UE: lotta alle disuguaglianze, sfida imprescindibile
Massari: “Tutela e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali al centro dell’impegno internazionale ed europeo del nostro Paese”. Africa e Mediterraneo: un investimento per l’Europa.
Dal maggio 2016 l’Ambasciatore Maurizio Massari è Rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione Europea a Bruxelles. Il suo è un osservatorio privilegiato, quanto impegnativo. Alle spalle una lunga esperienza maturata sui campi più “caldi”: dai Balcani al Medio Oriente (è stato Ambasciatore a Il Cairo prima di trasferirsi a Bruxelles). Oltremare lo ha intervistato per provare a capire dove va l’Europa, le sfide che l’attendono, le priorità nella sua agenda globale.
Gli European Development Days, il più grande meeting della comunità di sviluppo in Europa, hanno avuto quest’anno come tema generale “Affrontare le disuguaglianze: costruire un mondo che non lascia indietro nessuno”. Un orizzonte ambizioso, di portata strategica. Qual è stato e quale intende essere nel futuro il contributo dell’Italia?
Le diseguaglianze sono per definizione multidimensionali e derivano da un insieme di cause (economiche, sociali, politiche, ambientali) spesso interconnesse fra loro.
Al di là dei crescenti divari di sviluppo all’interno dell’Ue (che non sono oggetto di questa intervista ma che dovrebbero preoccupare tutti), assistiamo oggi a livello globale ad un fenomeno per il quale a fronte di un innalzamento del reddito pro-capite, i Paesi in via di sviluppo conoscono un livello di diseguaglianze più alto di 30 anni fa. Ciò costituisce una sfida imprescindibile per l’Unione europea, perché tale fenomeno ostacola i processi di sviluppo, frena la crescita economica e la riduzione della povertà, mina la coesione sociale, e di conseguenza la stabilità regionale e internazionale.
L’azione dell’Italia nei confronti di questi Paesi si concentra principalmente sulla creazione di lavoro sostenibile, sulla promozione di politiche fiscali eque, e sul rafforzamento dei sistemi di sicurezza sociale. Il nostro obiettivo è quello di intervenire per favorire uno sviluppo inclusivo dei nostri partner, favorendo la nascita di un forte tessuto di piccole e medie imprese – su cui vantiamo una expertise unica al mondo – assistendoli al contempo nel consolidamento dei loro sistemi educativi, sanitari, e di buon governo.
Un filo conduttore che ha legato Exco 2019 agli EDD riguarda il tema dello sviluppo sostenibile, cercando di comprendere le cause strutturali delle disuguaglianze. Una sfida, non solo politica ma culturale, di progetti e di visioni, che chiama direttamente in causa l’Europa. Dal suo osservatorio privilegiato, ritiene che l’Europa, intesa come sistema comunitario, abbia la cognizione della centralità dello sviluppo sostenibile e si sia dotata degli strumenti, in termini di risorse e di priorità geopolitiche, adeguati per mettere in campo politiche più efficaci per affrontare le ineguaglianze?
Lo sviluppo sostenibile è un aspetto centrale nella Cooperazione allo sviluppo europea, la cui azione si concentra sull’attuazione degli obiettivi definiti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Per la loro realizzazione è stato necessario un “cambio di passo” rispetto al passato, che permettesse di superare la tradizionale dinamica donatore-beneficiario, e fissasse al contempo obiettivi di sviluppo sostenibile validi per tutti i paesi, con un coinvolgimento maggiore dei principali attori.
Il processo di adattamento delle istituzioni comunitarie a questo nuovo approccio ha richiesto tempo. Tuttavia, negli ultimi mesi si sono registrati alcuni passi in avanti nella buona direzione, grazie anche all’impulso della società civile europea. Ad esempio, a fine gennaio 2019 è stato adottato un documento di riflessione sull’attuazione dell’Agenda 2030, nel quale i tre pilastri della sostenibilità (economico, sociale e ambientale) vengono studiati e presentati in modo sinergico e bilanciato. Sul fronte interno, anche il Consiglio europeo di giugno 2019 ha fatto della sostenibilità, in particolare ambientale, uno dei punti chiave della nuova Agenda Strategica 2019-2024. Nel documento si invitano gli Stati Membri a facilitare la transizione verde e l’evoluzione tecnologica, assicurando al contempo un approccio inclusivo. L’azione dell’Unione si concentrerà dunque sulla lotta ai cambiamenti climatici, peraltro uno dei fattori legati al tema migratorio.
Sostenibilità, dunque, sia all’interno dell’Europa, sia nella sua azione esterna. Chiaramente, molto dipenderà dalle risorse allocate nel quadro del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, i cui negoziati sono ora in corso.
L’Italia, hanno ribadito a più riprese il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il Ministro per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi, guarda con particolare attenzione, e come priorità d’azione, il Mediterraneo e l’Africa, aree che Lei conosce molto bene per gli importanti incarichi ricoperti in passato. Ed anche alla luce della sua esperienza maturata sul “campo”, Le chiedo: quale ruolo l’Europa può svolgere guardando al Sud e non ritiene che sino ad oggi si sia guardato maggiormente ad Est?
Il Mediterraneo, una delle due frontiere esterne dell’Unione Europa, è da sempre il mare che unisce l’Europa all’Africa, ne lega i destini, ed è dunque fondamentale che l’azione esterna dell’Europa vi si concentri. Sud e Est non sono un gioco a somma zero. Ma non c’è dubbio che il ruolo dell’Africa diventa sempre più rilevante.
L’Africa è un continente ricco di straordinarie potenzialità umane e naturali. Ma per poterle far emergere è essenziale stimolare la dimensione economica del partenariato tra i due continenti, promuovendo investimenti – in particolare in infrastrutture e reti di comunicazione – e occupazione – attraverso la formazione professionale, e lo sviluppo di micro, piccole e medie imprese, in particolare nel settore agro-industriale. La propensione a creare impresa in Africa è la più alta al mondo – grazie allo spirito imprenditoriale dei giovani africani – così come è in crescita l’indice di attrattività degli investimenti, anche se molto è ancora da fare. La stabilità e lo sviluppo sostenibile dell’Africa porteranno certamente grandi benefici anche all’Europa.
Tuttavia, gli stessi fattori di opportunità del continente – e in primo luogo lo sviluppo demografico – costituiscono altrettante sfide. E mi riferisco in particolare al fenomeno migratorio, che richiede strumenti europei adeguati alla sua magnitudine. Si pensi soltanto che l’Africa avrà 2.5 miliardi di abitanti nel 2050. É essenziale pertanto che i fondi destinati al Fondo Fiduciario di Emergenza per l’Africa, di cui l’Italia è il secondo donatore bilaterale, siano adeguati alle sfide, e che ciascuno Stato Membro dell’Unione europea vi contribuisca equamente, affinché la risposta dell’Europa alle sfide migratorie sia non solo efficace e flessibile, ma genuinamente “comune”. I risultati realizzati dal Fondo in termini di creazione di impiego, fornitura di servizi di base, protezione di sfollati e rifugiati, rafforzamento della capacità di gestione delle frontiere, assistenza ai ritorni e alla reintegrazione vanno nella giusta direzione. Tuttavia è possibile e auspicabile fare di più.
Ci stiamo battendo in tal senso nel negoziato sul prossimo quadro pluriennale. I Paesi Africani a loro volta devono utilizzare la nostra assistenza per diventare essi stessi produttori di sicurezza, nel quadro di un partenariato paritario con l’Europa, come sancito al Vertice di Abidjan, e fondato sulla comune responsabilità.
“Costruire un mondo che non lascia indietro nessuno” significa anche riporre con forza, nelle relazioni europee e nelle partnership sviluppate a livello bilaterale o multilaterale, il tema del rispetto dei diritti umani, nella loro accezione più ampia che investe anche i diritti sociali. A che punto siamo su questo versante?
La tutela e la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali sono al centro dell’impegno internazionale ed europeo del nostro Paese. Le nostre priorità includono non solo la campagna a favore di una moratoria universale della pena di morte, ma anche la promozione del diritto all’educazione di tutti i bambini e la responsabilizzazione e partecipazione di donne e ragazze ai processi decisionali. Ma c’è molto ancora da fare. L’azione dell’Unione europea deve essere più incisiva, coerente e costante nella difesa dei diritti umani anche nei paesi con scarse propensioni democratiche. Stabilità di questi paesi e rispetto, almeno minimo, dei diritti non sono in alternativa come spesso si pensa, ma si rafforzano a vicenda.
L’azione dell’Italia a supporto dei diritti sociali si traduce in concreto in un approccio inclusivo ed aperto, che favorisce la partecipazione a livello locale, in stretta cooperazione con le organizzazioni della società civile. Su questo fronte, il nostro impegno è costante su tutti i tavoli multilaterali in cui operiamo, dalle Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa, all’OSCE, e in stretta sintonia con gli altri Paesi dell’Unione europea.
La Cooperazione internazionale è per l’Italia un pezzo essenziale del fare diplomazia, per molti versi il suo braccio operativo. E’ così anche per l’Europa, e in che modo, a suo avviso, il nostro Paese dovrebbe agire perché questa consapevolezza, con tutto ciò che ne discende, possa diventare un patrimonio europeo, a partire da Bruxelles?
L’integrazione delle politiche di sviluppo nell’ambito dell’azione diplomatica esterna dell’Unione é un obiettivo che si sta gradualmente realizzando. In Europa è in corso ora, nel quadro del negoziato sul prossimo esercizio finanziario 2021-2027, una riorganizzazione degli strumenti di azione esterna, che mira a favorire una maggiore coerenza tra le strategie e le linee finanziarie UE e le modalità di attuazione nei Paesi partner, col fine di rendere più efficace la proiezione degli interessi e dei valori europei nel mondo.
In particolare, sarà importante l’introduzione dello strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), che integrerà in un unico capitolo un buon numero di linee finanziarie attualmente separate. Tale strumento è stato concepito proprio per dotare l’Unione di un dispositivo globale, agile e flessibile, che consenta di rispondere in maniera più proficua alla complessità delle sfide internazionali.