PALESTINA
Un ponte oltre la disabilità tra l’Italia e la Terra Santa
Gianni Vitiello e Corrado Bortolin, pedagogisti e co-fondatori di Studio-In, testimoniano da Betlemme la loro esperienza all'interno del progetto educativo "Sentiamoci Bene!", implementato dalla Fondazione Giovanni Paolo II e dedicato alla rieducazione audiofonica
Da quasi dieci anni Gianni Vitiello e Corrado Bortolin, pedagogisti e co-fondatori di Studio-In, centro specializzato nella realizzazione di percorsi educativi per le persone disabili, si recano in Terra Santa. L’ultima delle loro missioni è avvenuta proprio lo scorso febbraio a Betlemme nell’ambito del progetto “Sentiamoci Bene!” finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), implementato dalla Fondazione Giovanni Paolo II e che ha come partner principale l’Istituto Effetà per la rieducazione audiofonetica. Dal 2014 i due esperti si prendono cura dei ragazzi di Effetà, guidandoli passo passo nel loro percorso alla scoperta della sensorialità uditiva.
A Effetà Vitiello e Bortolin sono arrivati per uno di quegli incontri che segnano positivamente la vita, come ci tengono a precisare: grazie alla Fondazione Giovanni Paolo II sono stati coinvolti a supporto delle attività scolastiche e da lì è nata questa fruttuosa collaborazione. “A dire il vero, in tutti questi anni, siamo noi che abbiamo imparato facendo tesoro di quest’esperienza. Come si dice: ricevi sempre più di quello che dai” sottolinea Vitiello. Gli obiettivi principali del loro lavoro sono da sempre autonomia, partecipazione e inclusione e grazie al progetto hanno potuto dare il loro contributo professionale a realtà educative inclusive proprio come l’Istituto Effetà.
Nello specifico, all’interno del progetto “Sentiamoci Bene!” Vitiello e Bortolin sono stati chiamati per fornire una consulenza metodologica, pedagogica ed educativa a sostegno della mediazione verso l’adozione di strategie educative innovative e attuali. Nel 2015 quando arrivarono per la prima volta a Betlemme con una missione nell’ambito del precedente progetto sempre finanziato da Aics, la situazione era diversa. “Abbiamo trovato molto entusiasmo e tanta buona volontà sebbene in termini di efficienza educativa vi fossero delle lacune metodologiche” dice Bortolin, continuando: “lo stile inizialmente era prevalentemente verbale di tipo mnemonico ripetitivo corale. Le protesi erano gestite in modo informale e gli impianti cocleari erano rari e non sempre sfruttati al massimo delle loro potenzialità.”
Il supporto che i due esperti di Studio-In hanno fornito ad Effetà è sempre stato su più fronti: le insegnanti sono state supportate nel controllo delle variabili che favoriscono la corretta lettura labiale mentre i bambini sono stati aiutati nell’accettazione delle protesi e degli impianti, nonché nei processi di gestione e cura delle proprie protesi. “Ascoltare è un processo complesso e faticoso per chi è sordo. Anche la produzione linguistica richiede un grande sforzo e il processo di comprensione può risultare una corsa ad ostacoli. Sia l’uso delle protesi che l’impianto richiedono un processo di riabilitazione neurologica per nulla facile o dall’esito scontato”, afferma Vitiello. Inizialmente l’apporto dei due specialisti è stato quello di condividere le loro esperienze con la direzione e le insegnanti, che negli anni hanno lavorato davvero duramente.
“In questo decennio” spiega Bortolin “abbiamo collaborato con il personale docente nella creazione di programmi ad hoc, personalizzati per ogni studente. La rieducazione logopedica e la qualità fonetica sono una colonna portante del patto educativo di questo Istituto. Ora più che mai i risultati sono tangibili, la maggior parte dei bambini e ragazzi di Effetà parla correttamente ed è in grado di interagire con tutti”.
Come ci ricordano i due esperti non è da sottovalutare anche l’aspetto culturale: “Adesso i bimbi portano sempre le protesi – chiarisce Vitiello – ma in passato quando andavano a casa le toglievano perché i genitori si vergognavano a mostrarle ai parenti e questo di certo non aiutava”.
Nel ripercorrere questi anni a Betlemme non mancano di certo le emozioni per i due esperti. Soprattutto ricordando i primi anni quando tutto sembrava difficile perché vi erano tante piccole cose da sistemare e riorganizzare. Chiedendo quale sia la cosa che più li ha colpiti in questi anni, entrambi non hanno dubbi: “Prendendo i bimbi più vivaci in braccio, si tranquillizzavano immediatamente, diventavano subito più sereni. Non dobbiamo dimenticare che parte dei suoni arrivano anche per via ossea, grazie alla vibrazione, per questo è molto importante il contatto fisico.”
La gioia di Vitiello e Bortolin la si può vedere nei loro occhi: tornare a Effetà per loro è un po’ come tornare in una casa dove si è sempre i benvenuti. Dal loro racconto traspare la soddisfazione che c’è dietro ad ogni parola di un bambino e i risultati raggiunti in questi dieci anni di lavoro continuo.