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©Credits Antonino Condorelli

Ke Du Burkinabe: un’impresa sociale per valorizzare i prodotti agricoli del Burkina Faso

Fondazione Acra e Mani Tese, insieme ad Aics, hanno sviluppato un progetto che mette in contatto contadini di zone remote con un mercato importante come quello di Ouagadougou. Due gli obiettivi: migliorare i redditi e la qualità dei prodotti.

Non è facile lavorare in Burkina Faso e allo stesso tempo è qualcosa che ti prende fino in fondo. Il Paese degli uomini integri – questa è la traduzione di Burkina Faso dalla lingua morè – è innanzitutto un Paese di accoglienza, in cui il capitale umano, le persone, sono la prima ricchezza. Qui lavora Gianluca Pressi, referente per il progetto Ke du Burkinabe, un’impresa sociale avviata da Mani Tese e Fondazione Acra, finanziata dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), e che si avvale della collaborazione di diversi partner locali e italiani.

Mentre Pressi parla, nel piccolo cortile all’esterno degli uffici di Acra è in corso il mercato settimanale, simbolo concreto di Ke du Burkinabe (Kdb), che significa proprio “consuma burkinabé”.

L’idea, dicono Pressi e Wendy Lenarduzzi, rappresentante locale di Mani Tese, è quella di collegare i contadini di alcune zone con un mercato importante e altrimenti per loro inaccessibile come quello di Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso. E di farlo secondo un’ottica di sostenibilità e di miglioramento del prodotto con immediati benefici per i redditi delle stesse famiglie contadine coinvolte nel progetto.

 

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“Alla base di tutto è stata costituita un’impresa sociale – continua Pressi – nel cui consiglio di amministrazione siedono le associazioni italiane promotrici del progetto, ma anche una personalità importante nella storia del Burkina come Simone Zoundi, una delle prime donne imprenditrici del Burkina Faso, nonché presidente della Fiab, la Federazione nazionale delle industrie dell’agroalimentare e della trasformazione. La nostra è stata in primo luogo un’opera di selezione di prodotti, e quindi produttori, che rispondevano a una serie di requisiti. Per fare un esempio abbiamo due zone da cui prendiamo miele relazionandoci con associazioni che riuniscono a loro volta centinaia di apicoltori: il miele di Béré e il miele di Tapoa. In questi casi, loro ci forniscono un prodotto a prezzo accessibile sul quale noi riusciamo a fare un ricarico investito poi per il funzionamento dell’impresa sociale; quest’ultima, ovvero Ke du Burkinabe, si occupa delle analisi, mette a punto l’imballaggio, le etichette, dà tutte le garanzie di tracciabilità e apre un mercato importante, quello della più grande città del Burkina Faso”.

È l’impresa sociale infatti che si occupa della commercializzazione, non soltanto attraverso il mercato settimanale ma anche rifornendo i supermercati, i ristoranti e puntando a una clientela locale medio-alta, più attenta alla qualità e in grado di spendere qualcosa in più. Oltre al miele, questo percorso è stato aperto anche per altri alimenti: la purea di pomodoro, alcuni succhi e bevande, ortaggi e legumi prodotti secondo i presupposti dell’agro-ecologia, escludendo l’utilizzo di prodotti chimici nella lavorazione del terreno.

“I produttori ci guadagnano anche in un altro modo” dice a sua volta Simone Zoundi, che dell’impresa sociale è la gerente: “Quando un contadino viene selezionato, si interviene nella qualità produttiva. Tornando ai produttori di miele, essi sono coinvolti in attività di formazione finalizzati ad aumentare la produzione e la qualità organolettica del prodotto. E i capitali vengono reinvestiti in azioni sociali”.

 

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Un’attenzione alla qualità del cibo, quindi, non fine a se stessa ma legata al miglioramento di sicurezza alimentare e redditi contadini che è di interesse anche del Comune di Milano, tra i partner di un progetto più ampio (‘Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso’) che vede capofila Mani Tese e all’interno del quale sono previste le azioni a favore di Ke du Burkinabe. Più in particolare, spiega Silvia Ragazzi dell’ufficio di Relazioni e cooperazione internazionale del capoluogo lombardo, il Comune di Milano “interviene nell’identificazione di buone pratiche di food system sostenibili città-campagna (sistema pubblico di acquisti, distribuzione, mercati, refezione scolastica) ospitando una delegazione di sindaci e funzionari delle aree interessate dal progetto con l’obiettivo di condividere le best practice presenti nel territorio milanese e organizzando, nel 2020, l’evento regionale West Africa del Milan Urban Food Policy Pact a Ouagadougou”.

Quello di Ke du Burkinabe è uno dei tanti progetti su cui Aics è coinvolta in un Paese prioritario per la Cooperazione Italiana e che negli ultimi due anni è purtroppo entrato in una fase di instabilità a seguito di alcuni attentati nella capitale e di una situazione molto delicata nel nord e nell’est, dove attentati e attacchi si stanno susseguendo con una certa frequenza. “La nostra attenzione – spiega Domenico Bruzzone, direttore dell’ufficio Aics di Ouagadougou – è focalizzata in particolare sul settore sanitario e sui temi della sicurezza alimentare e quindi sulla malnutrizione infantile e lo sviluppo rurale”. Bruzzone, che aveva aperto proprio l’ufficio di Ouagadougou diversi anni fa, vi ha fatto ritorno nel 2018 trovando un Paese molto diverso da quello che aveva lasciato: “Le questioni legate alla sicurezza incidono in effetti sul nostro lavoro, questo è un Paese che meriterebbe di più. C’è un tessuto importante di Ong italiane, una storia di impegno missionario in campo sanitario legata all’opera dei Camilliani, legami particolari culturali e artistici, che rimandano anche a una comune passione per il ciclismo e alla storia di Fausto Coppi che qui è molto conosciuto e qui purtroppo contrasse la malaria di cui poi morì. E c’è fortissima presa di responsabilità da parte della società civile con cui collaboriamo a diversi livelli”.

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