Somalia: non ci può essere sicurezza senza sviluppo. Il ruolo decisivo delle imprese.
Nonostante le frequenti cattive notizie, ci sono segnali in Somalia che spingono ad agire in un'ottica di sviluppo, anche grazie al dinamismo del settore privato somalo.
Esplosioni, poi il triste ritmo di armi automatiche rompono il silenzio della notte di Mogadiscio. Chi vive qui quasi non ci fa caso, a volte un rumore identico può venire dal poligono usato dai contingenti internazionali nella cosiddetta area protetta, attorno all’aeroporto. Quella notte invece, tra il 10 e l’11 dicembre scorso, si è trattato di un attacco di al-Shabaab contro il Syl, un hotel situato vicino a Villa Somalia, la sede della presidenza. Dopo mesi di silenzio, al-Shabaab si è fatta così risentire e lo ha fatto ancora, sempre a Mogadiscio, il 28 dicembre, mietendo decine di morti, per lo più civili, nei pressi di un posto di blocco all’entrata della città preso di mira da un’auto bomba.
Anche questa è la Somalia che appare a un manipolo di imprese italiane che hanno risposto a un invito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido) nell’ambito di un progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics).
Dieci realtà, con una prevalenza di attori del settore agroalimentare, che per due giorni hanno preso parte al Business Forum Italy-Somalia, entrando in contatto con imprenditori somali operanti in un contesto difficile e, allo stesso tempo, con la voglia e l’esigenza di aprirsi all’esterno per crescere e creare ricchezza e occupazione, in un parola, pace.
“È ormai riconosciuto che per quello che chiamiamo sviluppo sostenibile, il settore privato è un elemento fondamentale, proprio perché guarda a una logica di profitto, purché ovviamente non passi ad una logica di sfruttamento” dice Guglielmo Giordano, titolare dell’ufficio di Mogadiscio di Aics. “Spero – aggiunge poi guardando una sala gremita di imprenditori venuti a conoscere e a discutere con i colleghi italiani – che si possa contare sulla grande capacità di adattamento delle imprese italiane anche in situazioni particolari come è quella della Somalia”
Una situazione particolare che richiede attenzione e che impone l’aiuto della comunità internazionale non soltanto secondo un’ottica di sicurezza. O meglio, come dice in un’intervista ad Africa e Affari il nuovo ambasciatore italiano a Mogadiscio, Alberto Vecchi, non ci può essere sicurezza se allo stesso tempo non si lavora sullo sviluppo. Questo il senso profondo del Business Forum di dicembre: “È sotto gli occhi di tutti – sottolinea l’ambasciatore – che la Somalia non è un Paese in cui è possibile pensare di operare in maniera autonoma, senza tenere in considerazione i diversi fattori di rischio […]. Il Business Forum infatti non è un invito alle imprese perché stabiliscano delle basi in questa parte d’Africa, è piuttosto un modo per mettere in collegamento il settore privato italiano con il dinamico settore privato somalo, all’interno di una cornice di garanzia che è rappresentata dalla nostra Cooperazione e da un’agenzia dell’Onu come Unido”. Secondo l’ambasciatore Vecchi, la domanda da porsi è essenzialmente questa: vogliamo una Somalia che continui a restare così o una Somalia finalmente in grado di imboccare un percorso virtuoso? La risposta non può che articolarsi in questo modo: “Unire all’attenzione per gli aiuti umanitari un contributo per lo sviluppo dell’economia è il primo essenziale passo per ricostruire le istituzioni e di conseguenza rafforzare la sicurezza e il progresso sociale ed economico”.
La cautela resta d’obbligo ma, come sostiene anche Riccardo Savigliano, Unido Unit Chief a capo della divisione agrotecnologica, c’è in atto una trasformazione dell’economia somala e c’è un tessuto di piccole e medie imprese che può contribuire a dare una svolta, se davvero supportato. Magari si tratta ancora di timidi segnali, su cui però un partner storico come l’Italia – sottolinea Savigliano – può costruire un sistema virtuoso di relazioni. “In altre parole – dice a sua volta Ygor Scarcia, rappresentante di Unido a Mogadiscio – in questo momento la Somalia, nonostante le mille difficoltà, offre la possibilità concreta di passare da un approccio basato sulla sola gestione di aiuti umanitari ad un approccio in cui bisogna parlare di azioni di sviluppo. C’è l’esigenza di creare valore aggiunto, c’è la consapevolezza che questo valore aggiunto possa arrivare dal settore privato”.
E facendo un esempio di collaborazione già avviata con successo, Scarcia cita la missione che lo scorso anno ha portato a Rimini, alla Fiera Macfrut, alcune realtà somale attive nel settore agroalimentare. “La loro presenza – ricorda Luigi Bianchi, chief operating officer di Macfrut e tra i partecipanti al Forum di Mogadiscio – era legata al focus che la nostra manifestazione aveva dedicato all’Africa nel 2019 ma che non verrà meno. Nel 2020, l’Africa continuerà a essere protagonista con un padiglione dedicato e ci sarà spazio anche per la Somalia che, con le sue imprese, lo scorso anno ci ha colti positivamente di sorpresa per dinamismo e accordi raggiunti”.
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