Inclusione finanziaria e rimesse, due facce della stessa medaglia
C’è un filo che lega le rimesse, lo sviluppo e l’inclusione finanziaria che nemmeno la pandemia di covid-19 è riuscita a spezzare. Anzi, l’emergenza ha mostrato come le rimesse siano decisive e resilienti nei momenti di difficoltà.
C’è un filo che lega le rimesse, lo sviluppo e l’inclusione finanziaria che nemmeno la pandemia di Covid-19 è riuscita a spezzare. Quando il nostro amico Felipe, la nostra amica Fatima mandano a casa i frutti del loro lavoro in Italia e dei loro risparmi, fanno un’operazione che facevano gli italiani emigrati in America o in Nord Europa solo pochi decenni fa. Inviano speranza, risorse per far studiare, per acquistare beni di prima necessità, per costruire un futuro a chi è rimasto. Questo filo nel 2020, secondo i dati diffusi da Banca Mondiale, si era affievolito dell’1,7% come conseguenza diretta della pandemia e dei suoi effetti sul mondo del lavoro. Nel 2021 farà invece segnare a livello globale una crescita del 7,3% raggiungendo (sono ancora stime) i 589 miliardi di dollari. Un numero significativo, ancor più se si considera che per il secondo anno consecutivo il totale delle rimesse dirette verso Paesi a basso e medio reddito (con esclusione della Cina) supererà la somma di investimenti diretti esteri (Fdi) e aiuti allo sviluppo (Oda). Sono soldi anche tra i più “tassati” al mondo, su cui gravano in media commissioni per il 5,5%. Una media che nasconde un ampio ventaglio: il Paese dove costa meno spedire le rimesse è il Messico (3,7%), mentre l’Africa subsahariana resta la regione dove spedire soldi costa di più (8%).
Il tema è stato affrontato anche nell’ambito del G20 a presidenza italiana e rientra nel più vasto campo dell’inclusione finanziaria su cui proprio il G20 ha attivato la Global Partnership for Financial Inclusion. Di fatto, quello delle rimesse è un paragrafo rilevante all’interno del capitolo sviluppo e il peso esercitato dalle commissioni sui trasferimenti di denaro incide sui diritti dei migranti, a cui è dedicata ogni anno una Giornata internazionale il 18 dicembre.
“Le rimesse sono uno strumento fondamentale per lo sviluppo e sono anche uno strumento capace di fornire risposte nelle situazioni di emergenza, come dimostrano i dati; a fronte della pandemia di Covid-19, le rimesse sono state decisive e resilienti” dice ad Oltremare Daniele Frigeri, direttore del Centro Studi di Politica Internazionale (CeSPI) e dell’Osservatorio nazionale sull’inclusione finanziaria dei migranti. Benché il legame tra inclusione finanziaria e rimesse sia evidente, far entrare questo concetto nella stanza dei bottoni non era affatto scontato. “L’Italia nel corso della sua presidenza del G20 c’è riuscita – sottolinea Frigeri – ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia e ha riaperto il tavolo del Remittances Working Group di cui CeSPI fa parte insieme agli operatori di settore, al Ministero degli Esteri e al Ministero dell’Economia e delle Finanze”. Un tavolo centrale perché coinvolge gli operatori finanziari in un percorso virtuoso su temi come la trasparenza e la chiarezza delle informazioni, così da migliorare l’offerta a favore dei migranti.
La Giornata internazionale dei migranti
Quest’anno, la Giornata internazionale dei migranti è stata dedicata alle potenzialità insite nei movimenti che da sempre hanno contraddistinto l’umanità. Come sottolinea l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che il 6 dicembre ha celebrato i suoi 70 anni di attività (è stata fondata il 6 dicembre del 1951), i migranti contribuiscono con le loro conoscenze, reti e competenze a costruire comunità più forti e resilienti. Un’ampia gamma di fattori continua a determinare il movimento delle persone. Sono movimenti volontari o forzati a causa dell’aumento dell’entità e della frequenza di disastri, sfide economiche e povertà estrema o conflitti. Circa 281 milioni di persone erano migranti internazionali nel 2020, il 3,6% della popolazione mondiale. Tutto ciò, evidenzia ancora Oim, influenzerà in modo significativo le caratteristiche e la portata della migrazione in futuro e determinerà le strategie e le politiche che i Paesi devono sviluppare per sfruttare il potenziale della migrazione garantendo al contempo la protezione dei diritti umani fondamentali dei migranti.
A fronte di queste tendenze e di queste potenzialità, una informazione precisa e puntuale sui fenomeni migratori da una parte (come fa per esempio Unesco in un progetto con l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, l’Aics, e il ministero degli Esteri italiano in otto Paesi africani) e una sempre maggiore tutela dei diritti dei migranti dall’altra parte, possono contribuire ad attualizzare le politiche migratorie ma anche a correggere quelle distorsioni che colpiscono le rimesse, uno dei frutti più preziosi di chi va a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato.
D’altra parte, i dati di Banca Mondiale indicano chiaramente che se il flusso delle rimesse è tornato a crescere, con prospettive positive anche per il 2022, c’è ancora strada da fare sul piano delle commissioni, soprattutto per l’Africa subsahariana; esaminando il peso delle rimesse in alcuni Paesi del continente, è assolutamente lampante l’entità del problema e il macigno rappresentato da quelle commissioni. In totale, l’Africa subsahariana chiuderà il 2021 con rimesse pari a 45 miliardi di dollari (+6,2% rispetto all’anno precedente). La Nigeria è il primo Paese in termini di volumi, ma ci sono altri Paesi per i quali ricevere più o meno rimesse vale una buona parte del prodotto interno lordo: in Gambia i risparmi inviati a casa dai migranti all’estero valgono il 33,8% dell’economia nazionale, in Lesotho il 23,5%, a Capo Verde il 15,6%, nelle Comore il 12,3%. “Sul tema delle commissioni, l’Africa paga anche il fatto di essere la regione dove si è più indietro in termini di inclusione finanziaria” conclude Frigeri. “Le nuove tecnologie stanno aiutando a cambiare questo quadro, consentendo a chi non ha un conto in banca di poter comunque utilizzare altri sistemi come i telefonini per ricevere denaro. In generale servirà una grande azione di educazione finanziaria e digitale”.
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.