La tutela dei minori in Afghanistan: l’opportunità che Kabul non può mancare
Nonostante il Paese si sia dotato negli ultimi anni di un sistema normativo di riferimento a tutela del minore, questo rimane difficilmente applicabile per la mancanza di investimento di risorse finanziarie da parte del governo afgano nel settore della protezione dei minori. A vent’anni dall’intervento delle forze occidentali nel Paese, la priorità rimane la sicurezza.
Per dare all’Afghanistan un futuro democratico e trasparente, insieme alla sicurezza si deve scommettere anche sulle nuove generazioni. È la convinzione di Neginah Khalili Ghori, funzionaria a capo del Case Management Department presso l’Ufficio del Procuratore generale afgano1 nonché prima donna con la carica di Prosecutor di una delle 34 Province amministrative del Paese, Ghor. “Se il Governo afgano vuole stabilizzare una democrazia, se vuole puntare sulla trasparenza, se vuole veramente costruire l’Afghanistan, se vuole far cessare le preoccupazioni alle quali tutti siamo abituati, deve investire nella nuova generazione, perché questa è il futuro del Paese. Attualmente la maggior parte delle risorse finanziarie del governo sono destinate alla sicurezza, lasciando indietro la tutela dei minori”, spiega Ghori, giovanissima – 26 anni – ma forte di una laurea in legge e un master in Rule of Law and Good Governance negli Stati Uniti. Esperienza che ha riportato in patria esercitando come Head of Juvenile Appeal Prosecution Office presso l’Ufficio del Procuratore generale e continuando a fare docenze nelle università afgane.
“Sono voluta rientrare nel mio paese, nonostante una lunga permanenza all’estero per motivi di studio, per portare cambiamenti. È questa l’altra faccia dell’Afghanistan. Come me ci sono migliaia di giovani che stanno lavorando per questo Paese, con questo governo, con le Organizzazioni della società civile per portare del cambiamento e alimentare la speranza di un futuro diverso. Lavoriamo in difficili condizioni come quella della tutela dei minori”, spiega Ghori proprio nei giorni in cui un altro attentato ha preso di mira una scuola a Kabul, frequentata dalla minoranza Hazara presumibilmente target dell’attacco, registrando la morte di 68 studentesse e il ferimento di altre 165 persone.
Negli ultimi venti anni, grazie anche alla presenza della comunità internazionale sul terreno e lo sviluppo di una nuova società civile, l’Afghanistan ha rafforzato il quadro legale in tema di difesa dei diritti dei minori. Nel 2019 è stata promulgata la Law on Protection of Child Rights, che fissa la maggiore età ai 18 anni e i diritti fondamentali del bambino, da quello alla cittadinanza a quello ad essere allattato, dal diritto ad essere registrati alla nascita a quello all’istruzione, per citarne solo alcuni. La legge conferma la fine della tradizionale pratica del Bacha Bazil già proibita dal codice penale del 2017, e vieta il reclutamento dei bambini soldato. Eppure, spiega Ghori, “essere membri di un gruppo terroristico è oggi uno dei reati più diffusi nel Paese tra i minori, e giorno dopo giorno cresce sempre di più il numero di bambini coinvolti” che diventano allo stesso tempo vittime inconsapevoli di un sistema fuorilegge e colpevoli di reati spesso senza via di ritorno.
Il 2020 ha visto la luce della National Child Protection Policy, la strategia con cui il paese ribadisce il suo impegno nella protezione del minore da violenza, abuso, abbandono e sfruttamento come diritto universale, senza discriminazione alcuna. Un principio che, in un Paese in cui il quadro legale è eroso da decenni di conflitti e instabilità, si vuole affermare sotto il lavoro dei ministeri competenti, della rete delle organizzazioni della società civile e organismi internazionali dislocati in tutto il Paese. La legge risponde agli impegni internazionali presi nella Conferenza per l’Afghanistan di Ginevra, nel National Peace and Development Framework (2017-2021)4, strumento che punta sullo sviluppo del capitale umano come elemento fondamentale per la strategia della crescita economica del Paese.
“Garantire l’accesso alla giustizia per donne e minori è uno dei mandati del Governo afgano, insieme a tutta la popolazione. È nostra responsabilità proteggere lo stato di diritto con particolare riguardo alle donne e ai minori. Il ministero del Lavoro e degli affari sociali ha contribuito insieme a quello della Giustizia e all’Ufficio del Procuratore Generale nella costruzione del sistema di protezione dello stato di diritto. Si tratta di un approccio multisettoriale, non possiamo agire isolatamente. E nel 2019, con l’emanazione della Law on Protection of Child Rights, che ha conferito mandato a tutti i ministeri per lavorare in questo settore, si è compiuto un passo significativo. Anche se ritengo che dobbiamo fare molto di piú” spiega Ghori.
Chi è stato bambino negli ultimi 40 anni in Afghanistan non ha mai conosciuto una reale condizione di pace. La costante situazione di conflitto, la pratica dell’uso dei bambini soldato, il lavoro minorile, i matrimoni forzati Baad e Badal le violenze domestiche e la pratica ancora diffusa del Bacha Bazi, l’elemosina di strada (Spandy), la realtà dei Breadwinner, l’alto tasso di mortalità al di sotto dei cinque anni, la malnutrizione acuta, la mancanza di accesso all’istruzione e alle strutture sanitarie, le disabilità procurate dall’esplosione di mine antiuomo, l’elevato rischio di malattie, le pratiche culturali che fondono un sistema patriarcale e precetti islamici, essere orfani, il traffico dei minori, sono realtà diffuse e quotidiane ancora oggi, mentre si sta organizzando il ritiro delle truppe americane e delle forze Nato e si tenta la strada del dialogo con i Talebani.
La legge, aggiunge poi Ghori, “per essere effettiva, deve essere applicata. Se manca questo passaggio rimane priva del suo obiettivo primario, e rimane sulla carta. Ma se guardiamo alla sua essenza ritengo sia completa e che la National Child Protection Policy sia lo strumento necessario per la sua efficacia, con il compito di monitorare sulla sua effettiva implementazione”. Un percorso normativo definito quello della protezione dei minori in Afghanistan ma che risulta intrappolato nell’eredità di un passato violento, drammatico e ostacolato dall’insufficienza di risorse adeguate. Infine, aggiunge la Prosecutor: “Esistono problemi interni al sistema, quali la mancanza di un budget nazionale, l’assenza di risorse specializzate e della possibilità di formazione specifica per operatori sociali, un debole coordinamento con i partner che operano per la tutela dei minori. Tutti questi elementi, come anche la priorità del Governo di focalizzare il suo impegno sulla sicurezza incide nel settore. In alcune province, poi, mancano i centri di riabilitazione per minori, in particolare quelli femminili.” Sono queste le difficoltà con cui si scontra il governo afgano nel quotidiano, ma su cui rassicura la stessa Ghori, si lavora con costanza.
Inoltre, come riportato nella National Child Protection Policy, è da rilevare che la legislazione nazionale è parzialmente in linea con gli standard internazionali: sebbene il Paese abbia ratificato trattati e convenzioni internazionali7, questi non sono vincolanti per l’ordinamento giuridico interno, e di conseguenza la loro attuazione è stata limitata. Oggi in Afghanistan la popolazione è di circa 38 milioni di persone e la metà è sotto i 18 anni di età. Si stima che circa un milione di bambini, negli ultimi 10 anni, sia rimasto orfano come conseguenza diretta del conflitto, 26mila invece le vittime della guerra.
Sono numeri che devono far riflettere il governo afgano a non mancare l’opportunità di una effettiva tutela dei minori.