e dello sfruttamento dei minori. I gruppi criminali dediti allo sfruttamento sessuale in particolare sono stati ovunque rapidissimi nell’adattare il loro modello operativo attraverso l’uso intensivo della comunicazione online e dello sfruttamento nelle case, “indoor”. Un allarme che non può rimanere inascoltato.