Salvare il pianeta. Una sfida per cooperanti. ONG e cooperazione giocheranno un ruolo sempre più importante per arginare gli impatti ambientali, che colpiscono soprattutto i paesi più vulnerabili
«La maggior parte delle problematiche ambientali sono di natura transfrontaliera e hanno una portata globale. Possono quindi essere affrontate in modo efficace soltanto attraverso la cooperazione internazionale», le parole di Hans Bruyninckx, direttore dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, illustrano con grande chiarezza il ruolo dei cooperanti nella grande sfida di preservare i confini planetari, egregiamente elencati da Johan Rockstrom, dello Stockholm Resilence Center. Cambiamento climatico, perdita di biodiversità, variazione del ciclo biogeochimico dell’azoto e del fosforo, acidificazione degli oceani, consumo di suolo e di acqua, riduzione della fascia di ozono nella stratosfera, diffusione di aerosol in atmosfera e inquinamento chimico. Per ognuno di questi processi esiste una soglia, un confine planetario che non deve essere superata, pena la destabilizzazione del sistema. E l’anello più fragile di questo sistema è l’uomo, che ha costruito una civiltà incapace di grandi cambiamenti repentini e di adattarsi rapidamente. Dove i confini delle nazioni diventano gabbie che impediscono di migrare, in cerca di condizioni migliori. Dove le grandi infrastrutture sono esposte alla violenza delle trasformazioni del clima e la sicurezza alimentare può essere compromessa dalla perdita di biodiversità nel giro di pochi mesi. Per questa ragione la cooperazione internazionale è lo strumento primario per sostenere i paesi meno sviluppati in questa sfida per garantire i servizi naturali del pianeta alle generazioni future e offrire prosperità agli abitanti di oggi, attivando processi di innovazione, smuovendo nuove forme di finanziamento, reclutando esperti e professionisti con le competenze necessarie. Lo raccontano quattro ONG italiane che hanno fatto dei temi ambientali e del clima un pilastro della propria azione e dei propri progetti, nel pezzo “Cooperare per l’ambiente”, dove si parla di come sia necessario passare dai progetti ai programmi, attivando canali di finanziamento innovativi e di lungo termine, creando narrative intelligenti in grado di creare consapevolezza, sia tra beneficiari, sia tra i donatori e i cittadini.
In particolare Oltremare questo mese pone l’attenzione sui deserti e sul tema della desertificazione, con un lungo pezzo di Vincenzo Giardina che intervista in esclusiva Ibrahim Thiaw nuovo segretario esecutivo della Convenzione dell’Onu contro la desertificazione (Unccd). La perdita di suolo fertile interessa un’area grande due volte la Cina. Per questo servono interventi senza precedenti, come la Grande muraglia verde, una barriera di alberi lunga 8mila chilometri, che dovrà correre dall’Oceano Atlantico al Mar Rosso. Deserti che non solo diventano più estesi, ma mutano in immensi cimiteri, di persone in fuga dall’instabilità creata da cambiamenti climatici e terrorismo, come illustra drammaticamente Umberto De Giovannangeli, in un’ecatombe dove «non si sa nemmeno il numero esatto di morti». A questa lugubre e crepuscolare cronaca serve contrastare un’azione decisa, per ripristinare i diritti e garantire prosperità diffusa. Segnali interessanti arrivano dall’arte, come sempre elemento trasformatore della cultura. Gianfranco Belgrano racconta del RomAfrica Film Festival (Raff), la rassegna dedicata al cinema africano che lo scorso luglio ha celebrato la sua quinta edizione, incentrata sul ruolo delle donne. Donne che sono il motore primario del riscatto del continente e sono le guardiane della terra. E che saranno esse le leader del futuro (anzi del presente!) a prendere in mano le sorti del pianeta e della lotta contro le crisi ambientali e climatiche.
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