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Così il Covid-19 ha messo in ginocchio la sostenibilità del turismo africano

Gli effetti della pandemia sulla tenuta del comparto turistico si sono fatti sentire subito: a rischio i mezzi di sostentamento di 24 milioni di famiglie

I numeri e le stime li ha dati all’inizio di luglio la commissaria dell’Unione Africana per le infrastrutture e l’energia, che ha anche la delega per il turismo, Amani Abou-Zeid. In tre mesi di chiusure globali collegate alla risposta internazionale per limitare il progredire del Covid-19, il settore africano del Travel & Tourism ha perso 55 miliardi di dollari.  Come altrove nel mondo, a pagare di più nel continente sono state le compagnie aeree, che hanno visto un calo del fatturato del 95%. Ma il crollo del turismo, che fino a poco tempo fa rappresentava, nel complesso, il 10% del Pil africano, ha inciso sui redditi di 24 milioni di famiglie, che proprio da questo ambito ricavavano quanto necessario per la vita di ogni giorno.

Il paradosso, ha ricordato ancora la commissaria Abou-Zeid, è aver registrato questo calo verticale in un momento in cui tutti i parametri volgevano verso l’alto. Solo lo scorso anno, citando il World Travel & Tourism Council (Wttc), l’Africa aveva visto crescere l’intero comparto del 7,1%, con ricavi per 168 miliardi di dollari. Una cifra modesta se confrontata con altre aree del mondo, ma pur sempre la conferma di una tendenza che prometteva di creare occupazione e ricchezza per milioni di persone.

Elefanti nel Kruger Park ©InfoAfrica

La pandemia ha cambiato tutto e sta lasciando sul tappeto un numero per ora imprecisato di imprese e cancellando preziosi posti di lavoro, nonché preziose rimesse in valuta pregiata per le casse dei singoli Stati. Con l’aggravante, per l’Africa, che non esiste in realtà un turismo interno in grado di sostituire o anche parzialmente integrare le perdite derivate dai mancati arrivi internazionali. “Tra perdite economiche e perdite di posti di lavoro, è stato un colpo molto duro” ha ammesso Abou-Zeid.

Un colpo che potrebbe lasciare senza ossigeno compagnie aeree, tour operator, pezzi del sistema ricettivo, e che alla lunga potrebbe avere conseguenze anche su grandi progetti infrastrutturali, come la costruzione di aeroporti, a causa dell’assenza di una domanda sufficiente a giustificare i costi.
Così, se negli anni scorsi interi Paesi erano usciti dalle mappe turistiche per problemi di sicurezza e instabilità, con drastiche riduzioni in termini di afflussi nel Sahel, in Tunisia, in Egitto, adesso è l’intero continente che rischia di essere cancellato dall’industria del turismo, costretta a leccarsi le ferite e a trovare alternative a una situazione disastrosa e di portata globale.  In Africa, tali alternative sono difficili da trovare, benché ci sia chi ci sta provando.

Il Marocco, per esempio, è uno dei Paesi che più aveva puntato sul turismo e che più ha pagato tra marzo e giugno. Secondo quanto riporta un rapporto del governo di Rabat, in Marocco su 3989 strutture ricettive solo 520 sono rimaste aperte in questi tre mesi. A partire dal 20 marzo, data di inizio del lockdown, le cancellazioni si sono susseguite a ritmi da catastrofe. Uno studio della Confederazione nazionale di settore stima che il Paese nordafricano vedrà un calo del 39% nelle prenotazioni e una perdita di oltre 13,85 miliardi di dollari tra il 2020 e il 2022. Se si considera che il turismo è la seconda voce dell’economia marocchina e rappresenta l’11% del pil, si hanno le misure di quanto è successo. Dal Marocco, tuttavia, è arrivata la notizia di un accordo con la Svizzera per favorire lo sviluppo del turismo sostenibile nella regione di Béni Mellal-Khenifra. L’intesa vuole fornire agli attori locali strumenti che consentano di rafforzare la competitività e l’accesso ai mercati internazionali dei settori inclusi nella catena del valore del turismo. Punto essenziale è il rafforzamento del capitale umano attraverso l’attuazione di un programma inteso a migliorare la gestione degli alloggi e l’accoglienza dei visitatori nel rispetto dei principi di sostenibilità e sostenere la preparazione per le attività professionali in linea con la situazione post-Covid-19.

Kruger Park, Sudafrica © InfoAfrica

Altri Paesi hanno provato a fare formazione. Il governo keniano ha stretto un accordo con Facebook dando l’avvio a un programma rivolto alle migliaia di piccole e medie imprese che operano nel turismo per potenziare i loro sforzi di marketing e costruire una presenza online in grado di creare collegamenti nuovi con il pubblico e con potenziali clienti. Sempre il Kenya ha puntato sulla promozione con safari virtuali. “I turisti internazionali non possono venire in Kenya – ha detto il segretario del ministero del Turismo, Najib Balala – perché il Paese è completamente isolato. Abbiamo così pensato di allestire un tour virtuale per coinvolgere i turisti”. Una strada questa seguita anche dal Rwanda e dall’Angola. Il Rwanda Development Board, in collaborazione con The Ellen Fund, Dian Fossey Gorilla Fund e Habitat XR, ha elaborato un documento virtuale per trasferire su video l’esperienza di fare trekking tra i gorilla di montagna stando seduti a casa.

L’Angola ha invece reso disponibile online la collezione d’arte ospitata dal Memoriale António Agostinho Neto, uno dei monumenti emblematici di Luanda, intitolato al primo presidente dell’Angola indipendente.  C’è chi ha puntato sugli sconti, come l’Egitto, che ha previsto riduzioni sul costo dei visti turistici e sul biglietto di ingresso nei siti archeologici e nei musei. E c’è infine chi ha addirittura annunciato investimenti: emblematico il caso di Radisson. Il gruppo alberghiero internazionale dovrebbe realizzare sei nuovi alberghi in cinque Paesi africani nei prossimi mesi, confermando la propria strategia di espansione nel continente nonostante la pandemia. Con i nuovi alberghi – che sorgeranno in Mali, Nigeria, Ghana, Etiopia e due in Sudafrica – il gruppo arriverà a gestire quasi 100 hotel in 32 mercati africani.

Un segnale positivo che però non scioglie i dubbi. Con gli aeroporti fermi, le ripartenze a singhiozzo e una capacità di resilienza limitata, il settore turistico africano rischia di pagare un prezzo molto alto. Un prezzo non ancora calcolabile e fissabile in un dato, semplicemente perché la pandemia è ancora in corso.

 

Biografia
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.
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