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Patrimonio culturale e capitale naturale, l’esempio dell’Albania

Il recupero del patrimonio culturale e del capitale naturale è un concetto che si sta affermando nel mondo della cooperazione allo sviluppo e l’Italia ha messo già a disposizione competenze e know-how, come dimostra il caso dell’Albania.


Il recupero del patrimonio culturale e del capitale naturale in un’ottica di sviluppo anche turistico-economico è un concetto che si sta affermando nel mondo della cooperazione e per il quale l’Italia ha messo già a disposizione competenze e know-how. Basti ricordare le azioni condotte in Libano nel restauro del Museo nazionale di Beirut, in Giordania, dove sono stati portati avanti progetti per mitigare i rischi di crolli nel sito di Petra o, ancora, in Bolivia, dove si sta assistendo il governo nell’istituzione di un centro di restauro a La Paz.

Qualche tempo fa, proprio su Oltremare, era stato Emilio Cabasino, che all’interno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) si è occupato di patrimonio e attività culturali e che oggi è alla guida della sede Aics di Amman, a sottolineare come il tema del recupero del patrimonio culturale non è secondario e ha anzi una doppia valenza: innanzitutto è un recupero della propria storia, tema particolarmente sentito in Africa; ed è poi una strada da seguire in termini di prosperità, di sviluppo di filiere come quella del turismo sostenibile o ancora del design anche industriale (tessile), della produzione musicale, della produzione video, della creatività nella sua accezione più ampia. Il punto dolente però c’è: non è facile identificare il patrimonio culturale come fattore di sviluppo. “Anche nel dibattito internazionale sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile (noti con l’acronimo inglese SDGs) il tema della cultura non è stato identificato come un settore prioritario a cui attribuire tale riconoscimento” aveva detto in quella occasione Cabasino. Nonostante le battaglie condotte dall’Unesco, il tema della cultura non rientra in uno specifico SDG, ma è trasversale. La domanda è perché? La risposta risiede in un binomio, quello tra cultura e sviluppo, che non sempre è evidente, al contrario di quanto avviene in altri ambiti della cooperazione più “misurabili” come la sanità oppure l’agricoltura.

Immersioni sub per la nave Po, Crediti Celim

Facilmente misurabile è però un’altra variabile cara alla cooperazione: la variabile della salvaguardia ambientale. E un luogo dove l’impegno a sostegno del recupero del patrimonio storico-culturale si unisce a quello dell’ambiente e dello sviluppo è la vicina Albania, dove da tempo la Cooperazione porta avanti forme di collaborazione all’interno di una strategia che va anche oltre i confini nazionali e che è ritagliata sulle esigenze di un Paese che sta crescendo a passo deciso e che anche per questa ragione è sempre più sensibile ai temi della sostenibilità.
Nel sud del Paese, immersa nelle acque antistanti Valona, riposa la Po, nave ospedale affondata nel corso della seconda guerra mondiale e oggi adagiata a poche decine di metri di profondità nell’area marina protetta di Karaburun Sazan. Grazie a una attività dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), eseguita dalla ong Celim e dal professor Marco Gemignani dell’Accademia Navale di Livorno, è stato condotto un lavoro di ricerca storiografica sul patrimonio sottomarino della baia e sono state prodotte inedite immagini a 360 gradi della nave Po, oggi fruibili nel Centro Multimediale della Cooperazione Italia Albania Vision, un centro espositivo innovativo, ideato dalla sede Aics di Tirana e aperto di recente al pubblico sul lungomare di Valona.

Le vicende della Nave Po (già chiamata Wien e poi Vienna) percorrono i primi decenni del secolo scorso, fino all’ultima grande guerra, e raccontano di una imbarcazione costruita a Trieste tra il 1909 e il 1911, quando la città era ancora parte dell’Impero austro-ungarico, e poi a più riprese utilizzata dalla marina italiana su rotte africane e asiatiche. “Le riprese della Nave Po sono state l’occasione per condividere le eccellenze dell’Italia in materia di recupero e valorizzazione del patrimonio storico – racconta ad Oltremare Manuel Castelletti, referente del Celim a Valona – e rientrano in un progetto più ampio, NaturAlbania, che ha lo scopo di tutelare e far crescere il patrimonio e il capitale naturale albanese promuovendo allo stesso tempo un tipo di turismo sostenibile”. Il progetto, di durata triennale (la conclusione prevista è a luglio 2022) raccoglie il testimone di una precedente iniziativa, Natura 2000, eseguita da Aics Tirana con fondi dell’Unione Europea e completata nel 2019, che ha permesso la creazione dell’Agenzia Nazionale delle Aree Protette albanese, un presidio oggi fondamentale per la salvaguardia del patrimonio ambientale locale e la sua valorizzazione. E questo modello di cooperazione è stato replicato anche in Kosovo e in Bosnia ed Erzegovina.

 

Formazione ranger Rapa Valona su monitoraggio tartarughe con Oasi Wwf

“NaturAlbania è parte di una programmazione coerente e ragionata della Sede Aics di Tirana, che guarda all’impatto regionale dell’impegno italiano nei Balcani Occidentali e che identifica nel capitale naturale e nel patrimonio culturale due asset imprescindibili per lo sviluppo sostenibile dell’area, nella prospettiva di integrazione europea” dice Stefania Vizzaccaro, direttrice della sede Aics di Tirana. “Aics Tirana si fa portatrice di una visione di ampio respiro che sta dando ottimi risultati anche in Bosnia ed Erzegovina e Kosovo con le iniziative NaturBosnia e NaturKosovo”. Due sono le anime di NaturAlbania: una, la Green, riguarda le zone montuose e vede soprattutto l’impegno di Vis, Cesvi e Università di Trento; l’altra, la Blue, con Celim capofila, riguarda le zone costiere e coinvolge anche Vis, Cesvi e Università di Genova. In entrambi i casi lo scopo è di rafforzare il ruolo delle istituzioni nazionali e regionali e delle comunità locali nella gestione delle aree protette con particolare attenzione alle zone caratterizzate da bacini idrici.

“Preservare e valorizzare gli ecosistemi naturali in un momento di crescita economica dell’Albania comporta un indispensabile lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica” sottolinea Stefania Vizzaccaro. “Da un lato, si rafforzano le piccole e medie imprese locali e si creano start-up e nuovi posti di lavoro, dall’altro lato si promuove la diffusione di un’altra cultura, più consapevole dell’importanza di scoprire e vivere l’ambiente in modo sostenibile”. Legare il tema dell’ambiente a quello di un turismo responsabile e in grado di creare occupazione e sviluppo, soprattutto in un contesto economico che sta procedendo a ritmo serrato e che proprio per questo porta con sé un quadro non sempre sostenibile, è dunque un assioma tanto semplice quanto importante. Ed è il pilastro attorno al quale si regge NaturAlbania nei suoi cinque assi di azione (per quanto riguarda le attività Blue): tutela delle tartarughe marine attraverso la creazione di un centro di recupero e il monitoraggio dei luoghi di nidificazione; valorizzazione della storia militare della baia di Valona e del Paesaggio protetto di Vjosa-Narta; redazione di un piano di sviluppo sostenibile per la zona di Himara-Porto Palermo; promozione del turismo sostenibile attraverso il sostegno del birdwatching e della pesca-turismo; sviluppo di un piano di gestione per la Laguna di Zvernec.

Una tartaruga Caretta Caretta

“Interessante il lavoro che abbiamo fatto con il Celim sul birdwatching con Taulant Bino, che è a capo della Albanian Ornithology Society (Aos)”, dice ancora Castelletti, ricordando un episodio che fa vedere quelle che possono essere le potenziali ricadute positive delle azioni intraprese. “Con Bino è stato organizzato un corso di formazione aperto anche a guide turistiche. Una di loro, Aurora Zylaj, ha già cominciato a lavorare con turisti locali e stranieri venuti proprio per fare birdwatching nell’area di Scutari, in una zona dove solo pochi anni fa a causa della caccia selvaggia condotta in particolare da turisti stranieri, si stava assistendo a una pericolosa riduzione della biodiversità e che invece oggi vediamo rinascere anche grazie ad iniziative di questo tipo”. Non più a caccia senza regole (tra l’altro da alcuni anni è in vigore una moratoria) ma attrezzati di binocoli per osservare e proteggere. “Una filosofia – conclude Castelletti – che è poi la stessa che anima le iniziative sulle tartarughe marine, in particolare sulle Caretta caretta, per le quali sarà realizzato un centro di recupero con la formazione di veterinari locali grazie alla collaborazione dell’Università di Bari e di cui stiamo mappando le aree di nidificazione in collaborazione con il Wwf di Policoro. Due sono le certezze che abbiamo lavorando a difesa della natura: fa bene a tutti noi e crea anche occupazione attraverso la crescita del turismo sostenibile”.

 

Biografia
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.
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