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Cop16 bis, 30 miliardi di dollari in APS per la natura

In un'emozionante plenaria finale a Roma nelle prime ore di venerdì 28 febbraio, la presidente della COP16 Susana Muhammad, ministro dell'Ambiente uscente della Colombia, ha dichiarato: "Annuncio ufficialmente che abbiamo dato gambe, braccia e muscoli al Quadro sulla biodiversità Kunming-Montreal".

Viene lanciata così la roadmap per mobilizzare almeno 200 miliardi di dollari, da fondi pubblici, privati, filantropici e multilaterali, di cui subito 20 miliardi in APS entro fine 2025, per salire fino a 30 entro la fine del decennio. Si ribadisce inoltre la necessità di eliminare almeno 500 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi.

Per tre giorni le parti hanno discusso se rafforzare il Global Environmental Facility (GEF), il fondo Onu creato nel lontano 1992 per mobilitare risorse economiche per clima e natura, per gestire una parte dei 200 miliardi da mobilizzare oppure realizzare un nuovo Fondo, dedicato, con piena operatività post-2030.

La discussione è stata di particolare interesse per i paesi che hanno sanzioni, come la Russia o l’Iran (attivissimi durante il negoziato) dato che il GEF è considerato da questi “discriminatorio”, per il fatto di essere inaccessibile da paesi che hanno sanzioni, su mandato degli Usa che oltre 30 anni fa hanno contribuito alla sua costituzione.

Il consenso multilaterale sulla natura

La presidenza colombiana ha trovato però la quadra per poter sostenere il Montreal-Kunming Global Biodiversity Framework, l’accordo della Convenzione sulla Biodiversità approvato nel 2022 che ha l’obiettivo globale di arrestare e invertire la perdita di biodiversità proteggendo almeno il 30% delle terre e dei mari del pianeta entro il 2030. Innanzitutto impiegare il GEF ad interim, definire i principi di una istituzione nuova o riformata o esistente entro il 2026 (COP17), approvarla con il consenso entro il 2028 (COP18) e renderla permanete e operativa per il 2030 (COP19).

Il mondo politico e non-governativo ha celebrato il successo del negoziato romano, tenutosi presso la FAO, ribadendo che il processo è solido e perdura l’interesse delle parti a lavorare sulla tutela della natura.

Il Commissario europeo per l’Ambiente, la resilienza delle acque e un’economia circolare competitive, Jessika Roswall, ha accolto “con favore l’esito positivo dei negoziati globali sulla biodiversità a Roma […] Questi risultati dimostrano che, nonostante un panorama geopolitico frammentato, la comunità globale ha scelto di unirsi per arrestare e invertire la perdita di biodiversità. E lo abbiamo fatto tutti con uno spirito di compromesso, apertura e flessibilità. I Paesi di tutto il mondo hanno intrapreso questo percorso rivedendo le loro strategie e i piani d’azione nazionali per la biodiversità e fissando obiettivi nazionali. Questo slancio dovrebbe continuare”. Il negoziato è stato un esercizio di collaborazione tra EU e BRICS che apre nuovi scenari e che sicuramente in Brasile contribuirà ad un negoziato sul clima importante e che costruirà le basi per una ricongiunzione delle tre track negoziali ONU (clima, biodiversità, desertificazione) nel regime post-2030, con buona pace di chi dice che l’arrivo di Trump oblitererà le istituzioni internazionali.

Soddisfatto anche il mondo non-governativo. An Lambrechts, capo della delegazione di Greenpeace alla COP16, ha dichiarato: “un risultato utile per mantenere la fiducia affinché il divario dei finanziamenti per la natura possa essere colmato, ma è solo una faccia della medaglia, e abbiamo urgentemente bisogno di vedere anche l’altra faccia: i soldi sul tavolo“.

Mobilitazione delle risorse

Uno dei risultati importanti è la definizione della strategia finanziaria. Innanzitutto, il documento “Resource Mobilization” definisce che entro il 2030 ci dovrà essere un’istituzione finanziaria permanente per gestire almeno 30 miliardi di dollari di fondi pubblici l’anno e una strategia di valutazione e miglioramento della finanza per la biodiversità da tutte le fonti possibili. Si sottolinea l’importanza di creare nuovi strumenti e strategie in sinergia con le banche multilaterali di sviluppo (come il debt-for-nature). A patto però di rafforzare la rendicontazione: da sempre conoscere quanto si è sborsato per gli obiettivi climatici o di biodiversità è un’impresa complessa, come ha riferito il portavoce della COP, David Ainsworth.

Dunque, sarà fondamentale rendere trasparente la contabilità, tema tutt’altro che scontato, dato che alcuni paesi donatori, conteggiano gli APS su vari fronti (clima, biodiversità, cooperazione, piani strategici). Per la società civile devono essere sempre fondi addizionali e distinti per evitare il double accounting.

La roadmap è stata la soluzione di compromesso per trovare il consenso. Per chi si aspettava subito una decisione per un nuovo fondo gestito o dal GEF o da una nuova istituzione (magari con sede in un paese in via di sviluppo), toccherà aspettare. Entro la COP17, nel 2026 in Armenia, si dovranno definire tutti i criteri per la struttura istituzionale che dovrà gestire il Meccanismo finanziario ed entro il 2028 (le Cop biodiversità sono biennali) decidere la natura di questa istituzione, affinché entro il 2030 sia pienamente operativa.

Il fatto più preoccupante è stata l’assenza di nuovi pledge economici, anche simbolici. Ad oggi – sostiene il testo sul Financial Mechanism, gli aiuti economici per la biodiversità per sostenere i paesi meno sviluppati al 27 febbraio dentro il Global Biodiversity Framework Fund equivalevano a 382 milioni di dollari (nemmeno un cent dall’Italia).

Per arrivare a pledge per almeno 20 miliardi di APS entro la fine dell’anno, come da testo approvato, servirà fare pressione sia sul rifinanziamento durante il non replenishment del Global Environmental Facility (GEF-9, vedi sotto) sia sulla mobilitazione di nuove risorse pubbliche attraverso la cooperazione, con l’obiettivo di garantire una quota importante dedicata per le popolazioni indigene.

Si richiede maggiore ruolo delle banche multilaterali e, per la prima volta, si apre ad un dialogo interministeriale, tra tutti i ministeri dell’ambiente e dell’economia e finanze dei paesi COP per trovare le giuste risorse. Infine servirà una campagna internazionale dal basso per fare pressione sulle aziende del settore farmaceutico, cosmetico, allevamento animale, chimico per raccogliere soldi attraverso il meccanismo del Fondo di Cali, reso operativo durante il negoziato di Roma, che prevede che le società che usano il sequenziamento genetico digitale versino in maniera volontari l’1% dei profitti o il 0,1 del fatturato. “Le aziende interessate possono contattare direttamente il segretariato della CBD”, ha commentato la segretaria della CBD, Astrid Schomaker.

Poca attenzione al tema complesso dei sussidi. L’unica menzione è la seguente: “si sollecitano le Parti a proseguire e potenziare gli sforzi per il raggiungimento dell’Obiettivo 18, attraverso l’eliminazione totale, graduale o la riforma dei sussidi dannosi per la biodiversità, in modo proporzionato, giusto, equo ed efficace, riducendoli sostanzialmente e progressivamente, per un valore di almeno 500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, a partire dagli incentivi più dannosi, e aumentando gli incentivi positivi per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità”. Uno sforzo non facile, viste le guerre commerciali in corso e il ruolo depotenziato della WTO. Vedremo intanto cosa farà l’Italia e se le Ong realizzeranno campagne dedicate su questo tema, spesso lasciato in disparte.

Il Meccanismo Finanziario

Veniamo alla vera guerra del negoziato, che ha visto lo scontro tra EU e BRICS, ma soprattutto con paesi come DRC, Iran, Russia e Venezuela. Per quest’ultimi il GEF non è idoneo poichè “discriminatorio” sia per l’eccessiva burocrazia sia per il veto all’accesso per i paesi sotto sanzioni americane sono esclusi (Iran, Siria, Cuba, Russia, Venezuela e altri).

Per risolvere le posizioni negoziali, la Presidenza ha stabilito che fino al 2030 avrà l’interim il GEF, con il suo Trust Fund e Fondo quadro globale per la biodiversità (GBFF), creato durante COP 15 poi si deciderà se creare una nuova istituzione oppure lasciare il GEF ma debitamente riformato.

Per il GEF inizia dunque un periodo di forte revisione nel tentativo di diventare la facility prescelta, magari decidendo di cambiare sede, lasciando gli uffici al 1899 di Pennsylvania Avenue a Washington DC e accettando tutte le sollecitazioni incluse nel framework quadriennale definito dall’Annex I del documento Financial Mechanism, che combacia con il 9° replenishment del GEF (2025-2030).

Il GEF ha ascoltato attentamente le Parti della CBD e si è impegnato a migliorare continuamente per rispondere alle loro aspettative e alle loro esigenze di capacità”, ha spiegato in una nota Carlos Manuel Rodríguez, CEO del GEF, ribadendo l’esperienza positiva dell’istituzione del Global Biodiversity Framework Fund sotto l’egida del GEF. A dicembre 2024, due anni dopo la COP 15, il GBFF aveva pianificato oltre 200 milioni di dollari per 40 progetti in 41 Paesi. La famiglia di fondi GEF, nel periodo compreso tra giugno 2022 e dicembre 2024, ha approvato 3,07 miliardi di dollari per progetti a sostegno del Quadro globale per la biodiversità Kunming-Montreal. Si prevede che questi progetti possano mobilitare più di 22 miliardi di dollari di cofinanziamento, di cui 1,9 miliardi dal settore privato.

Il GEF farà tutto il possibile, nell’imminente ricostituzione del GEF-9 e attraverso il GBFF, per mobilitare e allocare in modo efficiente nuove e ulteriori risorse a sostegno del Quadro Globale per la Biodiversità Kunming-Montreal“, ha aggiunto Rodríguez. Per capire come i paesi sviluppati si vogliono orientare nel sostegno finanziario alla biodiversità bisognerà studiare con attenzione i documenti del GEF-9, dato che coprirà esattamente il quadriennio che porta al 2030.

PMMR

Le Parti hanno ulteriormente migliorato il quadro di monitoraggio per il GBF, concordato alla COP15. Il quadro di monitoraggio è essenziale per l’attuazione del Quadro perché fornisce i parametri comuni che le Parti utilizzeranno per misurare i progressi rispetto ai 23 target e ai 4 obiettivi del KMGBF. A Roma si è concordato le modalità di misurazione e gli indicatori da utilizzare. Ciò garantirà che tutte le Parti traccino i progressi in un modo che possa essere interpretato dai responsabili politici nazionali e fornirà dati che potranno essere aggregati a livello globale per fornire un quadro globale dell’attuazione del GBF.

Le Parti hanno anche preso importanti decisioni su come i progressi nell’attuazione del GBF saranno esaminati alla COP17 come parte del previsto bilancio globale. Hanno stabilito il modo in cui gli impegni di attori diversi dai governi nazionali possono essere inclusi nel meccanismo di PMRR – compresi gli impegni di giovani, donne, popolazioni indigene e comunità locali, società civile, settore privato e governi subnazionali. Prossimo appuntamento dunque nel 2026 in Armenia, per capire se sulla Biodiversità il mondo della cooperazione e privato si sta muovendo seriamente.

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. È Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019), Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018), Che cosa è l’economia circolare (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.
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