Nel dibattito internazionale sul nesso migrazione – sviluppo l’intreccio fra salute e status migratorio è stato oggetto di particolare attenzione per le relazioni di causa-effetto che genera al suo interno. In questo senso il Sudan rappresenta un caso di studio esemplare in quanto, per la sua collocazione geografica, il Paese è un crocevia naturale tra l’Africa centrale, orientale e settentrionale che oggi è attraversato dalle tre principali rotte migratorie.
Proprio nelle aree con un’alta pressione migratoria infatti l’accesso ai servizi sanitari è il primo ad andare in crisi e per questo è importante che le comunità migranti e quelle ospitanti siano sostenute da politiche e strategie sanitarie in grado di garantire la tutela della salute di tutta la popolazione.
Con questo obiettivo nasce la partnership fra l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e il Centro di Salute Globale (CSG) della Regione Toscana che ha dato conto di questa esperienza, ormai triennale, nella conferenza “Migrazioni e Sviluppo: una rete di partenariato per la salute globale in Sudan” che si è tenuta ieri all’Auditorium di Santa Apollonia di Firenze.
Il caso di studio è rappresentato dal progetto “Rafforzare la resilienza per i rifugiati, sfollati interni e comunità di accoglienza nel Sudan orientale” finanziato dall’Unione Europea e implementato dall’Aics con la collaborazione tecnica del CSG e del Ministero della Salute sudanese.
“In questi ultimi anni – ha spiegato Michele Morana, direttore di Aics Khartoum – la Cooperazione italiana, che qui ha sei uffici nel Paese, ha gestito un portafoglio di programmi di circa 100 mln di Euro costruendo e supportando decine di strutture sanitarie, dai centri sanitari rurali agli ospedali cardiaci di eccellenza regionale, come l’ospedale di Emergency e ha inoltre contribuito all’aggiornamento delle politiche sanitarie nazionali anche per rispondere alla pandemia. Nel 2021 gli interventi più consistenti hanno riguardato la riabilitazione e la realizzazione di centri di salute territoriali, la formazione del personale sanitario e il potenziamento delle strutture dedicate alla didattica.
Inoltre, ha sostenuto le donne in percorsi di micro-imprenditoria e risposto a crisi umanitarie gravissime, come la guerra in Tigray , accogliendo un flusso migratorio di 60.000 persone in pochi mesi. Abbiamo potuto fare tutto questo – ha concluso – anche grazie allo strettissimo rapporto che l’Agenzia ha impostato con l’Unione Europea in Sudan. Ci tengo a sottolineare che l’Italia è lo Stato Membro che, con la Germania, riceve più finanziamenti di cooperazione delegata: dal 2014 infatti ha ricevuto in gestione un portafoglio di progetti di 50 mln di Euro”.
Viva soddisfazione anche per Maria José Caldes, direttrice del Centro Salute Globale che ha sottolineato:
“ Questa esperienza con Aics dimostra che le istituzioni centrali, come l’Agenzia, insieme agli Enti locali e alle strutture come CSG possono fare la differenza e costituiscono un modello che mette in campo azioni sinergiche e complementari. Credo che proprio la complementarietà sia un aspetto fondamentale del lavoro che noi stiamo portando avanti in Sudan e in altri Paesi di cooperazione“.
L’evento è stato introdotto dal direttore della DGCS del Maeci Fabio Cassese e dal direttore dell’AICS Luca Maestripieri che ha affermato:
“In Sudan, come in molti altri scenari di intervento in cui operiamo, l’impegno dell’Agenzia nel settore della salute non può prescindere dal promuovere e rafforzare l’accessibilità universale ai servizi sanitari per rifugiati, migranti e sfollati. Si tratta di un complesso equilibrio d’intervento che richiede all’Agenzia di stabilire rapporti con le autorità sanitarie dei paesi partner di cooperazione così stabili e collaborativi da permetterle di influenzarne, positivamente, le politiche di accoglienza e al contempo di sostenerli nel fornire migliori servizi sanitari alla popolazione locale e rifugiata/migrante”.