
La storia di Malik Touré: “A ‘Casa mia’ realizzo mobili Made With Italy”
Dal Senegal a Pontedera e poi di nuovo in Senegal. Parla l’imprenditore-artigiano, ospite di Italia Africa Business Week, cresciuto con l’aiuto dei colleghi e il supporto della Cooperazione Italiana.
“Ho cominciato spingendo gomme, ma avevo tanta voglia di lavorare e in poco tempo sono diventato un jolly: conoscevo tutti i macchinari e tutti i passaggi, anche per la finitura all’italiana”. Malik Toure, 54 anni, è un imprenditore artigiano del mobile. È nato a Dakar, la capitale del Senegal, e a Dakar è tornato. Nel mezzo c’è l’Italia, dove ha messo su famiglia e ha imparato molte cose. “Ero dalle parti di Pontedera” racconta a Oltremare del suo arrivo in Toscana, dopo un viaggio difficile e alcuni mesi a Napoli in cerca di un’opportunità: “Lungo la strada c’era una fila di capannoni e fabbriche, una dopo l’altra; quando mi sono avvicinato al portone dell’ultima mi hanno fatto entrare e poi detto che, sì, avrei potuto provare”. È il 1999. Cominciano giornate lunghe, dieci, 12 e spesso anche 13 ore di lavoro, dalla mattina alla sera, dal lunedì al sabato. “A un certo punto mi sono detto: conosco bene le fasi e i processi di produzione, sono capo officina, vorrei mettere su qualcosa di mio”. Ecco l’idea: mobili di qualità, italiani e con un tocco di Senegal. “Ho cominciato mettendo da parte la tredicesima per acquistare una macchina per falegnameria” ricorda Toure, “e nel 2014 ho aperto la mia impresa a Dakar, insieme con mio fratello, che viveva ancora lì”. Gestire da lontano, con ordini, scadenze e incombenze quotidiane, risulta però complicato. “Un problema centrale era la formazione degli artigiani” sottolinea l’imprenditore. “È così che ho deciso di offrire periodi di vacanza ad alcuni colleghi specializzati italiani: l’idea era che andassero a Dakar ad agosto per insegnare il mestiere ai ragazzi la mattina ed essere liberi di godersi la città e il mare con le famiglie il pomeriggio”.
Il principio è quello della mutualità e dell’aiuto reciproco. Che da solo per non basta. Serve qualcosa in più, un supporto anche economico.
La risposta per Toure e i suoi artigiani arriva partecipando a un concorso per Pasped, un programma dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) che supporta startup e idee imprenditoriali innovative, con business plan, formazione e un’attenzione particolare a persone migranti e diaspore. “Mi avevano raccontato dell’opportunità e ho fatto domanda” ricorda Toure: “Per avere un prestito attraverso i canali bancari tradizionali andavano offerte garanzie che avrebbe potuto dare solo chi del prestito non aveva bisogno”.
In poco tempo il credito permette di crescere. “Ho potuto acquistare macchinari, raddoppiare la produzione e avviare la formazione per i giovani” dice Toure, che ora lavora anche in rete con il governo, offrendo percorsi di specializzazione e di reinserimento sociale a persone ex detenute e dando un impiego a 20 artigiani. Della sua esperienza l’imprenditore parla a Roma, in occasione dell’ottava edizione di Italia Africa Business Week (Iabw), un forum promosso dall’associazione Le Réseau che favorisce incontri in una prospettiva di co-sviluppo. E tra Italia e Senegal si divide ancora Toure. La sua azienda si chiama “Casa mia”, in italiano, “in omaggio al mio Paese adottivo”, spiega. La figlia Khady studia a Firenze, ha appena compiuto 25 anni e si sta laureando in Economia aziendale.
Pasped è un acronimo e sta per “Programme d’Appui au Secteur Privé e à la Création d’Emplois au Sénégal”. In una prima fase dell’iniziativa, fino al 2023, sono state sostenute 195 imprese, garantiti oltre 7mila impieghi e supportati nella creazione o nel consolidamento delle loro attività più di 50 gli imprenditori della diaspora. “Il progetto è finanziato dall’Unione europea e realizzato dall’Agenzia in co-delegazione con Cassa depositi e prestiti e in collaborazione con il ministero della Microfinanza e dell’economia sociale e solidale del Senegal” sottolinea Fabio Strinati, dirigente Aics, al fianco di Toure in uno dei dibattiti di Italia Africa Business Week. Al forum interviene anche il titolare del dicastero partner a Dakar, Alioune Dione. Parla di “made in Africa”, con la necessità di trasformare i prodotti nel continente e non limitarsi all’export di materie prime, e allo stesso tempo di “savoir-faire” italiano: “Importarlo”, dice, “favorirà uno sviluppo sostenibile”.
Un ruolo lo possono avere anche le comunità con esperienze di migrazione, riprende Strinati. Che dà appuntamento per sabato 22 febbraio, alla sesta edizione del Summit nazionale delle diaspore, un’iniziativa finanziata dalla Cooperazione italiana e realizzata con Le Réseau e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim): “Sarà un momento di confronto, sintesi e condivisione”, dice il dirigente, “per rafforzare le associazioni, favorendone il ruolo di ponti e supportando la loro partecipazione nella cooperazione allo sviluppo”.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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