Tecnologie geospaziali e dati Fao, anche così l’agricoltura può crescere
Attraverso l’impiego di nuove tecnologie e lo sviluppo di analisi socio-economiche derivanti dai dati in possesso della Fao, l’Iniziativa Hand-in-Hand ha aperto nuovi percorsi di sviluppo pensati per ridurre la povertà nelle regioni più svantaggiate del mondo
Modelli e analisi geospaziali avanzati, un’immensa mole di dati a disposizione e un solido approccio di partnership con un obiettivo semplice e ambizioso: accelerare la trasformazione dei sistemi agroalimentari per aumentare i redditi, migliorare lo stato nutrizionale e il benessere delle popolazioni povere e vulnerabili e rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici. C’è tutto questo in Hand-in-Hand, una delle iniziative più importanti condotte dalla Fao e al centro di una serie di incontri nel recente World Food Forum, tenuto a Roma. Avviata nel 2019, l’Iniziativa Hand-in-Hand (HiH, letteralmente “Mano nella mano”) ha già raccolto risultati significativi e ha trovato campo di applicazione in oltre 50 Paesi, la metà dei quali in Africa e i restanti tra America latina, Medio oriente e Asia.
“Hand-in-Hand è sostanzialmente un meccanismo per creare partnership, è una piattaforma nata per sviluppare valutazioni migliori, grazie a tecnologie geospaziali e analisi socio-economiche e considerando anche le possibili richieste di investimenti da parte di governi, con il fine ultimo di ridurre la povertà” racconta ad Oltremare Anthony Bennett, coordinatore dell’iniziativa.
Ci sono diversi livelli e strumenti. C’è un livello legato ai software di Geographic Information System (Gis) grazie ai quali si va ad individuare, all’interno dei singoli Paesi, specifiche regioni che hanno potenzialità ancora inespresse rispetto a possibili mercati. E c’è un secondo livello di analisi, attraverso modelli economici, che consente di capire ciò che concretamente si potrebbe fare per ridurre la povertà. “Di conseguenza – continua Bennett – guardiamo alle opportunità di mercato, in particolare per i piccoli agricoltori, e ai possibili investimenti”.
Nell’ottica della Fao, l’iniziativa è in grado di produrre azioni di impatto partendo dalle certezze fornite dai dati raccolti, dalle analisi condotte e dalle relazioni che la stessa Fao è in grado di tessere. “Per realizzare quello che noi chiamiamo food system sostenibile – conclude Bennett – crediamo che il settore privato rivesta un ruolo molto importante, insieme al pubblico e alle varie componenti della società civile. Ciò che noi proviamo a fare con l’Iniziativa Hand-in-Hand è di mettere insieme il pubblico, i privati, le Ong attraverso un approccio differente, ovvero mediante investimenti mirati per ridurre la povertà”. Dati, investimenti, analisi, conoscenza del luogo; ogni attore mette sul tavolo il proprio punto di forza per un obiettivo comune.
L’Iniziativa Hand-in-Hand sostiene quindi l’attuazione di programmi ambiziosi a guida nazionale per accelerare la trasformazione dei sistemi agroalimentari al fine di eliminare la povertà (Sdg1), porre fine alla fame e alla malnutrizione (Sdg2) e ridurre le disuguaglianze (Sdg10).
Nel corso del World Food Forum di Roma, diversi Paesi hanno portato la loro esperienza, si sono confrontati con investitori istituzionali e imprese, hanno messo in mostra le filiere che potrebbero aprire importanti percorsi di crescita.
Grande spazio è stato dato all’America latina e in particolare al cosiddetto Central American Dry Corridor, un’area che si allunga tra Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua; al programma di trasformazione agricola del Bangladesh; e, ovviamente all’Africa, con particolare riguardo alla fascia saheliana.
Sulle criticità del Sahel si è soffermato Laurent Thomas, vice direttore generale della Fao, aprendo una sessione di lavori dedicata proprio a questa regione del continente africano. Thomas ha sottolineato come la regione stia attraversando un momento critico, reso difficile dalla concomitanza di diverse sfide: la pandemia, i conflitti, gli effetti dei cambiamenti climatici, la crisi economica. Tutto questo ha creato una miscela esplosiva con milioni di persone in stato di estremo bisogno. “Abbiamo bisogno di investimenti – ha detto Thomas – e investire nell’agricoltura e nell’allevamento significa investire nella resilienza”.
Necessità di investimenti e disponibilità ad aprirsi, infatti, sono state espresse da Paesi che più di altri stanno soffrendo gli effetti dell’instabilità, come il Burkina Faso. Nonostante stia attraversando una complessa fase di transizione, il Burkina Faso ha alcuni asset che intende sviluppare anche grazie all’iniziativa Hand-in-Hand, ha spiegato Halimata Cisse Sylla, economista agricola in rappresentanza del ministero dell’Agricoltura. “Abbiamo individuato cinque filiere che rispondono ai criteri della strategia di sviluppo nazionale e che riguardano la coltura del riso, dell’arachide, del sesamo, del karitè e l’allevamento bovino” ha detto Cisse Sylla sottolineando quello che è a suo parere l’asset più importante del Burkina Faso: “La popolazione giovane è lo strumento principale per la crescita dell’agricoltura”. Popolazione giovane e in crescita sono stati i punti evidenziati anche dal ministro dell’Agricoltura del Congo, Paul Valentin Ngobo, che nel suo invito a investire ha ricordato un altro fattore non di poco conto: in Congo, il 90% dei 10 milioni di ettari di terre coltivabili non è al momento lavorato. Il fenomeno è riscontrabile con percentuali diverse in tutti i Paesi africani e apre campi di collaborazione ancora da sperimentare e ampliare.
D’altra parte, come è stato sottolineato a più riprese, l’Iniziativa Hand-in-Hand dà priorità proprio ai Paesi e ai territori in cui la povertà e la fame sono più elevate, le capacità nazionali sono limitate o le difficoltà operative sono maggiori a causa di crisi naturali o provocate dall’uomo. E lo fa proponendo azioni e aree di intervento che includono lo sviluppo di catene del valore per i prodotti di base, la costruzione di processi agroindustriali e di sistemi efficienti di gestione dell’acqua, l’introduzione di servizi digitali e di agricoltura di precisione, la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari e la gestione delle sfide climatiche e dei rischi meteorologici.
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.