Palestina: dieci anni contro la violenza di genere
Saeda Atrash, (*) coordina le attività del Centro Mehwar di Beit Sahour che lo scorso marzo ha festeggiato dieci anni di attività. L’abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza e fare un bilancio di questo progetto, supportato a più riprese dalla Cooperazione Italiana, così importante per le donne palestinesi.
L’inaugurazione del Mehwar Center nel Febbraio del 2007 ha rappresentato un momento di svolta nella vita di molte donne palestinesi vittime di violenza o di gravi maltrattamenti, dando loro la possibilità di cambiare le proprie vite e liberarsi dal giogo della sopraffazione. Molte beneficiarie sono riuscite a trovare un lavoro, una nuova indipendenza e a vivere pacificamente con i propri figlie e le proprie famiglie.
Prima dell’istituzione del Centro le donne si recavano dallo Sheikh, l’anziano del villaggio e riferimento della comunità per la mediazione di conflitti, per essere protette, con la consapevolezza tuttavia di dover affrontare la loro coercizione. Da quando esiste il Mehwar, fino all’Agosto del 2018 sono state ospitate e protette 484 donne e 193 bambini, a cui è stato fornito supporto legale e assistenza sociale. Al Mehwar sono state inoltre organizzate sessioni di sensibilizzazione e informazione sul tema della violenza, rivolte a migliaia di donne e studentesse universitarie in tutta la Palestina.
Che tipo di assistenza viene fornita?
Il Centro Mehwar è il primo di questo tipo in Medio Oriente. L’idea è di offrire un luogo aperto alla comunità, non un nascondiglio. Questa caratteristica di fondo ci ha fatto conoscere rapidamente e ci ha reso importanti. Vengono forniti due tipi di servizi: assistenza legale e servizi sociali per la comunità, attraverso sessioni di awareness e networking con altre organizzazioni, in aggiunta all’ospitalità nella struttura, che offre riparo, un asilo e una palestra.
Lo shelter vero e proprio costituisce un luogo sicuro per le donne vittime di violenza di genere e per i loro figli. Molti di questi servizi vengono offerti gratuitamente, come ad esempio assistenza medica, sociale e psicologica, corsi di formazione (trucco e parrucchiere) o servizi per il rafforzamento e il reinserimento sociale.
Come si è articolata la partnership con l’Italia in questi dieci anni ?
Siamo un’organizzazione governativa appartenente al Ministero dello Sviluppo Sociale. Oltre a provvedere alle spese per l’edifico, l’arredamento e la formazione dello staff, la Cooperazione Italiana è stata determinante per la sorte del Centro: ha finanziato vari progetti che hanno consentito la fornitura dei servizi e ha proposto attività per il rafforzamento della donna, come nel quadro del programma IRADA (Women Informing Responses for their Agency, Development and Advocacy), contribuendo al miglioramento dell’intero sistema di protezione, anche intervenendo nella Striscia di Gaza e collaborando direttamente con i vari Direttorati a supporto delle donne lavoratrici. L’Italia ha poi sostenuto la Rete di Centri Tawasol quale decisiva partnership per il rafforzamento femminile, oltre a contribuire all’istituzione dell’Osservatorio nazionale per le donne vittime di GBV.
Su quali aspetti della società palestinese bisogna ancora lavorare per avere un significativo calo dei casi di violenza di genere?
Sicuramente su quello legale, modificando alcune delle leggi attualmente in vigore e rafforzando la quantità e la qualità dei servizi di protezione al momento esistenti.
Potresti condividere con noi una storia particolarmente significativa che hai incontrato in questi anni di lavoro?
Mi viene in mente la storia di Zeina, 28 anni, vittima di diverse violenze. I suoi genitori divorziarono quando era piccola e suo padre la crebbe impedendole di vedere la madre. Si fece donna senza nemmeno conoscerla e soffrì molto, specialmente quando il padre si risposò. Subiva violenze da lui, rimase anche permanentemente danneggiata ad un occhio. Anche i suoi fratelli abusavano di lei, era l’unica femmina. Da grande fu costretta a sposare un uomo più vecchio e partorì una bimba. Suo marito fece violenza su di lei, in molti modi, e alla fine ottenne il divorzio, impedendole di vedere la figlia. Zeinab sviluppò un disturbo della personalità come conseguenza dei molti traumi subiti. Persino alcuni vicini di casa abusarono di lei e la accusarono di aver distrutto dei beni comuni. Alla fine, si rivolse al Centro Mehwar, per essere protetta dalle persone del villaggio come anche da padre e fratelli.
Abbiamo lavorato con lei a diversi livelli – psicologico, sociale e legale. L’abbiamo invogliata a riflettere sul suo comportamento e ad accettare sé stessa. L’avvocato si è impegnato per far cadere le accuse contro di lei da parte dell’intero villaggio. Dopo circa due anni di lavoro con famiglia e comunità, attraverso una serie di incontri, i suoi fratelli l’hanno accettata e le hanno costruito una casa vicino a loro, l’intero villaggio alla fine ha consentito il suo reinserimento e ritorno a casa, da lei fortemente voluto. Ora Zeinab ha un lavoro e un’alta considerazione di sé stessa. Vive da sola vicino alla famiglia e può vedere sua madre e sua figlia. Si tratta di una storia con un lieto fine, come molte altre, che ci ha toccato profondamente per il grande coinvolgimento che ha richiesto allo staff del Centro con la famiglia e le persone del villaggio.
(*)Direttrice dell’unità Women and Gender del Ministero Palestinese dello Sviluppo Sociale-MoSD
AICS Gerusalemme è donatore leader per il gender nel quadro dell’esercizio di programmazione congiunta dell’Unione Europea. Il Programma WELOD (Women Empowerment and Local Development), avviato nel 2010 ed oggi alla terza fase, ha portato un considerevole miglioramento dei processi di decision-making all’interno del Ministero della Donna, oltre ad aver contribuito alla costituzione e all’affermazione della rete di Centri Tawasol in 11 Governatorati palestinesi.
Attualmente sono attive 4 iniziative (rivolte a donne che hanno subito violenza) per la prevenzione e la risposta alla violenza contro le donne. Oltre a WELOD 3, sono in corso le attività di IRADA (Women Informing Responses for their Agency, Development and Advocacy), che stanno fornendo ad oltre 1500 (beneficiarie) donne che hanno subito violenza servizi di protezione, riabilitazione e reinserimento utilizzando la rete di centri antiviolenza tra cui si distingue, come raccontato nell’intervista che segue, il Mehwar Center di Beit Sahour. Nel quadro di questi progetti sono presenti anche componenti di rafforzamento economico femminile che prevedono corsi di formazione e affiancamento professionale e interventi di sensibilizzazione e informazione sul tema della violenza rivolti a giovani in tutto il territorio.
Il progetto in partnership con UNWOMEN conclusosi recentemente, dal titolo “Approccio olistico al supporto ai servizi di protezione per le donne vittime di violenza in Palestina”, si è concentrato sulle donne di Gaza e sui servizi di protezione e rafforzamento a loro destinati.