Cop15, l’ultima possibilità per l’ambiente
Dal 7 al 19 dicembre a Montreal si tengono i negoziati Onu per definire un piano decennale per la biodiversità, il Post-2020 Global Biodiversity Framework, con una serie di obbiettivi specifici e misurabili volti a tutelare le specie e i servizi ecosistemici che forniscono, fondamentali per la sopravvivenza dell’uomo
Arrestare la perdita di biodiversità è fondamentale per la salute umana e per la sicurezza economica e alimentare. Con questo obbiettivo avrà luogo la Cop15, la Conferenza delle Parti firmatarie della Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità– che avrebbe dovuto tenersi ad aprile a Kunming, in Cina – ma per via di continui rinvii causa Covid in corso a Montreal in Canada fino al 19 dicembre. I negoziati dovranno definire un piano decennale, il Post-2020 Global Biodiversity Framework, con una serie di obbiettivi specifici e misurabili volti a tutelare le specie e i servizi ecosistemici che forniscono. Oltremare seguirà da vicino i lavori e fornirà un riassunto dettagliato con il numero di gennaio.
Cosa ci si aspetta alla Cop15 di Montreal
Da trent’anni i governi si riuniscono per garantire la sopravvivenza delle specie e degli ecosistemi, essenziali per la sopravvivenza umana. L’Earth Summit di Rio nel 1992 ha dato avvio oltre alla convenzione per il clima e quella sulla desertificazione, anche a quella sulla biodiversità. Lo scopo della convenzione sulla biodiversità è fare in modo che ogni Paese protegga le risorse naturali e i servizi ecosistemici, attraverso un uso sostenibile del suolo, delle foreste e delle risorse naturali a disposizione.
Ogni dieci anni i governi cercano di definire obiettivi sulla protezione della biodiversità. L’ultimo accordo è stato raggiunto nel 2010 alla Cop10 a Nagoya, in Giappone, quando i governi si sono impegnati a dimezzare la perdita di habitat e ad espandere le riserve naturali fino al 17% della superficie terrestre mondiale entro il 2020. Hanno fallito su ogni punto. Secondo il report Global Outlook on Biodiversity 5 nessuno dei 20 target prefissati per la decade 2010-2020 è stato interamente raggiunto. Sulla biodiversità manca il consenso e l’attenzione mediatica della convenzione sorella sul clima.
Al momento di pubblicare questo articolo, a ridosso della 15 Conferenza delle Parti, addetti ai lavori, attivisti e scienziati rimangono scettici sul risultato del negoziato. Se da un lato la High Ambition Coalition spinge per il famoso risultato di preservare almeno il 30% del pianeta come area protetta, un gruppo nutrito di Stati, dagli Usa (che non hanno mai ratificato la Cbd, la Convenzione sulla Biodiversità) all’Argentina, rimane restio a voler cedere su questo tema visti i grandi interessi del settore agroalimentare ed estrattivo, nonostante scienziati e attivisti chiedano un aumento ad almeno il 50% del totale del pianeta. Sarà da capire se Lula deciderà di fare un nuovo show in Canada, come accaduto a Cop27 e mostrare che il Brasile, da sempre “cattivo” sul tema della biodiversità, sia davvero intenzionato a cambiare pagina sulla deforestazione. E se la nuova Special envoy on biodiversity americana, Monica Medina, sia in grado di trovare ascolto da parte del presidente Biden.
L’avanzamento del post-2020 Global biodiversity framework è progredito lentamente durante gli ultimi due negoziati intermedi e ci sono alcuni punti estremamente contenziosi, dal finanziamento per la tutela della biodiversità (la società civile chiede mille miliardi di dollari l’anno) al diritto intellettuale sul patrimonio genetico. Soprattutto manca la presenza dei capi di stato: l’unico presente è Justin Trudeau, il presidente canadese, padrone di casa, mentre la Cina, nonostante abbia la presidenza della Cbd manderà solo Huang Runqui, Ministro cinese dell’ecologia e ambiente (e presidente di Cop15). Senza un forte mandato politico è chiaro che l’accordo di Cop15 potrebbe risultare molto debole. Per l’Italia parteciperà la viceminstra dell’Ambiente Vannia Gava, al posto del ministro Gilberto Pichetto Fratin.
Cop15, perché è importante preservare la biodiversità
“La biodiversità ha raggiunto un declino mai così veloce nella storia dell’uomo” è il crudo allarme del Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services, realizzato nel 2019 dall’Ipbes, la Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici. Secondo il report oltre un milione di specie sarebbero a rischio, sulle circa 8,7 milioni di eucariote che si stima esistano. Una rapida estinzione: in media, le popolazioni globali di mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e rettili sono crollate del 68% tra il 1970 e il 2016, illustra Living Planet Report 2020 del Wwf e della Zoological Society of London.
“Ogni giorno si scoprono nuove specie e ogni giorno ne perdiamo qualcuna”, spiega Gianfranco Bologna, membro del comitato sul Capitale Naturale presso il ministero della Transizione Ecologica e Presidente della comunità scientifica del Wwf Italia e tra gli autori del libro “Una Terra Per Tutti” (ed. Ambiente 2022). “Attualmente sono catalogate circa 2 milioni di specie stando ai dati più recenti. Per questo il lavoro di mappatura è fondamentale a livello locale e globale per capire i tassi di estinzione reali, comprendere quali tesori stiamo perdendo e se è una priorità per la conservazione”. I dati sono innegabili: la biodiversità, la ricchezza di vita sulla Terra si sta depauperando.
Cop15 accelererà la tutela delle foreste
Città, impollinatori, aree marine, sono tra i tanti temi che verranno affrontati nel negoziato e nei tanti side event di Cop15. Ma particolare attenzione andrà ad un tema chiave che lega il negoziato sulla biodiversità con la Cop sul clima: la tutela delle foreste. Un tema su cui la cooperazione italiana sta guardando con interesse. Infatti il governo italiano ha finanziato nell’ultimo decennio diverse iniziative sulla conservazione delle foreste e il ripristino degli ecosistemi, ad esempio mediante piantagioni di alberi o attività di contrasto agli incendi forestali, in vari paesi del Sud del mondo, soprattutto con progetti in Africa subsahariana ma anche con iniziative in altre regioni del Mondo, come l’America Latina e il Sud-est asiatico.
Dal 2016 le attività di cooperazione sono finanziate e realizzate principalmente dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), seguendo le politiche e le direttive stabilite dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci). “Stiamo esaminando le attività e i progetti passati o in corso, sulla conservazione delle foreste e il ripristino della copertura arborea, al fine di ottenere approfondimenti e lezioni apprese per migliorare il lavoro futuro dell’Agenzia sul tema più ampio della ecosystem restoration, di cui si è inaugurata la decade lo scorso 2021”, spiega Lorenzo Orioli, funzionario tecnico professionale presso l’Ufficio Ambiente ed uso del territorio di Aics.
Gli ecosistemi forestali e la copertura arborea in generale, soprattutto se di specie autoctone, offrono molti vantaggi in termini di mantenimento della diversità biologica, vegetale ma anche animale, e possono rappresentare risorse chiave per i percorsi di sviluppo sostenibile, o per fornire soluzioni più efficaci e basate sulle capacità della natura di assorbire il carbonio o mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici (le cosiddette nature based solutions) nei Paesi a basso o medio reddito. La protezione di aree ad elevata ricchezza in specie forestali poi, può rappresentare una leva per l’ecoturismo, in Africa come in America Latina, mentre la promozione dell’integrazione tra coltivazioni e mantenimento della copertura forestale, ad esempio con la certificazione di prodotti deforestation-free, può essere un approccio per dare un valore aggiunto a colture tropicali, come caffè o cacao. “Il tema della protezione della biodiversità potrà essere una delle priorità per il lavoro dell’Agenzia nel prossimo decennio“, continua Orioli. Un lavoro non solo locale ma coordinato con gli sforzi nazionali e internazionali, inclusi quelli che nasceranno con Cop15 e che sono nati all’interno della Unfccc “Tali programmi dovrebbero essere meglio allineati e contribuire agli sforzi internazionali e alle iniziative globali o regionali, ma mantenendo allo stesso tempo forti collegamenti e un impatto positivo diretto sui paesi partner in cui l’Agenzia opera grazie alla sua rete di sedi estere”. Tra le iniziative da sostenere la riforestazione e l’afforestazione (ovvero nuove piantagioni di specie arboree autoctone su terreni dove la copertura arborea è scomparsa da lunghissimo tempo o su ex-terreni agricoli oggi degradati), la definizione dei diritti di possesso della terra, con particolare attenzione verso i popoli indigeni, e quindi lo studio per incorporare mezzi di sussistenza alternativi per gruppi che altrimenti potrebbero veder ridurre alcune opportunità economiche dagli ecosistemi protetti, la valutazione ex-ante dell’idoneità di aree destinate al ripristino di aree forestali degradate o per nuovi impianti arborei multifunzionali finalizzati alla lotta contro l’erosione del suolo e in più in generale, alla lotta contro la desertificazione.
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. E’ Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019),Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018) “Che cosa è l’economia circolare” (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.