KENYA
Quando l’eccellenza italiana incontra la qualità keniana: così Aics investe sulla filiera del caffè
Avviate le attività dell’iniziativa sostenuta da Aics per la valorizzazione e il rilancio del caffè keniano, riconosciuto come uno dei migliori al mondo, che interverrà su diverse fasi della filiera a fianco dei piccoli agricoltori
A marzo 2022 sono state avviate le prime attività di campo dell’iniziativa per il Rilancio della produzione del caffè gourmet in Kenya, con l’inizio delle formazioni specialistiche presso l’Istituto di ricerca del caffè del Kenya. Questi primi training, della durata di una settimana, si sono rivolti a 63 Community Based Trainers delle 21 cooperative coinvolte nelle sette contee beneficiarie, oltre a sette funzionari di contea e sette field officer. I corsi hanno riguardato le tecniche di trattamento di piante e bacche di caffè, concentrandosi sulla corretta gestione agronomica delle colture con approccio “climate smart”, che mira a riorganizzare le attività agricole per garantire la resilienza ai cambiamenti climatici nel rispetto delle peculiarità dei mercati locali.
Ad inaugurare questa prima sessione dei training è stato Giovanni Grandi, titolare della sede Aics di Nairobi, in servizio da marzo 2022. “Si tratta del primo progetto che ho visitato”, ha detto Grandi in occasione del lancio delle formazioni, “e sono felice che questa visita sia avvenuta proprio nel momento in cui si stanno avviando le attività di campo. Da ora in avanti il successo e la riuscita di questa iniziativa è nelle mani di tutti noi, organizzazioni della società civile, partner locali, e soprattutto agricoltori”.
L’iniziativa è finanziata dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e realizzata dalle Osc, Cefa e Avsi in partenariato con E4Impact attraverso il progetto “Arabika – Action to Relaunch Agriculture and Branding Internationalization of Kenyan Coffee, in and out of Africa”. Le attività che il progetto intende realizzare nei prossimi tre anni si concentreranno lungo l’intera filiera, dal chicco alla tazza, con azioni per migliorare la coltura e la tostatura del chicco di caffè, oltre che la gestione delle cooperative e, soprattutto, la tracciabilità, la commercializzazione e il branding del caffè del Kenya.
Il caffè keniota è riconosciuto come uno tra i migliori al mondo: coltivato negli altipiani centrali nei pressi del maestoso Monte Kenya, la particolare combinazione di acidità dei terreni, esposizione al sole e giusta dose di precipitazioni di queste aree garantisce condizioni ottimali per la coltivazione delle piante. Il risultato è un caffè di alta qualità, noto per il sapore intenso, corposo e ricercato. Secondo l’Istituto di ricerca del caffè del Kenya, sono circa 250.000 i keniani impegnati nella produzione di caffè. Si tratterebbe in larga parte di piccoli agricoltori e membri di cooperative locali. Nonostante il grande potenziale in termini di occupazione e generazione di reddito e la nota qualità dei prodotti, però, sono vari gli ostacoli che impediscono che il caffè keniota si affermi sul mercato internazionale.
Giulio Di Pinto, responsabile dell’iniziativa presso la sede Aics di Nairobi, accenna i problemi e le esigenze locali di miglioramento della filiera che hanno portato all’intervento italiano. “Principalmente la bassa produttività legata alle difficoltà nella produzione, lavorazione e commercializzazione del prodotto. A questa si aggiunge lo scarso livello di formazione degli agricoltori, la presenza di parassiti e malattie, l’utilizzo di tecniche e macchinari obsoleti e l’assenza di una caratterizzazione formale’’ spiega Di Pinto. “Attraverso questa iniziativa intendiamo intervenire su queste criticità. Si tratta di un progetto complesso e ambizioso, che prevede la stretta collaborazione con le istituzioni centrali e locali del Kenya per apportare quel bagaglio di conoscenze tecniche e manageriali che l’Italia vanta nel settore”.
Secondo Alberto Moia, coordinatore dell’iniziativa per Cefa, la partecipazione alle attività di formazione appena avviate insieme all’Istituto di ricerca del caffè del Kenya è stata ottima, con grandissima soddisfazione espressa dai partecipanti. La particolarità dei training, oltre allo schema a cascata che prevede il trasferimento delle conoscenze del personale formato a centinaia di agricoltori, è l’abbinamento di parte teorica e pratica, con la realizzazione di dimostrazioni sul campo. “Attraverso la parte pratica si riescono a trasmettere ai formatori le conoscenze corrette sulle operazioni necessarie, come lo spargimento del concime, il trapianto, la potatura delle piante” sottolinea Moia. “Questo è particolarmente importante per trasmettere le tecniche agronomiche Climate Smart, come il corretto uso dei fertilizzanti, dell’acqua e dei pesticidi. Oggi in Kenya da ogni piantina si ricavano meno di due chili di caffè, rispetto ai 10 o 15 chili che si ricavano in altri Paesi. L’obiettivo di queste formazioni è stimolare una produzione intelligente, rispettosa dell’ambiente e che migliori la produzione dei piccoli contadini’”.
Oltre alle formazioni Climate Smart Coffee Production, l’iniziativa ha in corso training specifici in business management per le Cooperative, e prevede di realizzare in futuro ulteriori training sulla degustazione del caffè e la definizione della qualità dei prodotti, sulla lavorazione e compostaggio dei residui. “Queste competenze”, ci spiega Moia, “sono fondamentali per fare in modo che gli agricoltori siano consapevoli della qualità del proprio caffè, uno step fondamentale per favorire l’accesso dei piccoli contadini keniani ai mercati internazionali”.