In corsia c’è “Docteur Car”, il robot che ti salva la vita
Controllato da remoto, è stato messo a punto dagli studenti dell’università di Dakar. Convinti che per ridurre i contagi bisogna automatizzare. E pronti a guardare all’Italia
Si chiama Docteur Car e non è un medico qualunque. Parla quattro lingue e soprattutto è un robot. Azionato a distanza, fluente in inglese, francese, pulaar e wolof, si muove nelle stanze di isolamento consegnando farmaci, cibo e termometri. Input da remoto, perché ai tempi del nuovo coronavirus contatto vuol dire rischio di contagio.
“L’idea è stata ridurre le interazioni dei medici con i malati che presentano sintomi lievi” spiega uno degli inventori, Mohamed Gueye, studente di ingegneria meccanica a Dakar, all’Ecole Supériore Polytechnique dell’università Cheikh Anta Diop. “Attraverso una app, dalla sala di controllo, Docteur Car può essere pilotato a distanza e rivolgersi ai pazienti in più lingue”.
Messo a punto grazie al contributo dell’ingegnere elettronico Ismaïla Deme e dell’esperto in telecomunicazioni Mouhamadou Lamine Kebe, il progetto è stato presentato a fine aprile al Centre des Opérations Sanitaire gestito dal ministero della Salute del Senegal: con un successo tale che è stato poi messo subito alla prova all’Hôpital National de Fann, centro di riferimento universitario per le malattie infettive dove oggi sono i ricoverati pazienti affetti dal Covid-19. Nella struttura, con un bacino di utenza di circa un milione e mezzo di persone, con al lavoro oltre 600 operatori, tra i quali 114 medici e 361 infermieri, Docteur Car si sposta di stanza in stanza. Finendo tra l’altro anche su Covid-Free Partecipatory Toolkit, un portale nato in Italia per raccontare e sostenere le soluzioni dell’Africa nella lotta al coronavirus.
“Il robot è una di quelle innovazioni che si mantengono in un ambito di fattibilità abbastanza spinta” commenta per Oltremare Federico Monica, urban planner dello studio di architettura e sostenibilità Taxibrousse, uno degli ideatori del sito. “Senza componenti tecnologiche costose, grazie a una collaborazione tra vari dipartimenti dell’università di Dakar, molto attiva sul fronte Covid-19, si è riusciti a costruire sistema elementare ma molto funzionale”.
Secondo Monica, “in un’ottica di cooperazione circolare lo scambio tra università è interessante”. Il presupposto sarebbe però liberarsi da un approccio ormai obsoleto, che presuppone un rapporto donatore-beneficiario o comunque livelli di sviluppo non paragonabili tra loro. “Appena scattata l’emergenza coronavirus diverse università del Nord del mondo hanno cominciato a dare le loro linee guida su come produrre i gel idroalcolici” ricorda Monica: “In realtà negli atenei del Senegal o del Togo si stava già facendo lo stesso”.
Oggi lo scambio di idee sarebbe auspicabile e soprattutto possibile. “In generale le attività di fab-lab e innovatori si sono sviluppate in contemporanea e con analoghi risultati a quelli europei” dice l’esperto di Taxibrousse. “Come Covid-Free stiamo preparando un progetto per il networking e l’accelerazione di alcune di queste startup; e ci sono idee legate a centri di ricerca che sembrano promettenti e potrebbero ispirare ricerche simili in Italia”.
All’Ecole Supériore Polytechnique, prima che il robot fosse dotato di telecamere e istruito in quattro lingue, su richiesta del ministero della Salute era stata avviata la produzione di gel idroalcolico. In origine Docteur Car era stato immaginato proprio per automatizzare la distribuzione di bottigliette. Il progetto, con l’app per il controllo a distanza, è una ricaduta di un programma nazionale sovvenzionato dalla Délégation à l’Entrepreneuriat Rapide: gli inventori senegalesi avevano trascorso cinque settimane di soggiorno studio a Draper, in un’università della Silicon Valley, frequentando corsi di imprenditoria.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Vaticana, Radio In Blu e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
www.vincenzogiardina.org