Il depauperamento degli acquiferi nelle zone costiere, errori da non ripetere per i paesi del bacino del Mediterraneo
Lezioni per l’uso sostenibile delle risorse idriche e la valorizzazione degli ecosistemi costieri. La protezione dei cordoni di dune, delle zone umide e delle foci fluviali sono parte integrante del mantenimento delle risorse d’acqua dolce.
L’espansione economica sfrenata delle zone turistiche adriatiche nel nord Italia durante la seconda metà del secolo scorso ha causato un eccessivo depauperamento delle risorse d’acqua dolce contenute negli acquiferi. La richiesta d’acqua dolce è stata condizionata sia dallo sviluppo industriale che dall’incremento stagionale della popolazione (turisti) e da un’agricoltura sempre più idro-esigente. In molte zone adriatiche di piana costiera (un esempio per tutti è quella Ravennate) in passato, il depauperamento delle falde idriche si è accompagnato alla distruzione delle dune costiere, alla rettificazione dei corsi d’acqua e alla bonifica delle zone umide. Il risultato è che oggi abbiamo centinaia di chilometri di una costa paragonabile ad un grande parco giochi per turisti balneari dove di naturale c’è ben poco e l’acqua la dobbiamo far venire da lontani bacini artificiali montani o addirittura da diversioni di acqua dal Bacino del Po (Canale Emiliano Romagnolo).
Il costo di tutto questo, però, non è stato trascurabile. Lo svuotamento delle falde e l’attività di estrazione degli idrocarburi ha causato negli ultimi cinquanta anni una forte subsidenza del territorio (da Venezia a Ravenna) con punte di abbassamento del suolo fino a 150 cm nel Ravennate e acque alte sempre più frequenti a Venezia. L’abbassamento del suolo accompagnato dalla distruzione delle dune costiere e delle zone umide ha reso tutta la costa molto più vulnerabile alle ingressioni marine durante le tempeste invernali. Sempre a cause della subsidenza, il pompaggio delle idrovore dei Consorzi di Bonifica è aumentato costantemente nel tempo tenendo il passo con il ritmo di abbassamento del suolo. Tra non molto l’infrastruttura idraulica e i reticoli di canali di drenaggio non saranno più in grado di fronteggiare eventi di pioggia intensa come purtroppo c’è da aspettarsi nel contesto dei cambiamenti climatici.
E la qualità dell’acqua? Il depauperamento delle acque sotterranee e lo sfruttamento del gas nel sottosuolo hanno causato, e stanno ancora causando, una progressiva ingressione dell’acqua marina negli acquiferi costieri che oggi, lungo le coste basse, sono quasi completamente salini. Questo, accompagnato dalla perdite delle naturali zone d’infiltrazione, che sono le dune al retro delle spiagge, ha portato alla perdita della risorsa locale d’acqua dolce (i pozzi di campagna che una volta usavano i nostri nonni), ad un impoverimento della biodiversità animale e vegetale nelle zone umide e alla salinizzazione del terreno agricolo con conseguente perdita di produttività.
Il gruppo di scienze della terra del BIGEA al Campus dell’Università di Bologna a Ravenna si occupa da due decenni di queste problematiche collaborando con paesi dell’area mediterranea sia in ambito di passati progetti europei (WATERKNOW con collaborazioni fra Francia, Portogallo e Marocco) che con eventuali accordi bilaterali e l’organizzazione di master internazionali. Alcuni paesi del Mediterraneo quali l’Algeria, la Tunisia e l’Egitto hanno un’economia ed un flusso turistico in espansione; si spera che in futuro a questi paesi si aggiungeranno anche Libia, Libano e Siria, comunque, per tutti la gestione sostenibile delle acque sotterranee in zone costiere è e diventerà sempre più una sfida per lo sviluppo locale. Siamo disponibili ad una cooperazione con tutti questi paesi in modo che le lezioni che abbiamo imparato qui servano ad evitare di ripetere i nostri errori.