Circular Economy for Food
Quanto è circolare l’economia del cibo?
Mentre con la recente approvazione di uno specifico “pacchetto” di direttive l’Economia Circolare si impone sempre di più come strategia chiave per il futuro delle economie europee, per la prima volta viene analizzato il grado di circolarità di un settore fondamentale come è quello dell’industria agroalimentare. E non a caso è l’Italia a farlo.
Il ritratto “circolare” dell’agrifood italiano è ciò che i ricercatori Franco Fassio e Nadia Tecco (Università di scienze Gastronomiche e Università di Torino) propongono nel volume Circular economy for food. Con ben quaranta casi studio, analizzati sulla base degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, il libro fa il punto sull’effettiva implementazione del modello economico circolare all’interno del food system.
Un “sistema cibo” che spesso finisce al centro dell’attualità per temi – come lo spreco, le sofisticazioni, la presenza di sostanze dannose negli alimenti o il loro uso nelle diverse fasi che precedono l’arrivo degli alimenti sulle nostre tavole – che sono solo i sintomi di una insostenibilità più complessiva. Le attuali logiche di produzione e consumo del sistema agroindustriale creano profonde diseguaglianze nelle possibilità di accesso al cibo e continuano a generare impatti devastanti sugli ecosistemi e sulla società.
La diffusione di un approccio circolare invece, poiché “affonda le sue radici molto lontano, in un territorio contadino di consapevolezza dei limiti, di dialogo tra regni e, in particolare, di ascolto da parte dell’uomo della natura” (Carlo Petrini, fondatore e presidente del movimento Slow Food e dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo), porterebbe enormi vantaggi all’ambiente e ai consumatori.
I quaranta casi di eccellenza dell’agrifood contenuti nel volume, sono altrettanti esempi di come la circolarità dei cicli di utilizzo delle risorse si possa praticare nel concreto e nei diversi ambiti di e settori un sistema complesso come quello del cibo.
Tra le realtà imprenditoriali analizzate da Fassio e Tecco si trovano grandi e meno grandi player del food (Barilla, Ferrero, Lavazza, ma anche realtà di scala de tutto diversa) e del beverage (Carlsberg, Lurisia, Bacardi), aziende che attuano intelligenti strategie di valorizzazione degli scarti, operatori della grande distribuzione come Coop, soggetti che offrono servizi di ristorazione (da CIR a Autogrill, fino a IKEA), produttori, utilizzatori e riciclatori di packaging.
Riappropriandosi di un sapere antico, le aziende alimentari compiono i primi passi verso “un modello rigenerativo in senso olistico”, “in equilibrio con la natura e al passo coi tempi”, puntando sulla circolarità e aprendo la strada a innovazioni capaci di ridurre gli scarti e di migliorare l’eco-efficacia e l’efficienza di prodotti, servizi e processi.
Rapportando ogni buona pratica ai corrispondenti Sustainable Development Goals (il set di 17 obiettivi di sviluppo stabiliti a livello globale dalle Nazioni Unite per il 2030) il libro fa emergere con grande chiarezza la centralità del food system per le prospettive di un nuovo modello di sviluppo, equo e sostenibile.
Gli autori
Franco Fassio è un Systemic Designer, PhD in Cultura del Design, Ricercatore presso l’Università degli studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG), consigliere nazionale di Slow Food Italia, membro dell’Osservatorio permanente del Design ADI (Food Design), direttore del Systemic Food Design Lab – Laboratorio di analisi e progettazione sistemica (UNISG).
Nadia Tecco PhD in Analisi e governance dello sviluppo sostenibile, è ricercatrice, docente, consulente della valutazione della sostenibilità dei sistemi alimentari e della gestione delle risorse naturali. La sua esperienza professionale include incarichi presso l’Università degli Studi di Torino, il Politecnico di Torino, l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Regione Piemonte, Fondazione Slow Food per la Biodiversità.
L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG), fondata nel 2004 su iniziativa di Slow Food, è un ateneo nato per dare dignità accademica alla gastronomia e promuovere un modello multidisciplinare di studio del mondo del cibo: ad oggi oltre 2500 studenti da più di 87 paesi del mondo hanno frequentato i suoi corsi.