Farnesina: a colloquio con Giorgio Marrapodi, da gennaio alla guida della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo
La riforma della Cooperazione Italiana, attuata con la L. 125 del 2014, assegna al MAECI il ruolo di individuare l’indirizzo politico e strategico della cooperazione allo sviluppo a livello internazionale. Al riguardo quali saranno gli impegni che la attendono nei prossimi mesi nella sua nuova veste di Direttore Generale?
Il 2018 si preannuncia un anno denso di impegni: dovremo lavorare per cogliere appieno i frutti dell’eccellente lavoro svolto negli ultimi mesi. Mi riferisco in particolare ai seguiti delle raccomandazioni emerse dalla scorsa Conferenza Nazionale. Dovremo dedicare attenzione al processo di aggiornamento degli indirizzi strategici contenuti nel Documento Triennale e proseguire l’impegno sul piano internazionale. In questo settore la Direzione Generale dovrà assicurare un attento monitoraggio della partecipazione italiana ai principali eventi previsti in ambito UE e ONU, un’agenda che si prevede particolarmente fitta di appuntamenti.
Vorrei inoltre ricordare il grosso impegno che si profilerà verso fine anno, quando avrà inizio l’esame del Comitato per l’Aiuto allo Sviluppo dell’OCSE, un processo che implicherà notevoli sforzi organizzativi e il cui buon esito dipenderà anche dalla collaborazione di tutti i soggetti coinvolti.
Di recente il MAECI ha deciso di intervenire in Libia attraverso la Cooperazione italiana nella realizzazione di interventi di emergenza e stabilizzazione/ricostruzione erogando oltre 20 milioni di Euro per il biennio 2016-2017. Può inquadrare la strategia politica che ha portato a questa scelta?
I nostri rapporti d’amicizia con la Libia sono ben noti e la Cooperazione Italiana opera in un quadro di antica contiguità. Non a caso siamo attualmente l’unico paese europeo ad avere riaperto l’Ambasciata a Tripoli. Tutto ciò conferisce estrema credibilità al nostro Paese, anche in un’ottica di sensibilizzazione dei partner europei a Bruxelles sulle difficoltà che il nostro vicino sta attraversando.
Ma quella in corso in Libia è anche una grave crisi umanitaria. I servizi pubblici essenziali, soprattutto in campo sanitario, sono in forte difficoltà e migliaia di migranti vivono in condizioni precarie all’interno dei Centri gestiti dalle Autorità libiche. E’ principalmente a loro che si rivolge la nostra azione.
L’Italia è impegnata a rafforzare la collaborazione con le Autorità libiche per assicurare il rispetto dei diritti umani e migliorare le condizioni di vita dei migranti, attraverso la fornitura di aiuti umanitari di emergenza in collaborazione con le Agenzie ONU (in particolare UNHCR ed OIM) e con le ONG Italiane e libiche. Nel 2017 abbiamo aumentato in misura significativa il nostro contributo umanitario portandolo a 9 Milioni di Euro. Contiamo di fornire assistenza umanitaria anche nell’anno in corso con risorse finanziarie auspicabilmente di pari ammontare. Questa azione è accompagnata da un forte sostegno allo sviluppo economico del Paese, con iniziative specifiche e calibrate.
Nella prospettiva del prossimo Documento di programmazione triennale ci sono nuovi paesi che, in futuro, potrebbero attrarre maggiormente l’aiuto del governo italiano?
Certamente continueremo a valorizzare gli ambiti geografici nei quali tradizionalmente la Cooperazione Italiana interviene, anche per non disperdere quel patrimonio di grande esperienza che ci è riconosciuto anche su un piano internazionale. Naturalmente dobbiamo continuare ad essere presenti nei paesi di nostra priorità per sostenerne i processi di sviluppo. Ciò non esclude che in futuro le nostre priorità e aree di intervento della nostra azione possano adattarsi ai mutati scenari internazionali. E questo in ossequio al principio per cui l’impegno dell’Italia è sempre volto ad assicurare la necessaria concentrazione degli aiuti laddove c’è più bisogno.
L’Italia partecipa alla definizione della politica di aiuto allo sviluppo dell’Unione europea, contribuisce al bilancio e ai fondi dell’Unione e armonizza la propria programmazione favorendo la realizzazione di progetti congiunti. Ci fornisce un aggiornamento circa le linee di indirizzo del MAECI riguardo agli strumenti finanziari europei in materia di aiuto allo sviluppo (FES, ENI, DCI) anche alla luce dell’esercizio di “Riesame di medio termine”?
La Cooperazione Italiana ha da sempre svolto un ruolo propulsivo in seno all’Unione Europea per promuovere efficaci politiche di sviluppo e siamo, nel complesso, abbastanza soddisfatti del funzionamento degli attuali strumenti di azione esterna. I meccanismi esistenti hanno dimostrato di sapersi adattare alle nuove sfide attraverso appositi elementi di flessibilità, come ad esempio, l’utilizzo dei Fondi fiduciari. Ovviamente c’è sempre spazio per migliorare la coerenza tra gli strumenti e per permettere una migliore articolazione e un più calibrato mix tra le diverse dimensioni di intervento, geografica e tematica, di breve e di lungo periodo. La natura complessa del fenomeno migratorio ha inoltre determinato la necessità di superare la distinzione netta fra intervento geografico e tematico: affrontare il tema comporta misure di emergenza e misure strutturali, attuate con soluzioni di breve periodo accompagnate dall’uso di strumenti e risorse che agiscono nel medio-lungo termine, propria delle politiche di sviluppo. A nostro avviso, il ricorso ai fondi fiduciari ha funzionato bene, anche se sono stati necessari continui rifinanziamenti. Questo è certamente un aspetto da tenere presente nell’elaborazione dei nuovi strumenti: vale in generale per le crisi protratte ma vale in modo speciale per la sfida migratoria.
L’Italia contribuisce all’esecuzione di programmi europei di aiuto allo sviluppo, attraverso la gestione indiretta in collaborazione con l’AICS (cooperazione delegata). Qual è, a suo parere, il valore aggiunto che deriva dalla sottoscrizione di tali accordi? E come potrebbe essere incrementata la collaborazione dell’Italia con la Commissione Europea e con altri Stati Membri per questo tipo di iniziative?
Dal 2012 ad oggi la cooperazione delegata si è consolidata fino a rappresentare un elemento imprescindibile della cooperazione italiana. L’operatività del MAECI/DGCS in questo ambito ha permesso all’Italia di attestarsi nel gruppo di punta dei primi quattro Stati membri esecutori della cooperazione UE, con evidenti ritorni positivi per il sistema Italia in termini di volumi di risorse disponibili per interventi di cooperazione e proporzionale visibilità politica. Ad oggi la DGCS gestisce un portafoglio di 11 programmi dell’UE, per un volume complessivo di oltre 100 milioni di Euro, a cui si sono recentemente aggiunti un progetto in Niger ed una nuova iniziativa, molto importante, a sostegno dello sviluppo socio-economico delle municipalità in Libia.
Molto è stato fatto nell’ambito del “Fondo fiduciario d’emergenza dell’Unione europea per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa”, comunemente conosciuto come Fondo fiduciario della Valletta, con una visione e un uso strategico della cooperazione delegata. Il Fondo è stato istituito nel novembre 2015 in occasione del vertice UE-Africa, tenutosi appunto a La Valletta, con l’obiettivo politico di creare uno strumento flessibile, capace di mettere rapidamente in comune fondi di più donatori sotto un cappello UE, per veicolare il messaggio di un’azione unitaria fondata su priorità condivise con i paesi partner (“spirito della Valletta”). Con 102 milioni di Euro già erogati, più impegni per ulteriori 2 milioni, l’Italia è membro fondatore e oggi secondo donatore, dopo la Germania (con 157,5 milioni di Euro). La DGCS ha saputo sfruttare le risorse veicolate dal Fondo ed i suoi obiettivi in linea con le priorità della politica estera italiana per avviare una serie di progetti di aiuto allo sviluppo nei paesi di origine e di transito dei flussi migratori nell’ambito della cooperazione delegata.
In conclusione, nella prospettiva di migliorare sempre di più il sistema degli aiuti allo sviluppo, quale auspicio formula per il futuro della Cooperazione italiana?
Vorrei innanzitutto sottolineare la solidità del sistema italiano di cooperazione, tradizionalmente strumento cruciale della politica estera del nostro paese.
Molta strada è stata fatta dalla costituzione del Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo negli anni ’80, quando il suo primo Direttore, l’Amb. Giorgio Giacomelli, intuì la necessità che la Cooperazione si aprisse alle “varie istanze economico/produttive e sociali del Paese” e sviluppasse “una strategia di presenza sul piano internazionale”1
Oggi, con la nuova legge, quella visione appare sempre più reale ed attuale: il processo inclusivo e le forme di partenariato sono parte integrante dalla riforma e dell’architettura della Cooperazione italiana.
I primi due anni di applicazione della Legge 125 sono stati caratterizzati da profondi cambiamenti, con inevitabili ristrutturazioni interne e riorganizzazioni amministrative, necessarie per mettere a sistema un insieme di attori e favorire il lavoro di squadra. Adesso la nuova Cooperazione Italiana comincia ad entrare in una fase di maturità. Lo si è visto di recente nel corso della Conferenza Nazionale “COOPERA”, una delle prime occasioni per fare un bilancio del lavoro svolto e dei risultati finora conseguiti. “Novità e futuro”, questo il titolo della Conferenza, un evento che ha avuto un enorme successo di pubblico e che ci ha donato un lascito, il Documento finale, ricco di stimoli preziosi per il futuro.
Abbiamo quindi senz’altro aggiunto un ulteriore tassello al percorso di attuazione della riforma e stiamo progredendo su molti versanti: la cooperazione delegata, il coordinamento rafforzato con altri attori istituzionali qualificati, l’incremento graduale delle risorse finanziarie per finalità di cooperazione, il coinvolgimento del settore privato profit, delle organizzazioni senza scopo di lucro e di Cassa Depositi e Presiti quale Istituzione Finanziaria per la cooperazione allo sviluppo.
Esiste un ambito nel quale occorrerà impegnarsi di più nel prossimo futuro. Mi riferisco al tema delle valutazioni di impatto. Il rafforzamento della gestione basata sui risultati è un aspetto cui la Legge 125 attribuisce una particolare rilevanza ed è su questo profilo che, nello spirito della Legge, dovremo concentrarci di più. Non si tratta soltanto di rispettare impegni presi sul piano internazionale, ma di rendere un giusto servizio alla straordinaria azione che la Cooperazione Italiana svolge quotidianamente, valorizzando il contributo effettivo del nostro Paese alla lotta alla povertà nel mondo e alla realizzazione dell’Agenda 2030.