2020, l’anno della svolta per il clima
Il 2020 sarà un anno centrale per la lotta per fermare i cambiamenti climatici. Si parte da un fallimento, quello del processo negoziale, arenatosi tra le sale della Fiera di Madrid, lo scorso 15 dicembre, e da una vittoria, quella di Greta Thunberg e dei milioni di ragazzi in tutto il mondo che ogni venerdì scioperano per chiedere una svolta nella corsa alla decarbonizzazione. Dove l’inazione della politica e l’insufficienza della democrazia hanno creato preoccupazione, la forza attiva dei giovani ha dato fiducia. Due istanze, una dall’alto, dettata dalla complessa architettura dell’Accordo di Parigi nato in seno all’ONU, l’altra dal basso nata dalla cenere di altri movimenti e altre idee, da Seattle ai movimenti anti-nuclearisti, che si devono confrontare ed ibridare per accelerare un processo e portarlo davvero al centro dell’attenzione mediatica. I primi hanno bisogno dell’energia dei ragazzi e della volontà al compromesso, i secondi di conoscere e capire meglio i meccanismi globali dell’Accordo e capire come organizzarsi a livello nazionale per spingere i politici a realizzare NDC, gli obiettivi nazionali di riduzione emissioni, davvero ambiziosi.
Questo sarà un decennio formidabile, dove si gioca il tutto per tutto per evitare la crisi climatica e i potenziali impatti sulla nostra salute e le nostre economie. Un aumento massimo di 1,5°C delle temperature medie globali è quello che ci suggerisce la scienza. 3,2°C è la proiezione più ottimistica attuale. Rimane un divario immenso tra dove dovremmo essere e dove siamo. E tutto parte tra pochi giorni, quando inizierà il nuovo anno, e si dovrà iniziare a lavorare per aumentare l’ambizione, per ridurre le emissioni di gas climalteranti. Un lavoro da fare innanzitutto personalmente, poi a livello locale, cercando di migliorare i nostri comportamenti e il lavoro nelle nostre comunità. Ma soprattutto un lavoro da portare avanti su scala nazionale e internazionale attraverso il forum ONU dell’UNFCCC.
“Sono deluso dai risultati di COP25. La comunità internazionale ha perso un’importante opportunità per mostrare una maggiore ambizione in materia di mitigazione, adattamento e finanza per affrontare la crisi climatica”, ha dichiarato il Segretario Generale ONU, António Guterres. “Possiamo fare di più”. Il fallimento della COP25 può essere letto come un’opportunità: quella di sfruttare la frustrazione globale per la lentezza del processo e l’influenza perniciosa di pochi stati per rilanciare un processo multilaterale efficace. Italia e UK si trovano a dover prendersi carico della Presidenza COP del prossimo negoziato, una sfida non da poco. Ma che devono vincere ad ogni costo. A perderci infatti è l’umanità intera. Sebbene gli UK saranno molto probabilmente fuori dall’Unione Europea, questo sarà un momento per mostrare come i due stati possano far pesare il loro ruolo di membri del G7 e le diverse geometrie diplomatiche, con UK esposti verso l’Atlantico e l’Italia vicina all’Africa e alla Cina. Serve un grande lavoro di squadra.
La sfida di COP26 passa naturalmente anche attraverso la cooperazione. “Il clima e l’ambiente sono sempre più componenti dei nostri progetti”, ha dichiarato il direttore dell’AICS, Luca Maestripieri, intervenuto alla COP25 di Madrid. Risorse importanti per i meccanismi di adattamento dei paesi più vulnerabili, specie in Africa e per accelerare la mitigazione delle emissioni nei LDCs. È bene ricordare i progetti in Mali, Senegal e Guinea per fermare il displacement degli abitanti colpiti dagli effetti estremi del clima, creando occupazione e proteggendo le risorse idriche, anche tramite tecniche agronomiche idro-resilienti, rafforzando la resilienza delle comunità. Oppure i progetti per contrastare la scarsità idrica in Etiopia, attanagliata da mesi da una delle peggiori siccità del secolo, con il progetto “Drought effects mitigation and adaptation programme”. C’è da scommettere che nel 2020, anche con il grande incontro sul continente africano e clima, già ribattezzato COPAfrica (la data è ancora da definirsi), il clima avrà un’attenzione sempre crescente dal mondo della cooperazione. Una dote che l’Italia può e deve portare al mondo per mostrare i suoi impegni. Tutto conta per questa sfida planetaria sul clima.