Myanmar. L’impegno italiano per coltivare il deserto della Dry Zone
Attraversata dal fiume più importante del Myanmar, l’Ayeyrawaddy, si incontra una delle aree a maggior rischio di siccità di tutto il Paese. Un paradosso che si rafforza nel nome: è la Dry Zone, 54.000 chilometri quadrati di terra arida incastonata fra Sagaing meridionale e le montagne del Rakhine, inglobando la regione centro-occidentale di Mandalay e Magway. Qui, su un lembo di terra che conta poco più di un decimo della superficie del Paese, vive circa un quinto della popolazione birmana: 58 township raccolte in piccole comunità agricole la cui sussistenza dipende, letteralmente, dall’acqua. In Dry Zone, infatti, la scarsità delle piogge e la progressiva erosione del terreno penalizzano i raccolti, aggravano il livello già cronico di malnutrizione e concorrono al progressivo indebitamento dei più poveri.
Nasce da queste premesse “GREAT – Gestione delle Risorse Economiche, Ambientali e del Territorio”, un acronimo propositivo che riassume la storia scritta dall’Associazione Terre des Hommes Italia (TdH-IT) in partenariato con l’ONG Progetto Continenti e realizzata grazie all’impegno di AICS Yangon, che ha fatto dello sviluppo rurale una delle principali sfide della Cooperazione Italiana in Myanmar in linea con le priorità programmatiche del nuovo Governo a guida Aung San Suu Kyi. L’obiettivo di GREAT è aumentare la resilienza delle comunità rurali al cambiamento climatico incoraggiando un utilizzo efficiente e sostenibile dei fragili servizi ecosistemici della Dry Zone. Il primo target sono trenta villaggi, circa mille abitanti ciascuno, facenti capo alle municipalità di Magway e Natmauk: qui, da un anno, il team di GREAT lavora per ottimizzare l’uso delle risorse disponibili col coinvolgimento diretto delle comunità e delle istituzioni locali e per migliorare le condizioni nutrizionali e di reddito attraverso la destagionalizzazione delle attività produttive.
Acqua
“I problemi della Dry Zone sono tanti ma la questione dell’acqua e le conseguenze sulla malnutrizione sono gli aspetti prioritari che cerchiamo di affrontare con questo progetto”, dice Enrico Marulli, Capo Progetto di TdH-IT, che dal 2004 lavora nella Dry Zone.
GREAT ambisce a costituire diciotto orti per villaggio, distribuendo circa 550 sistemi idroponici e goccia a goccia tra piccoli agricoltori e chi non dispone di un appezzamento di terra (un problema che affligge circa la metà della popolazione delle aree rurali), con una compartecipazione minima del 30% di donne. Si tratta di strutture costruite a partire da materiali locali, come la legna trovata sul posto e bottiglie di plastica da impiegare come vasi e contenitori. La metodologia prevede questa sequenza di azioni: la realizzazione di una Demo-Farm, la formazione dei beneficiari, una serie di visite didattiche nei villaggi coinvolti in progetti precedenti, la fornitura di input agricoli (ad esempio semi e fertilizzanti) gratuita per 8 mesi e assistenza tecnica ad hoc. Per evitare dinamiche assistenzialiste e rafforzare l’ownership dei beneficiari, niente è gratis: accedere agli orti di GREAT implica, infatti, un impegno diretto da parte degli interessati, che dovranno contribuire mediante la fornitura di beni in kind come pali, reti o altri materiali per la serra, oppure versando una somma in denaro. Nel secondo scenario, gli introiti convergono in un fondo di microcredito comunitario utilizzato per garantire piccoli prestiti alla comunità, i cui interessi saranno reinvestiti per incrementare il valore stesso del fondo o acquistare gli input per le attività produttive.
L’orto sopperirà al fabbisogno alimentare per tutto l’anno, aumentando la produzione destagionalizzata a chilometro zero e il livello nutrizionale degli ortaggi, pronti da consumare freschi, sani e diversificati.
Cibo
Per incrementare la disponibilità di cibo, GREAT incentiva micro allevamenti di polli per unità familiari. Questo intervento è mirato a proteggere e migliorare le razze locali attraverso un sistema di gestione responsabile che prevede il confinamento protettivo dei capi, la massimizzazione degli input all’interno dello stesso compound (resti di cibo, utilizzo dei gusci d’uovo, alberi da foraggio e insetti), l’utilizzo di materiali locali per costruire il pollaio, la fornitura di vaccinazioni e una dose adeguata d’acqua. Una vita più sana dei polli, infatti, corrisponde a un aumento della disponibilità di carne e uova, con un impatto diretto e positivo sul reddito a fronte di un impegno giornaliero ridotto e immune da fluttuazioni stagionali. Una storia di successo è quella di Ko Chit Min Thu, che grazie allo staff tecnico di GREAT ha appreso le tecniche di allevamento finalizzate alla produzione e vendita di galline, quaglie e uova. Dopo due settimane dalla consegna del pollame (un gallo e nove galline), Ko Chit Min Thu aveva già ricavato 30 uova per il consumo domestico e la vendita: con 10 uova il ricavo è 1,000 Myanmar Kyats (1 Euro = 1.600 MMK), e il guadagno crescerà proporzionalmente alla quantità di animali allevati.
Reddito
Tre quarti della popolazione della Dry Zone vive costantemente in debito: il denaro dipende dai raccolti, le cui tempistiche sono spesso impossibili da prevedere. Quando finalmente arriva il raccolto, le comunità hanno i soldi per ripagare i debiti dell’anno prima e coprire le spese accumulate per educazione, salute e attività economiche varie. Sulla base di queste premesse, GREAT prevede la costituzione di 30 gruppi di produttori dotati di piccoli fondi rotativi. Attraverso questi fondi, i membri dei gruppi potranno svolgere delle funzioni essenziali per la sostenibilità delle attività produttive: anzitutto l’acquisto collettivo degli input agricoli, che oltretutto permette ai singoli di risparmiare tempo e denaro tramite delega a un unico incaricato; la possibilità di usufruire di formule di assistenza tecnica attraverso lo scambio di buone pratiche ed esperienze; infine la gestione di piccoli prestiti. Sono dei Comitati di villaggio (cosiddetti Village Councils) a determinare i tempi per la restituzione dei prestiti e i tassi di interesse, che variano caso per caso a seconda delle dimensioni del villaggio e del profilo del richiedente. Il target del progetto prevede che i prestiti possano essere erogati anche al di fuori del gruppo, garantendo una formula di social security in un Paese in cui non esiste.
Educazione
Proprio a Magway si trova un Campus dell’unica Università di Agricoltura del Myanmar, la Yezin Agricoltural University. È con questo istituto che GREAT ha attivato una collaborazione tale per cui professori e ricercatori birmani possono usufruire ogni anno di corsi di formazione specialistica da parte delle eccellenze italiane della Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna. GREAT, inoltre, coinvolge l’amministrazione pubblica in quanto attore fondamentale per la gestione delle risorse naturali e dello sviluppo locale: così il Dipartimento per lo Sviluppo Rurale diventa la controparte istituzionale degli interventi di Education e Capacity building previsti per rafforzare le strategie di Environmental Management e Disaster Risk Management, temi chiave in un’area ad alta vulnerabilità climatica.
In prossimità di Magway, il profilo giallo e ocra delle colline detta i toni del paesaggio da luglio a ottobre. Dopo chilometri su strade sterrate si arriva ai villaggi, dove i tetti di paglia, un tempo ricoperti da lenzuoli bagnati a contrastare un sole cocente, hanno pian piano lasciato il posto a strutture di metallo. Gli abitanti hanno le rughe scavate dei sorrisi e i segni di chi ha lavorato con le mani per tutta la vita. L’adunata comincia lenta al richiamo di un altoparlante di latta: gli uomini e le donne del villaggio raggiungono gli operatori del Progetto nella parte antestante alle unità abitative o ai monasteri. Lì prendono parte a un primo training dimostrativo al termine del quale ciascuno potrà scegliere se scrivere una nuova pagina della storia di GREAT.