Somalia: coltivare pace e sviluppo ripartendo da Università e Cooperazione
A quasi 30 anni dalla caduta della Somalia in un vortice di violenze e anarchia, nell’ultimo anno sono emersi segnali di una possibile inversione di tendenza
Senza pace dal 1991, divisa, teatro d’azione di gruppi terroristici, attraversata da violenze che hanno causato immani tragedie umanitarie, milioni di sfollati e un numero imprecisato di morti e feriti, oltre che un futuro cancellato per intere generazioni: questa è stata di fatto la Somalia degli ultimi 30 anni.
“Eppure, dall’inizio dell’anno, stanno arrivando significativi segnali positivi, benché ancora in alcuni ambiti specifici” dice il titolare della sede di Mogadiscio dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), Guglielmo Giordano, parlando con Oltremare. “Si è trattato di un miglioramento tecnico – aggiunge Giordano – con ottimi sviluppi in alcuni settori, legati ad iniziative di esponenti di governo. Per fare degli esempi, progressi sono stati compiuti sul fronte della pesca, della sanità, della parità di genere, della finanza”.
Certo, sul tavolo restano ancora da affrontare le grandi sfide che stanno impedendo alla Somalia di tornare a essere un Paese stabile. Una delle principali, probabilmente, è riuscire a far dialogare le autorità del governo federale con gli Stati membri della Federazione. “Una carenza di dialogo – ammette lo stesso Giordano – che impedisce di concentrare gli sforzi alla lotta al terrorismo e al ripristino di quelle condizioni di sicurezza necessarie a far decollare il settore privato, considerato fondamentale per un concreto salto in avanti dell’economia somala”.
Se questo è il quadro che emerge attraverso un osservatorio importante e presente sul territorio come quello di Aics, è opinione generale che gli sviluppi regionali dell’ultimo anno e mezzo hanno avuto e ancora hanno effetti positivi anche in Somalia. “Innegabili sono le ricadute con il segno più derivanti dalla pace firmata tra Etiopia ed Eritrea” sottolinea Vittorio Colizzi, presidente della Commissione scientifica congiunta italo-somala. “La pace ha indubbiamente aperto prospettive diverse anche in Somalia, dove nel frattempo non sono mancati sviluppi a cui l’Italia – con la Cooperazione e con il tessuto del Sistema Paese – ha dato un grande contributo: mi riferisco soprattutto alle prime lauree dell’Università nazionale della Somalia, a Mogadiscio, che ha ripreso le sue attività proprio grazie all’Italia e che nel 2019 ha sfornato i primi 135 laureati dopo una lunga pausa”.
D’altra parte, il futuro e il presente della Somalia passano necessariamente per le risorse umane e soprattutto per i giovani.
“Far ripartire e far funzionare la nostra università non è stato un traguardo facile da raggiungere considerando la situazione del Paese – ha sottolineato in un’intervista ad Africa e Affari, Mohamed Ahmed Jimale, rettore dell’Università nazionale somala – ma l’obiettivo finale è stato alla fine raggiunto grazie al continuo incoraggiamento morale e materiale dei miei amici e colleghi italiani”.
L’Università, fondata nel 1969, aveva smesso di funzionare nel 1990 e nell’arco di 20 anni aveva prodotto tra i 25 e i 30.000 laureati. Riaperta nel 2014, oggi l’Università dispone di nove facoltà (giurisprudenza, economia, veterinaria, agraria, medicina, scienze sociali, ingegneria, studi islamici, giornalismo) ed è l’unica struttura pubblica, a fronte di un centinaio di realtà private, spesso di dubbia qualità, che affollano Mogadiscio. L’Università dovrebbe presto contare su un nuovo, decisivo, supporto, a sostegno del campus, da parte dell’AICS con la ristrutturazione o la ricostruzione delle Facoltà, Economato, Rettorato, etc. danneggiate dalla guerra.
Che quella delle risorse umane sia una sfida decisiva lo ha d’altronde sottolineato la stessa Banca Mondiale in un recente documento dedicato al Paese, dal significativo titolo ‘Building Education to boost Human Capital’. Nel documento, da una parte, si fanno i conti della ripresa economica del Paese, sottolineando come essa stia andando avanti – nel 2019 il Pil dovrebbe crescere a un tasso compreso tra il 3,2 e il 3,5% – ma come allo stesso tempo sia minacciata da fattori climatici e fattori di sicurezza interna; dall’altra parte, si dedica un’ampia analisi al carente sistema scolastico e alla necessità di investimenti nella formazione di generazioni nate e cresciute in un contesto di conflitto e violenze.
“Entro il 2021 si prevede che la raccolta delle entrate nazionali si avvicinerà al 5% del Pil. Ciò creerà opportunità di investimenti pubblici nelle infrastrutture e nei servizi sociali necessari, in particolare l’istruzione, in grado di ricostruire il capitale umano” riferisce la Banca Mondiale. Investire sul capitale umano, aggiunge poi l’istituzione internazionale, è considerato strategico in quanto l’unico modo per accelerare sul lungo termine la crescita economica del Paese dandole una base ampia di stabilità.
“La povertà è pervasiva in tutto il Paese, sebbene sia più alta e profonda tra i residenti rurali e i nomadi” recita il rapporto di Banca Mondiale. Molteplici privazioni negli standard di vita, istruzione, salute, acqua e servizi igienico-sanitari precari incidono sulla maggior parte delle famiglie somale e, secondo i dati ufficiali, “quasi il 70% delle famiglie subisce privazioni in due o più dimensioni legate alla povertà”.
In questo contesto non stupisce che gli indicatori relativi all’accesso all’istruzione e ai risultati di apprendimento siano bassi. Decenni di conflitti e frammentazione statale hanno lasciato il Paese con una carenza di insegnanti qualificati e infrastrutture scolastiche scadenti o assenti.
Investire nel capitale umano della Somalia sarà essenziale al Paese per sfuggire alla trappola dell’esclusione economica e a molteplici vulnerabilità, e per imboccare la strada della prosperità. Il 40% della popolazione della Somalia ha tra i 6 e i 18 anni; questo fondamentale gruppo demografico deve avere l’opportunità di acquisire le conoscenze, la salute e le competenze per diventare contribuenti produttivi all’economia nazionale.
Tante sfide quindi, e tante trappole ancora dietro l’angolo, ma anche incoraggianti segnali di fiducia. Come il Business Forum Italia Somalia, che l’Organizzazione per lo sviluppo industriale delle Nazioni Unite (Unido) terrà a Mogadiscio il 10 e 11 dicembre 2019 – in collaborazione con Aics, Ambasciata italiana e governo somalo – portando nel Corno d’Africa imprese che hanno voglia e interesse a collaborare con controparti locali, in particolare nei settori dell’agro-industria, dell’edilizia popolare, delle energie rinnovabili e della pesca.
Certo, il ripristino di pace e sicurezza restano alla base di tutto, come sottolinea ancora il rettore dell’Università nazionale della Somalia, fissando una vecchia cartina della Società Geografica Italiana, a Roma, dove lo incontriamo. “Il Corno d’Africa – dice Mohamed Ahmed Jimale – ha vissuto un continuo stato conflittuale negli ultimi 100/150 anni, motivo per cui le risorse destinate allo sviluppo sono state deviate verso l’acquisto di armamenti. Siamo in ritardo per questo. La politica avviata dal primo ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed – fresco vincitore del premio Nobel per la pace – ha cambiato le carte in tavola. Ma i nemici della pace ci sono sempre e i nemici della pace lavoreranno per minare la pace. Noi di conseguenza dobbiamo lavorare per formare i nostri giovani ed educarli anche ai valori della pace. Sono sicuro che i popoli di questa regione sono molto intelligenti e capaci di fare, hanno risorse umane e materiali. Spero – e incrocio le dita – che i nemici della pace non intervengano a ritardare o a cancellare questa spinta”.