UE: le politiche di cooperazione allo sviluppo del Maeci
Parliamo di Europa con Elena Clemente, Capo Ufficio I DGCS - Politiche di cooperazione allo sviluppo nell’ambito dell’Unione - che racconta a Oltremare il ruolo e le attività del suo ufficio.
Perché abbiamo bisogno di una politica Europea di sviluppo e cooperazione e non di una somma di singole iniziative?
La forza relativa della nostra azione dipende dalla massa critica che riusciamo a rappresentare: la posizione di 28 paesi è più forte di 28 posizioni, le iniziative coordinate e complementari di 28 stati hanno un impatto infinitamente maggiore di 28 strategie diverse. Gli impegni che noi Stati membri dell’Unione abbiamo assunto in materia di cooperazione allo sviluppo sono rispecchiati dalle strategie nazionali, che vanno tutte quindi nella medesima direzione. Abbiamo deciso di fare un passo ulteriore e strutturarle in modo da amplificarne l’impatto, anche creando sinergie tra di noi che consentano di mettere a frutto le capacità che ciascun paese ha acquisito nel corso degli anni.
L’Unione Europea e gli Stati membri sono i principali donatori al mondo di aiuti pubblici allo sviluppo e insieme rappresentano oltre la metà dell’aiuto pubblico mondiale: ci dice la dimensione e quali sono le cifre del 2018?
La risposta alla sua domanda non è semplice. Il bilancio dell’Unione è articolato in settennati ed estrapolare gli stanziamenti annuali non è sempre possibile. Per avere però un’idea dell’ordine di grandezze, per il settennato in corso (2014-2020), i fondi a disposizione sui tre grandi strumenti di cooperazione, lo Strumento per il vicinato, lo Strumento per la cooperazione allo sviluppo e il Fondo europeo per lo sviluppo totalizzano oltre 65 miliardi di euro, a cui si aggiungono i circa 7 miliardi per l’assistenza umanitaria. Lo stanziamento per il prossimo settennato, 2021-2027, è ancora in fase di discussione, ma la Commissione ha proposto circa 90 miliardi da destinare alle attività di cooperazione allo sviluppo e altri 11 per gli interventi umanitari, e strumenti finanziari che stima possano portare un volume complessivo di investimenti fino a 60 miliardi. Come si può ben vedere, sono cifre che confermano il ruolo dell’unione Europea e degli Stati membri quali attori di primissimo rilievo nel settore dell’aiuto allo sviluppo.
Nel 2017 l’Unione Europea ha avviato il Piano di investimenti esterni (EIP) per incoraggiare enti privati a investire con finanziamenti in Africa. Ad oggi si arriva a oltre 4 miliardi di euro ma la prospettiva è quella di aumentare i fondi fino a decuplicarli entro il 2020. Questa cifra è realistica? E quali sono le prospettive e i traguardi futuri?
Il Piano di investimenti esterni rappresenta una novità nel panorama della cooperazione allo sviluppo perché per la prima volta rende gli investitori privati partner delle nostre iniziative. Con un investimento europeo pari a un miliardo e mezzo per la garanzia e di oltre due e mezzo per le operazioni miste, la Commissione prevede di arrivare ad un ammontare di investimenti di almeno 44 miliardi. Ma EIP è stato lanciato solo un anno e mezzo fa, le iniziative approvate e finanziate stanno partendo ora e non hanno ancora dato modo di verificare se rispetteranno le previsioni indicate. Per questo nessuno è realisticamente in grado di rispondere alla domanda.
Africa e vicinato rappresentano opportunità economiche e di investimento per i privati e questo ci ha portato ad approvare e a sostenere il Piano. Siamo convinti che debba essere sostenuta l’iniziativa privata e speriamo di poterne vedere presto i risultati, ma solo tra qualche anno potremo sapere fino a che punto gli investitori privati hanno colto l’opportunità che abbiamo messo a loro disposizione.
Il tema dei giovani è sempre molto attuale e oggi i giovani non vengono considerati solo destinatari ma protagonisti degli interventi di cooperazione: qual è l’approccio europeo in questo senso?
Il coinvolgimento dei giovani rappresenta il cardine della politica europea di sviluppo, anche in considerazione della composizione demografica dei paesi emergenti e nostri partner (penso chiaramente al Medioriente e all’Africa). Noi Stati membri e l’Unione Europea abbiamo compreso l’importanza, se non la necessità, di mettere al centro i giovani sia come beneficiari delle nostre iniziative, con programmi per la loro istruzione e formazione, sia come operatori di sviluppo, dando loro l’opportunità di essere i protagonisti dello stesso sviluppo dei loro paesi.
Quale sarà il suo prossimo appuntamento istituzionale?
Questo è un periodo di intensa attività a Bruxelles, prima della pausa estiva e si rincorrono le riunioni dei Comitati, i gruppi che approvano i programmi finanziati con i fondi comunitari, ma è routine. Il prossimo impegno sul quale mi sto concentrando con la Direzione è il Meeting di Rimini del prossimo agosto. Saremo presenti nello spazio allestito da DEVCO, la Direzione europea nostra gemella, con l’Agenzia per la Cooperazione – AICS, con AVSI e le piattaforme delle ONG. Sarà per noi l’occasione di raccontare la cooperazione e, per me in particolare, la sua dimensione europea, di cui poco si sa perché poco la raccontiamo..
Fonte Commissione Europea http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-4086_en.htm