La riserva dei cedri millenari in Libano: quando la tutela ambientale si fa motore di sviluppo sostenibile
Il ruolo della cooperazione italiana nella conservazione e lo sviluppo dello Shouf: un gioiello del patrimonio naturale e storico del Paese del Vicino Oriente
Poco più di 10.000 kmq., affacciati sul Mediterraneo e chiusi da due catene montuose che arrivano anche oltre i 3.000 metri: il Libano, conosciuto anche come il Paese dei Cedri. Questa conifera dalla vita millenaria è ancora oggi il simbolo unificante di una nazione grande poco più dell’Abruzzo dove vivono circa quattro milioni e mezzo di abitanti e che oggi ospita, tra siriani e palestinesi, quasi due milioni di rifugiati.
Eppure, di questi alberi maestosi nel Paese ne sono rimasti molto pochi. Nel corso dei secoli le foreste di cedri sono state letteralmente decimate, il legno di questi alberi era un ottimo materiale per la costruzione dei grandi edifici della Regione e delle navi che solcavano il Mediterraneo. Così, il cedro è diventato anche il simbolo del degrado ambientale che, anche a causa delle guerre ripetute, affligge ampie zone del Paese.
Nel cuore del Libano, però, c’è lo Shouf, una regione montagnosa rimasta relativamente intatta. In questa area la Cooperazione Italiana collabora dal 2009 con la “Shouf Biosphere Reserve” (Sbr), per la conservazione del patrimonio naturale e culturale del Libano.
La Riserva si estende per 50.000 ettari, circa il 5% del territorio libanese, include 22 villaggi con una popolazione totale di 120.000 persone. È caratterizzata da foreste di querce e ginepri ed è la zona del Paese dove si concentra il maggior numero di cedri libanesi superstiti, alcuni plurimillenari. Al suo interno vivono più di 500 specie animali e vegetali, e il territorio ospita importanti siti archeologici, artistici e religiosi. Una ricchezza e una diversità che fanno della riserva una meta privilegiata di diverse tipologie di turisti.
La collaborazione tra la SBR e l’Agenzia italiano per la cooperazione allo sviluppo (Aics) ha permesso di realizzare molte e significative attività. Dai percorsi privi di barriere architettoniche che permettono l’accesso anche a utenti diversamente abili, primi e per ora unici in Libano, alla stipula del gemellaggio con Federparchi e altri enti italiani, per favorire la visibilità della SBR e lo scambio di esperienze e conoscenze; dalla fornitura di attrezzature e veicoli alla riabilitazione di edifici storici; dalla produzione di combustibili legnosi, briquette, di biomassa risultante dalla pulizia dei boschi e dagli scarti della produzione di olio d’oliva, (usate come fonte di approvvigionamento energetico sostenibile che garantiscono un minor costo di riscaldamento ed un minore impatto ambientale); fino al reinserimento della capra nubiana, il piccolo stambecco del deserto che viveva sulle montagne libanesi,e dalle quali è scomparso un secolo fa a causa della distruzione dell’habitat e della caccia.
Mentre la zona centrale della riserva è oramai da considerarsi in una situazione di conservazione relativamente stabile, la buffer zone (zona di transizione) è esposta a fattori esterni che ne compromettono lo sviluppo sostenibile. In particolare: costruzioni abusive, pascolo incontrollato, caccia illegale, agricoltura intensiva e turismo. La buffer zone della SBR gioca comunque un ruolo fondamentale nella mitigazione degli effetti esterni negativi causati dalle attività antropogeniche sulla zona centrale della riserva.
Al momento l’intervento della Cooperazione Italiana è concentrato sul rafforzamento della gestione della buffer zone e sulla conservazione della biodiversità dell’area. Le attività, che coinvolgono direttamente la popolazione locale, mirano anche al sostegno delle cooperative agricole promuovendo pratiche produttive sostenibili e nel rispetto dell’ambiente, volte ad aumentare la loro concorrenzialità sul mercato. È il primo progetto di questo tipo nel Paese ed i risultati sono quindi di particolare importanza per il lavoro degli enti di competenza, che potranno applicare le lessons learnt in altre riserve libanesi.
La Riserva dello Shouf costituisce oggi con circa 120.000 visitatori all’anno un importante attrazione conosciuta in tutto il Paese e anche all’estero. Rappresenta una possibile fonte indiretta di guadagno per le comunità’ locali, tra cui i produttori agricoli, i ristoratori e gli albergatori. La SBR è anche un volano che sta progressivamente stimolando le comunità locali a rispondere alla crescente domanda di eco-turismo.
“Gli interventi della cooperazione Italiana – dice Nizar Hami, Direttore della Riserva dello Shouf – hanno l’effetto positivo di accrescere la percezione da parte della popolazione, che la Riserva è una risorsa e non solo un insieme di vincoli da rispettare.”