Sguardo sulla Colombia, tra crisi migratoria e tensioni interne
Focus dedicato alla gestione dei rifugiati provenienti dal Venezuela. Ce ne parla Nicola Momentè, coordinatore regionale di Coopi per America Latina e i Caraibi.
Le sfide della Colombia attuale sono molteplici e si può affermare che spazino in tutti gli ambiti della complessa fase storica che stiamo attraversando a livello globale. Nel paese di Gabo (Gabriel Garcia Marquez) e di donne insorgenti come Policarpa Salavarrieta, i problemi non sono certo iniziati con la pandemia di Covid-19. Gli accordi di Pace firmati nel 2016 a La Avana (Cuba) dai rappresentanti delle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (Farc) e da Manuel Santos (ex presidente della Colombia e Premio Nobel per la Pace) hanno fatto sperare in un graduale abbassamento del livello di violenza multidimensionale che stringeva in una morsa tutto il Paese.
La smobilitazione delle Farc e la cessazione delle ostilità iniziate quasi sessant’anni prima non avrebbero certo risolti tutti le problematiche strutturali di un Paese stretto nella morsa del narcotraffico, dell’impunità, della corruzione e del massacro costante di difensori dei diritti umani, ma sarebbe stato un buon punto di partenza. Si sperava infatti che anche l’Esercito di Liberazione nazionale (Eln) avrebbe seguito le orme della Farc negoziando con le autorità statali. A cinque anni da quella firma però lo scenario è molto diverso da quello che molti di noi si aspettavano. Diverse dissidenze della Farc sono sorte in disaccordo con i patti dell’Avana (l’ultima è sorta nel 2019, ha preso il nome di Segunda Marquetalia ed è guidata da Ivan Marquez e Jesús Santrich), la violenza non è finita, anzi siamo di fronte ad una forte recrudescenza degli scontri e i massacri ai danni delle popolazioni native e dei leader sociali, fanno schizzare il Paese in cima alle speciali classifiche redatte ogni anno da ong internazionali. Dall’Italia abbiamo appreso nel luglio scorso della morte del cooperante italiano di 33 anni, Carmine Mario Paciolla (le tre diverse indagini sulle cause del suo decesso sono ancora in corso) e d’improvviso siamo stati catapultati dentro un Paese che vede la pace ancora come un miraggio. A questo si aggiunge l’emergenza causata dal massivo esodo di migranti venezuelani (5,6 milioni secondo l’Unhcr) dei quali quasi 2 milioni, sono proprio in Colombia.
Per un’analisi più ampia del contesto di emergenza migratoria che colpisce la Colombia ma non solo, Nicola Momentè, Coordinatore Regionale di Coopi per America Latina ed i Caraibi, ci parla proprio da Bogotà (nuova sede delle operazioni regionali di Coopi) degli interventi che vengono svolti da questa Ong in Ecuador, Perù e anche nella stessa Venezuela.
L’emergenza legata al flusso di persone venezuelane che hanno lasciato la loro patria per cercare accoglienza nel continente, interessa Paesi che non sono stati recentemente ricettori di migranti e rifugiati, ma piuttosto generatori di questi collettivi: quindi poco attrezzati a livello normativo per gestire questi flussi. Molti di questi paesi si sono organizzati intorno all’“Accordo di Quito”, che ha l’obiettivo di coordinare politiche pubbliche di risposta a livello regionale e migliorare l’effettività delle azioni che si stanno generando per rispondere a questi flussi con un focus basato sui diritti umani. Certamente la diversità normativa di partenza tra Paesi come l’Ecuador, che offrono accesso universale e gratuito a salute ed educazione, e Colombia e Perù è molto rilevante.
Coopi risponde alla crisi dal 2018, con un intervento diretto, attraverso alleanze con soci locali ed internazionali, che include l’incidenza verso i duty bearers. Questa risposta, inizialmente sviluppata nella frontiera tra Perù ed Ecuador, nella località di Tumbes, si è rafforzata e strutturata intorno ad uno studio finanziato dall’organizzazione ad inizio 2019, che ha permesso analizzare la risposta umanitaria in Colombia, Ecuador e Perù, identificando i punti da rafforzare e proponendo una scala di priorità tematica, in particolare in quei settori che caratterizzano il lavoro dell’organizzazione in aspetti legati alle persone migranti e rifugiate: Wash, protezione (assistenza legale, assistenza psicosociale, violenza di genere), abitabilità e shelter, trasporto umanitario, mezzi di sussistenza e integrazione socio-economica.
Il risultato di tale studio ha permesso a Coopi di avvicinarsi a persone venezuelane e costruire proposte (condivise con attori pubblici e della società civile locale, così come con le cooperazioni nazionali ed internazionali) che hanno portato tra il 2019 ed il 2020 al rafforzamento della risposta in Perù e all’attivazione di azioni anche in Ecuador e Venezuela. La risposta in Perù ed Ecuador segue le priorità settoriali menzionate e propone un lavoro contiguo tra la frontiera nord del Perù (Tumbes, Piura) e nella parte sud dell’Ecuador (Huaquillas, Machala), oltre ad interventi nelle due capitali (Lima e Quito) ed in altre realtà caratterizzate da alti flussi di migranti (frontiera nord e Manta in Ecuador). Nei due Paesi stiamo intervenendo grazie al cofinanziamento di agenzie delle Nazioni Unite come Unicef, Unhcr ed Oim, così come con l’Agenzia per la Popolazione Migrante e Rifugiata, parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. In Venezuela, grazie a soci locali con cui stiamo lavorando come organizzazione di secondo livello, stiamo operando in temi essenziali come Wash e protezione, con un’attenzione particolare a donne vittime di violenza di genere.
Dal 2020, in piena pandemia di Covid-19, Coopi si è attivata anche in spazi regionali di incidenza e coordinamento, partecipando nei cluster Wash e protezione dell’R4V (response for venezuelans), la piattaforma umanitaria gestita da Unhcr e Oim, che coordina la risposta alla crisi migratoria. Coopi inoltre partecipa attivamente nella Coalizione Lac Rmd (Rifugiati, Migranti, Sfollati), che unisce più di 20 organizzazioni che stanno rispondendo nel continente. In questi spazi, la nostra ong ha potuto evidenziare il problema degli sfratti forzosi che si sono generati come effetto dell’impossibilità per i venezuelani di generare ingressi economici a causa del lockdown: in questo senso, nel quadro della piattaforma regionale di protezione dell’R4V, abbiamo presentato l’esperienza e raccomandazioni di Coopi in Ecuador in questo settore in un incontro d’alto livello con la Corte Interamericana dei Diritti Umani (Cidh) svoltosi a febbraio 2021.
Il 2020 ed il 2021 hanno certamente cambiato parte delle variabili che caratterizzano la crisi: frontiere terrestri chiuse che scoraggiano (ma non bloccano) la migrazione terrestre, difficoltà sistemiche a livello macro e microeconomico nei Paesi recettori che hanno reso ancor più complessa l’integrazione sociale ed economica delle persone venezuelane.